Sospensione delle attività imprenditoriali e violazioni inerenti la presenza di lavoratori irregolari

La normativa che norma la presenza di lavoratori non in regola

Premessa
L’art. 36 bis del D.L. n. 223/2006, che per altro trovava applicazione al solo settore edile, e l’art. 5 della legge 123/2007, applicabile invece a tutti i settori delle attività di impresa, hanno introdotto le disposizioni concernenti il provvedimento di sospensione delle attività imprenditoriali.


L’impianto normativo di cui sopra è stato superato con il D.Lgs. n. 81 del 2008 che, come modificato dal D.L. n. 112/2008, ha apportato inoltre significative modifiche alle norme in materia di contrasto al lavoro irregolare mediante applicazione del provvedimento di sospensione della attività imprenditoriali.


In sostanza le nuove disposizioni, che ricalcano le precedenti, prevedono che in caso di lavoro irregolare il personale ispettivo del ministero del lavoro, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche, abbia la facoltà di adottare un provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale qualora si riscontrino le seguenti due tipologie di violazioni:


– violazione inerente alla presenza di lavoratori irregolari;


– gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.


Scopo del presente contributo è quello di analizzare la violazione inerente alla presenza di lavoratori irregolari quale causa del provvedimento di sospensione.


Fin da ora però mi sembra opportuno precisare, quale premessa agli argomenti che di seguito verranno affrontati, la ratio della normativa in argomento che è quella di prevedere la possibilità, quindi come tale “il potere discrezionale”, da parte dell’ente competente di adottare il provvedimento di sospensione con la espressa finalità di garantire l’integrità psicofisica dei lavoratori. È tale concetto che deve ispirare il personale ispettivo nell’esercizio (discrezionale) di tale provvedimento.


Se è questa la giusta interpretazione della ratio delle norme in argomento è allora corretto ritenere che il provvedimento di sospensione trova la sua giusta causa al perfezionarsi delle violazioni di cui sopra quando e se accompagnate da un rischio reale al quale siano esposti i lavoratori non in regola.


Non è certo un caso che il nostro ordinamento preveda delle precise sanzioni – la cui applicazione non soggiace a fenomeni di discrezionalità – per le ipotesi di violazione inerenti il lavoro irregolare e sommerso.


In sostanza, si vuol dire che per la violazione dell’impiego di lavoratori non regolari sussiste la maxi sanzione, e che qualora tale violazione composta da una certa rilevanza (almeno il 20% dei lavoratori) sia accompagnata da un reale rischio per la salute e l’integrità psicofisica dei lavoratori allora l’organo competente ha la facoltà discrezionale di applicare anche il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.


Lavoro irregolare quale causa del provvedimento di sospensione
Il nuovo comma 1 dell’articolo 14, D.Lgs n. 81/2008 prevede che, al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, gli organi competenti possono adottare il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale qualora in particolare “sia riscontrato l’impiego di personale non risultante dalla scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro”.


Inoltre il penultimo periodo del comma 1 dell’articolo 14 prevede che le disposizioni di cui sopra “si applicano anche con riferimento ai lavori nell’ambito dei cantieri edili”.


Si ricorda, a completamento della presenta analisi, che il provvedimento di sospensione trova (meglio forse “può trovare”) applicazione anche nel caso di reiterate e gravi violazioni alle norme in materia di sicurezza. Il D.L. n. 112/2008 ha abrogato invece dall’impianto normativo in questione le violazioni sull’orario di lavoro quale causa dell’applicabilità della sospensione.



Ambito applicativo Concetto di attività imprenditoriale nella nuova disposizione
La previsione normativa fa innanzitutto riferimento alle “attività imprenditoriali” per tanto sono “ancora” escluse dal provvedimento di sospensivo le attività diverse da quelle imprenditoriali e in particolare le norme che regolano il provvedimento in argomento non si applicano ai seguenti soggetti:



  • – Professionisti;

  • – Onlus;

  • – Associazioni sindacali e datoriali;

  • – Partiti;

  • – Enti non commerciali.



