Segnali alterni dalle industrie del chip e del pc

I produttori di semiconduttori dicono che il peggio è passato, mentre le società che producono e vendono computer sono pessimiste sulle prospettive dei mercati esteri.

Stanno arrivando segnali contraddittori dalle industrie dei chip in silicio e del personal computer, che sembrano non riuscire a trovare un consenso sulla possibile ripresa dell’economia. I fabbricanti di semiconduttori dicono che il peggio è passato, mentre le società che producono e vendono computer sono pessimiste sulle prospettive dei mercati esteri. La vera questione verte purtroppo sui sintomi positivi, che qualcuno attribuisce a mero eccesso di ottimismo. Un parere molto autorevole è quello di Carly Fiorina, Ad di Hewlett-Packard, che in settimana ha dichiarato di assistere, personalmente, solo a segni di costante peggioramento. “Siamo ogni giorno più convinti che si tratti di un rallentamento globale dell’intera industria, destinato a durare ancora per un bel po’”. Andy Briant, responsabile finanziario di Intel, leader mondiale del microchip, ha invece affermato: “Non è per niente disastroso, è la solita routine”. I pareri si scontrano anche sulle piazze finanziarie, dove alcuni analisti si limitano a prendere in considerazione i valori fondamentali – come i livelli di inventario – e stanno molto attenti a individuare eventuali sintomi di ripresa della domanda. Altri dividono nettamente le vicende americane da quelle del resto del mondo, fedeli al principio in base al quale se gli Usa sono stati colpiti per primi, per primi usciranno dalla fase di rallentamento. Su tutte domina infine una questione ancora più pressante: una volta uscita dalla crisi, l’economia delle alte tecnologie tornerà a far registrare i consueti boom o si limiterà a un ritmo da crociera? Carly Fiorina rimane categorica: “Dal nostro osservatorio vediamo clienti sempre più bravi nel discriminare”. Le aziende ormai sembrano disposte a comperare solo le tecnologie che servono in modo evidente a incrementare i margini.

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