Senza comunicazione niente affari per le imprese

Le strategie vincenti per raccontare un marchio e i suoi prodotti: i casi di alcune aziende raccontati in un convegno in Assolombarda

Il marketing deve raccontare più storie. Troppo concentrate sui cavalli di un’automobile o i megapixel di una fotocamera, molte aziende perdono di vista il nocciolo della comunicazione d’impresa: la narrazione. È una leggerezza che può costare cara, perché se manca la comunicazione, manca il business. Tagliare la pubblicità, ora, è pericoloso: chi dorme non piglia pesci e tantomeno clienti. C’è spazio per accumulare esche, puntando su qualità, innovazione e, appunto, storie credibili. Ricordando che i clienti vanno non solo informati, ma anche coccolati e magari spiazzati, come emerso dal recente convegno sul marketing d’impresa organizzato dall’Assolombarda a Milano.

Le narrazioni di Volvo e Nokia
Sulla necessità di un marketing più fedele ai valori aziendali, o “narrativo”, è convinto Marco Lazzoni, amministratore delegato di Volvo Italia. La casa svedese è impegnata a produrre camion sempre più sicuri e meno inquinanti. Così, per differenziarsi dagli automezzi concorrenti, ha deciso di offrire di serie, su tutti i camion FH, varie tecnologie di sicurezza attiva, che aiutano a prevenire gli incidenti controllando la corsia di marcia, l’attenzione del conducente e la stabilità della frenata. «Sono dispositivi esistenti sul mercato ma che nessuno compra per motivi economici o culturali – ha spiegato Lazzoni – Adesso li montiamo di serie: c’è il rischio di vendere meno camion perché sono più cari, ma crediamo decisamente in questa scelta».

Cambiare pelle è spesso necessario: ne sa qualcosa Nokia, fondata nel 1865 come falegnameria e approdata ai cellulari dopo aver prodotto stivali di gomma e dispositivi per le telecomunicazioni. Consapevole che ormai un telefonino è utilizzato per il traffico voce solo per il 12% del totale, l’azienda finlandese sta sfornando cellulari interattivi, che integrano diverse funzioni e servizi (come musica e internet). Il credo aziendale si riassume nel “quarto schermo”, vale a dire il passaggio della comunicazione dal cinema, alla televisione e al computer fino allo schermo più piccolo ma sempre più multimediale di un telefonino. L’evoluzione di Nokia si fonda così sulla mobilità personale e la tecnologia portatile.

Creare mistero e senso di comunità
Un esempio di “marketing virale” è il lancio del rum Seven Tiki di Bacardi-Martini. Il problema era costruire un marchio nuovo in un mercato già affollato e con uno scarso budget a disposizione. «Ci siamo chiesti quale poteva essere il punto di forza del prodotto – ha raccontato Gabriele Pizzutto, marketing manager di Martini & Rossi – L’abbiamo individuato nella sua provenienza dalle Fiji, a differenza degli altri rum». La campagna ha sviluppato il tema del fascino e del mistero, centrata sulla presenza di un totem che è il logo della bottiglia: feste sul mare e in città con ballerini figiani e lo spiaggiamento di un totem a Bonassola, filmando le reazioni dei bagnanti incuriositi. Poi si sono riversati i video sui canali web, creando visibilità e passaparola.

Un caso più circoscritto, ma sempre legato agli strumenti della rete, è quello di Caffè Guglielmo. Una piccola azienda calabrese con 2000 punti vendita e 45 dipendenti. Caffè Guglielmo presidia il 70% del mercato locale ma è pressoché sconosciuto altrove. Sapendo di non poter competere con colossi come Lavazza, l’azienda si è concentrata sui calabresi residenti nelle varie regioni italiane (circa un milione) e all’estero (321mila censiti). Il risultato è il sito Calabria caffè, che oltre a vendere il prodotto ha lo scopo di creare un senso di appartenenza, una “community” dei calabresi nel mondo che possono ritrovarsi e interagire su una piattaforma multimediale.

Quando l’unione fa la forza (individuale)
Aiutare i propri soci a vendere più lenti e occhiali è il compito di Optical Master Club, un gruppo di vendita che conta un centinaio di ottici con fatturato medio di 800mila euro. La sua nascita riflette la situazione del mercato italiano, costituito per il 41% da negozi indipendenti, per il 52% da gruppi d’acquisto e solo per il 6% dalle catene. Come ha illustrato l’amministratore delegato Sergio Colesanti, l’obiettivo del Club è promuovere l’identità di ogni punto vendita con un piano marketing personalizzato, rifiutando marchi e insegne di gruppo (all’opposto delle catene). Il Club, inoltre, aiuta i soci a finanziare le campagne pubblicitarie, attraverso contributi diretti e finanziamenti dei partner industriali.

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