Software libero, per legge?

“Norme in materia di pluralismo informatico sull’adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilità dei documenti informatici nella Pubblica Amministrazione”. E’ questo il titolo di un Ddl presentato recentemente e che ha come oggetto l’utilizzo di free software nella Pa

Su iniziativa dei Verdi è stato recentemente presentato un Ddl (primo firmatario il senatore Fiorello Cortina) con cui si chiede al Parlamento di definire le “Norme in materia di pluralismo informatico sull’adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilità dei documenti informatici nella Pubblica Amministrazione”.
Non sfugge, infatti, ai proponenti che ormai esistono sistemi operativi che coprono in pratica tutte le necessità informatiche, il più noto è Linux, e che sono disponibili vari applicativi, client e server come Open Office, Apache, Gimp, Perl e Python, per cui ormai esiste un free software alternativo (quasi) ogni applicazione in versione proprietaria.
Perché il Parlamento dovrebbe fare questa scelta?
I sottoscrittori del Ddl sottolineano che mentre il software libero offre tre importanti garanzie, vale a dire è sicuro (poiché non esistono così tanti virus per Linux come per Windows), economico (il free software è distribuito gratuitamente) e stabile, esprimono molti dubbi sull’opportunità dell’uso del software proprietario, innanzi tutto perché la sua adozione pone limiti (gli utenti non possono modificarlo o distribuirlo gratuitamente), in secondo luogo perché, non essendo disponibile il codice sorgente, non vi è certezza che il sistema offra sufficiente protezione per i dati sensibili che la Pa tratta abitualmente.
Chi può garantire, si chiedono i proponenti del ddl, che parte dei dati non possa essere letta in automatico dalla fonte proprietaria del sw e redistribuita, magari verso fonti di business legate all’argomento? Basta pensare ai rischi connessi alla tutela dei dati sulla sanità e a quale potrebbe essere l’interesse delle case farmaceutiche piuttosto che assicurative, per intuire quanto l’argomento merita l’attenzione del legislatore.
E, in effetti, un certo interesse comincia a manifestarsi, poiché, come ha riferito il senatore Cortiana, proprio in questi giorni si è costituito un “Intergruppo per l’Innovazione Tecnologica e la Cittadinanza Telematica”, che ha già raccolto l’adesione di 50 parlamentari appartenenti alle diverse rappresentanze politiche e che presto prenderà in esame il ddl predisposto dai Verdi per chiedere alla Conferenza dei Capigruppo di assegnarne l’esame alle Commissioni deliberanti, affinché possa essere discusso e approvato senza dibattito in aula. Una sorta di “corsia preferenziale” che può portare ad un esito positivo in poco tempo.
L’iniziativa, ha ricordato ancora Cortiana, è stata proposta anche all’attenzione del Ministro per l’Innovazione, Lucio Stanca che si è dimostrato interessato al Ddl, forse anche perché sono molte le voci di aziende e associazioni che già si sono espresse in suo appoggio, come Ibm, FinMatica, Linux User Group, Comunicando, Software Libero.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome