Reclusione fino a 6 anni e multe fino a 3.000 euro per chi si impossessa dell’identità digitale altrui per commettere attività illegali. Obiettivo: aumentare la fiducia nell’utilizzazione dei servizi on-line e porre un freno al fenomeno delle frodi informatiche.
Recentemente il legislatore è intervenuto per ampliare la tutela dell’identità digitale
(intesa come l’insieme delle informazioni e delle risorse concesse da un
sistema informatico a uno specifico utilizzatore a fronte di un processo di
identificazione), al fine di aumentare
la fiducia nell’utilizzazione dei servizi on-line
e di porre un freno al fenomeno delle
frodi realizzate mediante il furto di identità.
È stato quindi previsto un aggravamento di pena (da 2 a 6 anni
di reclusione e da 600 a 3.000 euro di multa) qualora il delitto di frode informatica venga commesso con sostituzione dell’identità
digitale in danno di uno o più soggetti (Art. 9 decreto-legge 14 agosto
2013, n. 93, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il
contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di
commissariamento delle province”, che ha introdotto il c. 3 all’art. 640 ter codice penale). Ricordiamo che il delitto di frode informatica si concretizza nel procurare a sé
o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, alterando in qualsiasi modo
il funzionamento di un sistema informatico o telematico, o intervenendo senza
diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in
un sistema informatico o telematico o a esso pertinenti.
Innovazione di non poco conto per le imprese
è stata, poi, l’estensione dell’elenco
dei reati che fondano la responsabilità degli enti, nel quale sono stati inseriti
il delitto di frode informatica aggravata dalla sostituzione dell’identità
digitale; quello di indebito utilizzo, falsificazione, alterazione e
ricettazione di carte di credito o di pagamento; i delitti in materia di
violazione della privacy, ovvero trattamento
illecito di dati, falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante,
inosservanza di provvedimenti del Garante (Art. 9 decreto-legge 93/2013, che ha
modificato l’art. 24 bis decreto legislativo
8 giugno 2001, n. 231).
Infine, è stata implementata la possibilità –
per banche, intermediari finanziari e
fornitori di servizi – di richiedere al Sistema pubblico di prevenzione
delle frodi la verifica dell’autenticità
dei dati contenuti nella documentazione fornita dalle persone fisiche, nei
casi in cui essi ritengano utile accertarne l’identità (Art. 9 decreto-legge
93/2013, che ha inserito il c. 7 bis
all’art. 30 ter decreto legislativo
13 agosto 2010, n. 141).
Cliccate qui per leggere uno stralcio del testo del
decreto-legge.
Per
chiarimenti, delucidazioni o maggiori informazioni in proposito visitate il sito www.istitutosike.com oppure scrivete a consulenza@istitutosike.com.