Statistiche affidabili con server open

La scelta di Istat per un’architettura di elaborazione aperta ha a suo favore maggiori performance in termini di velocità di esecuzione

Compito istituzionale dell’Istat, ente di ricerca pubblico, è produrre e diffondere informazioni affidabili, imparziali e trasparenti sulle condizioni sociali, economiche e ambientali del paese. La rete Istat è strutturalmente composta da una Wan che collega i 18 uffici regionali a quello centrale di Roma, una rete metropolitana Man per unire le sedi distaccate della capitale a quella principale e una rete sicura composta da varie Dmz (Demilitarized zone) per l’accesso a Internet con rete Garr, server esposti e collegamenti con altri enti anche tramite Rupa.


L’ambiente It


L’architettura di elaborazione dell’Istituto si è evoluta da ambiente centralizzato proprietario a sistema distribuito opensource attraverso tappe successive. Sul finire degli anni 90, l’ambiente proprietario Ibm è stato fatto coesistere, ad esempio, con soluzioni basate su piattaforma Linux per i servizi di Web caching, sistemi di intrusion detection, firewall interno e alcuni siti Web. Da qui, per passi, l’approvazione di un’ipotesi di nuova architettura per i server dell’Istituto. Dopo aver valutato le soluzioni offerte, la tendenza del mercato e le analisi dei principali gruppi di consulenza, l’istituto ha scelto di investire su Red Hat come distribuzione Linux ufficiale, scegliendo come sistema operativo Enterprise Linux AS versione 3.


Per sperimentare i possibili pro e contro della migrazione a Linux, nel 2003 è stato avviato il progetto pilota della nuova architettura di elaborazione di una delle sedi distaccate di Roma, dove lavorano circa 400 persone, impegnate principalmente nell’elaborazione delle statistiche economiche. L’obiettivo era anche quello di consolidare e integrare le applicazioni esistenti e migliorare le capacità in termini di risorsa processore e spazio disco. Sono stati acquistati otto server multi processore con architettura x86, di cui quattro con funzioni di database server, due di application server, uno per la gestione dei backup e uno per scopi di sperimentazione. I database server sono stati poi configurati a seconda della tipologia di applicazioni da eseguire. Per quanto riguarda lo storage si è deciso di orientarsi su una San con una capacità totale formattata dell’ordine di 7 Tb.


Terminata la fase di collaudo del sistema, sono stati installati gli ambienti Oracle, Sas, Cobol e altri software aggiuntivi come Apache, Php, MySql ed effettuate le attività di porting degli applicativi.


Concluso il progetto pilota, Istat è partita con il cambiamento dell’intera architettura di elaborazione e Linux è diventatno lo standard di riferimento per tutti i server. Entro la fine del 2007 dovrebbe essere completata la migrazione di tutti i dati e le applicazioni in esecuzione sui vecchi server portandoli su circa 30 nuovi multi processore.


Prodotti proprietari, come quello di gestione del backup (Ibm Tivoli Tsm), si sono integrati senza problema.


Alcuni server eroganti servizi particolarmente critici sono stati configurati in alta disponibilità con Red Hat Cluster, mentre per l’aggiornamento del sistema operativo e le patch di sicurezza, aspetto piuttosto critico visto l’elevato numero di server da trattare, si è optato per Red Hat Satellite.


«L’esperienza ha comportato dei costi in termini di risorse umane da formare e un cambio di prospettiva per il nuovo modo di lavorare e interagire con la comunità open – dice Gerardo Giacummo, direttore centrale dell’It Istat – ma è stata sicuramente positiva». Per la migrazione a Linux è stato organizzato un piano di formazione, che ha coinvolto centinaia di dipendenti, tra personale sistemistico, sviluppatori applicativi e statistici. «Le prestazioni dei nuovi server sono aumentate in termini di velocità di esecuzione – continua Giacummo -, mentre per quanto riguarda i costi economici è ancora presto per effettuare una valutazione. Certamente, sono state ottenute notevoli economie sulle licenze software: per fare un esempio, i server di una delle sedi romane sono stati acquistati per un costo comparabile con quanto prima si spendeva annualmente in assistenza hardware e software di sistema. Infine, il numero di chiamate al supporto Red Hat è stato minimo e dovuto a problemi di secondaria importanza».

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