Semplificare le normative

La forte volontà da parte del legislatore di spingere le aziende verso soluzioni di dematerializzazione della carta «ha portato alla definizione di un quadro normativo completo ma complesso, perché c’è la contaminazione di aspetti fiscali da una parte …

La forte volontà da parte del legislatore di spingere le aziende verso soluzioni di dematerializzazione della carta «ha portato alla definizione di un quadro normativo completo ma complesso, perché c’è la contaminazione di aspetti fiscali da una parte e aspetti tecnici dall’altra» ha osservato Umberto Zanini, dottore commercialista e revisore contabile, che è intervenuto al convegno del Politecnico “Fare sistema: il vero motore della fatturazione elettronica” analizzando il tema dal punto di vista legislativo nei confronti della Pubblica amministrazione.

«Va riconosciuto – ha proseguito – che da parte dell’Agenzia delle Entrate c’è stata l’emanazione di molte risoluzioni che hanno consolidato la prassi, ma è altresì rilevante che da parte di alcuni organi che hanno emanato queste disposizioni non vi sia stata una perfetta armonia con le norme già esistenti e questo ha evidenziato una scarsa predisposizione di alcuni organi a operare in modo coordinato e soprattutto di tenere in debito conto i costi di adeguamento che hanno le aziende. Per cui si chiede fortemente ai legislatori italiani di non cambiare le regole del gioco dopo che la partita è iniziata, perché si rischia di penalizzare le aziende che sono già partite».

Gli utenti, quindi, chiedono di semplificare le normative e in merito Zanini ha evidenziato quattro punti.

Il primo è quello di eliminare l’obbligo della cadenza quindicinale del riferimento temporale, visto che non porta alcuna utilità in termini di garanzia del processo, ma lo complica e soprattutto genera una inversione dell’ordine naturale dei processi. Oggi alle aziende arriva la fattura e la registrano e la conservano. Con la scadenza quindicinale spesso la conservazione viene fatta prima della registrazione, e quindi si obbligano le aziende, da un punto di vista finanziario, a scomputarsi l’Iva per esempio il mese successivo.

Secondo punto: se l’emittente emette fatture elettroniche e quindi le conserva, chi riceve per esempio un semplice Pdf, deve avere la possibilità di inviarlo direttamente in conservazione senza dover passare dalla carta. Perché comunque una delle due fatture, in questo caso quella dell’emittente, è stata firmata e quindi è stata “cristallizzata” con la firma digitale.

Terzo punto: consentire all’emittente di fatture elettroniche di conservarle su carta, come avviene in molti paesi: Finlandia, Germania e Spagna. Per esempio, i piccoli artigiani che lavorano per grandi clienti o con la Pa, possono emettere la fattura in digitale ma possono conservarne la versione cartacea purché vengano stampate alcune informazioni sulla firma digitale o la stessa firma digitale.

Quarto punto: modificare l’ambito di applicazione dell’articolo 2215 bis relativo alla registrazione ogni tre mesi, prevedendolo solo per quelle scritture contabili che adeguano la vidimazione iniziale. E per tutelare le scritture contabili, serve la stessa tempistica della stampa su carta.

L’approccio della Pa

Sul fronte della Pubblica amministrazione «non vi sono sostanziali novità – ha osservato Zanini -. Si attende ancora l’emanazione del decreto che contiene tutte le regole tecniche. Va, comunque, detto che in merito la Pa italiana ha avviato un intenso lavoro sia interno che in termini di consultazione con i principali stakeholder, mentre in ambito europeo, oltre ai due paesi che 15 anni fa sono stati pionieri nell’introduzione della fattura elettronica nella Pa e verso la Pa, Danimarca e Svezia, si sono aggiunte anche la Spagna che ha reso obbligatoria la fatturazione elettronica entro il novembre 2010, e la Finlandia che ha dato come scadenza la fine dell’anno in corso».

Scambi Edi

La norma che distingue la trasmissione di una fattura in formato Edi o fatturazione elettronica con obbligo di stampa, oppure semplicemente scambio di dati, è contenuta nella raccomandazione 820 del 1994, che in quanto raccomandazione si può seguire o non seguire.

«L’azienda che utilizza un intermediario che garantisce la conformità a questa raccomandazione, – ha chiarito Zanini – usa di fatto la fattura elettronica e quindi è obbligata a inviare conservazione sostitutiva. Diversamente, va stampata su carta e conservata. Quindi è importante verificare la compatibilità del sistema utilizzato rispetto a questa raccomandazione. È molto semplice nel caso in cui una community, o un insieme di aziende utilizzi un solo operatore, perché basterà che questo dichiari che il suo sistema è conforme a questa raccomandazione, per cui le aziende coinvolte potranno piano piano migrare da soluzioni cartacee a soluzioni digitali. Invece, se una community ha più operatori, ovviamente questi possono modificare lo standard della sintassi e quindi per garantire l’autenticità si può utilizzare, per esempio, semplicemente la firma digitale o la firma elettronica avanzata».

Naturalmente i vari operatori dovranno concordare in quale parte dei visti inserire la firma digitale, ma soprattutto quando poi arriva l’integrazione con il sistema informativo lato ricevente, spesso il formato Edi digitale pone dei problemi. «Questo si può superare – ha spiegato Zanini – con un intervento normativo semplicemente consentendo all’ultimo intermediario di rifirmare i contenuti a garanzia dell’autenticità di ciò che si spedisce, e di inviarli direttamente nel sistema del ricevente. Oppure, ancora più semplice, basterebbe un intervento legislativo che, indipendentemente dalla modalità dell’Edi utilizzata, quindi sia fattura telematica che elettronica, consenta al ricevente di elaborare i visti, produrre un formato leggibile e inviarlo direttamente in conservazione sostitutiva».

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