Sirmi – L’innovatore è il vero ruolo del Cio

Il tema dell’innovazione in ambito Ict risulta essere di particolare attualità, anche alla luce dell’ambiente ormai pervaso di tecnologia in cui operano le aziende e vivono gli individui; il focus è sul progresso tecnico, su n …


Il tema dell’innovazione in ambito Ict risulta essere di particolare attualità,
anche alla luce dell’ambiente ormai pervaso di tecnologia in cui operano
le aziende e vivono gli individui; il focus è sul progresso tecnico,
su nuovi prodotti, processi migliori, innovazione organizzativa: l’attenzione
degli It Manager è catalizzata dalla necessità di monitorare continuamente
il mercato, cogliere le innovazioni e declinarle in applicazioni e soluzioni
utili all’operatività dell’impresa, solitamente sulla base
delle esigenze manifestate dall’End User, ma anche delle visioni applicative
che essi stessi riescono a trasferire all’interno delle proprie organizzazioni.

Va ormai accantonato il concetto di puro trasferimento di innovazione, e va
rafforzato quello correlato alle soluzioni innovative, come risposta alle esigenze
di maggiore competitività ed efficienza: l’adozione di una tecnologia
nuova, se “decontestualizzata” dallo scenario organizzativo, infrastrutturale
e operativo dell’azienda, non può far altro che creare discontinuità,
complessità, inefficienza, senza portare vantaggi.

Un’azienda non può dirsi innovativa solo se e quando acquista
nuove tecnologie: ampia disponibilità di dotazioni Ict, funzioni e operazioni
automatizzate, presenza di novità tecnologiche spesso convivono con processi
inefficienti e cristallizzati rispetto al passato; l’utilizzo della tecnologia
deve essere invece declinato in funzione delle reali esigenze delle imprese,
tradotto tramite una applicazione in una funzione d’uso, e deve necessariamente
coinvolgere sia i processi interni che quelli relativi ai rapporti fra le imprese
ed il suo mondo esterno.

Nella prima casistica, reengineering, nuovi business model, nuove modalità
produttive, nuovi processi e strumenti di marketing e vendita, sono aree nelle
quali investire in tecnologia digitale e quindi in innovazione porta vantaggi
in termini di produttività e competitività, a condizione che l’azienda
proceda ad una contemporanea revisione organizzativa tale da allineare risorse
umane e processi rispetto alle potenzialità degli strumenti Ict.

Nei rapporti con fornitori, reti distributive, clienti, consumatori, possono
e devono essere implementati circuiti virtuosi in base ai quali l’innovazione
adottata dalle imprese venga in qualche modo trasferita ai clienti finali, sotto
forma di servizi o benefici. Le aziende devono fare un uso non solo “interno”
dell’Ict, ma estenderne funzionalità e benefici alla sfera delle
relazioni con i soggetti esterni, sfruttando la flessibilità degli strumenti
tecnologici nel supportare le necessarie reazioni ai cambiamenti della domanda
e del contesto competitivo.

Se non passa questo concetto, ad opera degli It Manager da un lato e dei fornitori
Ict dall’altro, l’utilità e la fruibilità del nuovo
rimangono slogan, idee astratte.

Va peraltro detto che innovazione non è solo l’adozione di una
nuova tecnologia, con gli impatti organizzativi che ne conseguono, ma significa
anche, e forse soprattutto, sfruttare in modo innovativo la tecnologia già
disponibile, beneficiando di economie e sinergie derivanti dall’applicazione
di modelli orientati al nuovo.

Per molti versi, infatti, innovazione significa puntare su un nuovo modello,
sull’economia della rete e sulle opportunità della globalizzazione;
un diverso impiego delle tecnologie è già esso stesso innovazione:
in un ambiente ormai ipertecnologico esiste il rischio di non attribuire il
giusto valore alle singole nuove realizzazioni e implementazioni, perdendo di
vista la portata innovativa complessiva del contesto “tutto digitale e
tutto in rete”.