Individuazione dei settori di applicazione della norma
Il vecchio impianto normativo regolava il provvedimento di sospensione distinguendo le attività imprenditoriali in genere da quelle edili.


La distinzione a ben vedere non era proprio di poco conto; infatti la verifica dei presupposti applicativi nonché il riferimento dello stesso provvedimento di sospensione si atteggiava in modo diverso nell’ambito dei due settori sopra individuati.


Secondo la vecchia normativa il provvedimento di sospensione, eccezion fatta per le attività edili, era riferito all’attività imprenditoriale nel senso che, sia la sospensione che la verifica dei presupposti di applicazione, dovevano essere circoscritti all’attività imprenditoriale.


Le precedenti espressioni ministeriali, elaborate sulla base dell’abrogato impianto normativo,


in modo speculare hanno definito il concetto di attività imprenditoriale come riferito alla specifica “unità produttiva”.


Pertanto, per le attività imprenditoriali diverse da quelle edili, il provvedimento di sospensione e la verifica dei presupposti di applicazione di tale provvedimento dovevano riferirsi all’unità produttiva.


Va detto tuttavia che il Ministero del lavoro non ha mai ben definito esattamente cosa si dovesse intendere per unità produttiva e quindi se si sarebbe dovuto fare riferimento al concetto di Unità locale (secondo la disciplina in materia di Registro Imprese) o al concetto di sede di lavoro (secondo la disciplina Inail).


Con la nuova norma sono superate le precedenti interpretazioni ministeriali per quanto all’area di verifica del requisito della presenza di lavoratori irregolari pari o superiore al 20%.


Tanto premesso, al fine di cogliere più esattamente l’ambito operativo delle norme in argomento, ritengo opportuno analizzare separatamente l’applicazione delle disposizioni per i settori sopra individuati.



La nuova norma – Ambito applicativo per le attività imprenditoriali in genere
Con la nuova disposizione, il riferimento per la verifica e l’applicazione delle disposizioni in argomento non trovano più il medesimo comune denominatore.


Infatti, secondo il nuovo impianto normativo, la verifica deve ora essere fatta con riferimento al luogo di lavoro, mentre l’applicazione della sospensione deve essere fatta con riferimento all’unità produttiva.


Quanto sopra inoltre vale per tutte le attività imprenditoriali diverse da quelle edili.


Le attività edili, per quanto al penultimo periodo del comma 1 dell’articolo 14, D.Lgs. n. 81/2008, sembrano vantare una specifica norma di applicazione che focalizza l’ambito di verifica sul cantiere edile circoscrivendo quindi verifica e applicazione della normativa al cantiere edile stesso.


Pertanto, per la generalità delle attività imprenditoriali diverse da quelle edili la nuova disposizione dovrebbe applicarsi come segue:


– accertamento della sussistenza di lavoratori irregolari, in capo all’azienda in numero pari o superiore a quello richiesto dalla norma, presso il luogo di lavoro (che potrebbe essere un luogo di lavoro mobile, si pensi ad esempio all’attività di imprese di pulizie);


– provvedimento di sospensione che interessa l’unità produttiva (attività imprenditoriale, il ministero non ha dato spiegazioni del concetto di unità produttiva).


Va da sé che per la corretta applicazione del provvedimento costituisce elemento essenziale la corretta interpretazione dei concetti di “luogo di lavoro” e “attività imprenditoriali”.


Ciò che va chiarito è se il legislatore abbia in qualche modo voluto evidenziare un distinguo tra i due concetti.


In merito, si può ritenere che, qualora presso un luogo di lavoro sia riscontrata la sussistenza delle violazioni quali potenziali cause del provvedimento di sospensione, gli organi competenti potranno sospendere le attività imprenditoriali esercitate o esercenti in quel luogo.


Esempio: qualora ad un’impresa di pulizia, che svolge le attività aziendali presso 5 condomini, anche vicini tra loro, sia contestata all’interno di uno di questi la sussistenza di lavoratori non regolari per un numero almeno pari al 20% dei lavoratori presenti al momento della verifica, l’organo competente potrà sospendere le attività di impresa in riferimento a quel condominio, potendo l’impresa di pulizia continuare ad esercitare la propria attività negli altri luoghi di lavoro.


Un chiarimento in merito da parte del ministero, tenuto conto dell’entità e dell’importanza del provvedimento, sembra quanto meno opportuno se non necessario.



La nuova norma – Ambito applicativo per le attività imprenditoriali edili
Come sopra detto, il provvedimento di sospensione trova applicazione anche “con riferimento ai lavori nell’ambito dei cantieri edili”.


La norma sembra quindi introdurre una specifica applicazione della disposizione al settore dell’edilizia.


Per cercare di comprendere la portata di tale interpretazione normativa ritengo opportuno mutuare i concetti espressi dalle precedenti elaborazioni ministeriali e in particolare da quelle contenute nella circolare n. 29 del 2006.


Con tale circolare infatti il ministero del lavoro ebbe occasione di precisare che l’ambito dei cantieri edili interessa non solo le imprese inquadrate o inquadrabili previdenzialmente come imprese edili ma anche le imprese non edili che operano nell’ambito della realtà del cantiere.


«Si tratta in particolare di imprese che svolgono:


1) lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee elettriche, le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro;


2) scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per i lavori edili o di ingegneria civile».


Il Ministero del lavoro, inoltre, ha precisato che «il provvedimento di sospensione dei lavori, adottabile nell’ambito dei cantieri edili, vada riferito ad ogni singola azienda che, nell’ambito dei cantieri stessi, presenti i presupposti di irregolarità individuati dalle disposizione in esame e non riguardi invece il cantiere considerato nella sua interezza, tranne evidentemente le ipotesi in cui nel cantiere operi una sola azienda».


La specificazione del penultimo periodo del primo comma dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 81/2008 (le disposizioni del presente comma si applicano anche con riferimento ai lavori nell’ambito dei cantieri edili), come sopra detto, dovrebbe fare ritenere che le nuove disposizioni trovino applicazione con i medesimi riferimenti sopra indicati.


Ne deriva che per le attività edili la disposizione di sospensione dovrebbe applicarsi come segue:


– accertamento della sussistenza, presso il luogo di lavoro che in questo caso coincide con il cantiere edile, di lavoratori irregolari in capo all’azienda che opera nell’ambito del cantiere edile stesso, in numero pari superiore a quello richiesto dalla norma;


– provvedimento di sospensione che interessa la singola azienda che è risultata irregolare alle disposizioni di cui sopra.



La nuova norma – Nuova modalità di calcolo dei lavoratori irregolari
Forse la più importante novità introdotta con l’articolo 14 del D.Lgs. n. 81/2008 interessa la modalità di calcolo del quorum di lavoratori irregolari che costituisce causa del provvedimento di sospensione.


Secondo le nuove disposizioni, l’organo competente può adottare il provvedimento di sospensione qualora si riscontrino tanti lavoratori irregolari pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro.


La novità non è costituita sola dal fatto che ora la verifica e il conteggio vanno eseguiti con riferimento ai lavoratori presenti sul posto di lavoro, ma che il quorum del 20% deve essere calcolato con riferimento a tutti i lavoratori presenti siano essi regolari che non regolari.


In sintesi, la verifica del quorum andrà determinata come segue:


a) verifica dei soli lavoratori presenti sul luogo di lavoro;


b) calcolo della soglia minima applicando l’aliquota del 20% a tutti i lavoratori di cui alla precedente lettera a) siano essi regolari che non regolari.


Un esempio potrà contribuire a far chiarezza circa la modalità applicativa della nuova norma.



Ipotesi:



  • – attività di commercio al dettaglio esercitata in più luoghi da una impresa avente alle dipendenze complessivamente 50 lavoratori di cui 3 non regolari;

  • – presso l’unità locale Alfa l’impresa ha 35 dipendenti;

  • – presso l’unità locale Beta l’impresa ha 15 dipendenti di cui 3 non regolari;

  • – al momento dell’accesso presso l’unità Beta è stata accertata la presenza di 2 dei 3 lavoratori non regolari e di 8 dei 12 lavoratori regolarmente assunti per un totale di lavoratori accertati pari a 10.