Convergenza infrastrutturale e dei media verso la rete IP e retrostante modernizzazione
delle reti, sviluppo della banda larga, convergenza dei servizi applicativi
su Ip, mobilizzazione degli utenti, virtualizzazione delle risorse, integrazione
delle applicazioni (vecchie più nuove), e ora l’avvio della convergenza
tra applicazioni ed esperienze dell’utente attraverso la multimedialità
e l’unificazione dei device di accesso e comunicazione, sono tutti fenomeni
la cui portata innovativa è passata quasi inosservata alla maggior parte
dei clienti, o comunque non è stata generalmente utilizzata e finalizzata
per supportare l’operatività quotidiana, del singolo come delle
organizzazioni, se non per specifiche e circoscritte aree applicative.

L’innovazione può derivare proprio dalla combinazione intelligente
di conoscenze e tecnologie già disponibili e dalla loro integrazione
in contesti non necessariamente avanzati dal punto di vista tecnologico: essa
può generare miglioramenti incrementali in termini di processo, prodotto
o servizio rispetto agli standard dominanti, rappresentando così un fattore
di vantaggio e differenziazione; ad esempio, optare per un modello distributivo
(anche) on line anziché off line rappresenta una innovazione di processo,
così come adottare la tecnologia Rfid per minimizzare i costi di magazzino
e di gestione delle scorte, eccetera.

Certo è che, per fruire in modo consapevole e innovativo della tecnologia
già disponibile e sfruttarne tutte le potenzialità, oltre che
per adottare con un impatto adeguato agli investimenti le nuove tecnologie,
sono necessarie in azienda approcci caratterizzati da:

  • propensione al cambiamento e capacità di “visione”:
    la tecnologia non è carente, ma spesso sembra mancare lo spirito che
    spinge a innovare, rischiare e affrontare nuove sfide
  • capacità di comunicazione: saper trasferire il valore dell’innovazione,
    saper interagire con i giusti argomenti con i giusti livelli gerarchici
  • capacità consulenziale e progettuale: essere in grado di comprendere
    le esigenze e accogliere le richieste dei clienti, conoscere, gestire e dominare
    la tecnologia, tradurre l’applicazione della tecnologia in soluzioni
    concrete, affrontando anche processi di change management
  • attenzione non tanto e non più sulle infrastrutture e sui prodotti,
    ma piuttosto sulle soluzioni e sulle funzioni d’uso: occorre portare
    l’innovazione nelle linee produttive, se del caso modificando ed integrando
    le filiere
  • capacità di gestione del cambiamento: l’adozione di una innovazione
    crea necessariamente una discontinuità rispetto al precedente modus
    operandi, e non sempre esistono le condizioni o l’apertura necessarie
    a superare tale discontinuità; sono quindi necessarie azioni tese a
    creare le condizioni favorevoli al verificarsi del processo virtuoso, dallo
    sviluppo della conoscenza e delle competenze tecnico-scientifiche degli utilizzatori,
    alla capacità e volontà di investimento da parte del management.

Ciò che serve per portare l’innovazione in azienda non è
quindi tanto una nuova figura dedicata allo scouting tecnologico, un esperto
di prodotti, uno specialista in tecnologie, le cui elevate competenze sarebbero
comunque sterili nel contesto organizzativo, né tanto meno la figura
del visionario, che spesso si rivela lontano dai reali modelli di business delle
imprese e dai reali fattori di competizione; è piuttosto importante che
un manager, tipicamente il direttore dei sistemi informativi, in stretta aderenza
ed in forte sintonia con tutto il suo team, ed in altrettanto stretta collaborazione
con i manager funzionali ed il top management della sua azienda, sappia supportare
ad ampio spettro i propri clienti interni ed esterni e sappia indirizzare le
scelte tecnologiche aziendali con il fine di implementare soluzioni utili, con
benefici reali e concreti per il business.
Non stiamo quindi parlando di una nuova figura, ma del vero ruolo del Cio.

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