Con la nuova disposizione si dovrà procedere al seguente calcolo:



  • – totale dei lavoratori dell’impresa presso l’unità produttiva Beta: 15;

  • – lavorati non in regola: 3;

  • – lavoratori in regola:12


Risultato della verifica in Accertamento:


lavoratori totali: 10;


lavoratori regolari: 8;


lavoratori irregolari: 2;


Rapporto di verifica: 2/10 = 20%


Il provvedimento è applicabile.



Presupposti di adozione del provvedimento: impiego del personale non in regola
Altro aspetto sicuramente rilevante è la definizione nonché l’accertamento dei lavoratori non regolari.


La norma definisce quale personale non regolare o sommerso quello “non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria”.


Il personale non regolare va individuato nel personale totalmente sconosciuto alla P.A. in quanto non iscritto nella documentazione obbligatoria né oggetto di alcuna comunicazione prescritta dalla normativa lavoristica e previdenziale.


In proposito è stato precisato che l’adozione di lavoro autonomo in ragione di contratti d’opera o appalto, è oggetto di verifica e perfeziona i presupposti quando il lavoratore autonomo o l’appaltatore non abbiano correttamente adempiuto alle comunicazioni presso la CCIAA.


In sostanza il concetto di lavoro non regolare non è riferito ai soli lavoratori dipendenti o ad essi assimilati ma anche ai lavoratori autonomi.


Per quanto ai lavoratori dipendenti, è lavoratore non regolare il soggetto che:


– non è registrato nei libri paga e matricola regolamentari (concetto questo che va ripreso alla luce delle nuove disposizioni in materia di libro unico del lavoro) ;


– è anche sconosciuto come lavoratore della ditta ai competenti Servizi per l’Impiego a seguito di omessa comunicazione di denuncia di assunzione, denuncia che si può considerare quale documentazione obbligatoria, di data certa da cui si può trarre l’indicazione della effettiva esistenza del rapporto di lavoro e della esatta data di assunzione del lavoratore.


Quanto ai lavoratori autonomi, è lavoratore non regolare il soggetto che:


– presta attività lavorativa per l’azienda operante nel cantiere edile o per l’impresa diversa da quella edile nell’unità produttiva, non iscritto alla Camera di Commercio e ai relativi albi di categoria e quindi sconosciuto agli enti previdenziali.



A riguardo la circolare INPS n. 111/2006 ebbe modo di precisare che dal concetto di lavoro in nero, ai fini dell’applicazione delle disposizioni in argomento, dovevano restare esclusi gli eventuali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto (o altre forme di lavoro autonomo) che, seppur ritenuti fittizi, risultano comunque iscritti sul libro matricola, così come previsto dal D.Lgs. n. 38/2000. Tale affermazione va ora coordinata con le nuove disposizioni contenute nel D.L. n. 112/2008 che hanno abrogato il libro matricola e hanno introdotto il libro unico del lavoro.



Diversa invece è stata l’interpretazione data in merito alle collaborazioni di lavoro autonomo di cui all’articolo 2222 del c.c. Il Ministero del lavoro con la circolare n. 29/2006 ha affermato che eventuali forme di collaborazione occasionale ritenute non genuine, in assenza di qualunque formalizzazione su libri o documenti obbligatori, potranno contribuire alla determinazione della percentuale di personale irregolare.


Si precisa che il lavoratore autonomo occasionale è obbligato ad iscriversi alla Gestione separata INPS quando realizza nell’anno un reddito superiore a € 5.000,00 anche se per effetto di prestazioni rese a più soggetti (la contribuzione è dovuta solo sui compensi eccedenti detta soglia).


In merito va inoltre precisato che i lavoratori autonomi non sono tra quelli per i quali è prevista la rilevazione nel libro unico del lavoro.


Non sussistono grandi perplessità per quanto ai rapporti riconducibili a quelli di associazione in partecipazione che dal 1° gennaio 2007 sono soggetti alla preventiva comunicazione al centro per l’impiego.


(per maggiori approfondimenti vedi Novecentolavoro, Novecento media)

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