Segnale sbagliato

Pare che Google e Microsoft frenino gli investimenti nei datacenter.

Ieri la testata online statunitense Internetnews.com ha pubblicato un’articolata notizia che faceva il punto sugli investimenti in datacenter di Microsoft e Google.
In sintesi, riportava segnali di un rallentamento nelle spese e un parziale congelamento dei piani riguardanti le nuove costruzioni, con anche dettagli pittoreschi, come quello dei container parcheggiati quasi in istato di abbandono nella zona di Chicago dove dovrebbe sorgere un nuovo centro della casa di Redmond.

Di contorno, le spiegazioni economiche.

Tipo: per costruire un nuovo datacenter bisogna stanziare dai mille ai duemila dollari per metro quadro, e alla fine dei lavori è facile superare i 100 milioni di dollari.
 
A parte che bisognerebbe cominciare a ragionare per metro cubo, potrebbero essere fatte molte altre valutazioni sulle spese, o sul Capex, come è di moda dire ora.

Se la circostanza corrisponde a verità ci permettiamo di giudicarla un segnale sbagliato per il mercato.
Doppio, dato che le società coinvolte sono due e per di più stanno orientando la propria politica su un concetto di servizio, che, per esistere, si deve basare su qualcosa di concreto: il datacenter, appunto.
Si osserva che, stante la recessione, gli utenti potrebbero non essere tanto interessati a servizi come il cloud computing.

Le domande sono due: questi servizi non nascono proprio anche per ottimizzare le spese degli utenti?
E dove è andata a finire la convinzione che la domanda, perché esista, va stimolata?
Chi ha capacità creative e mezzi, e Google e Microsoft li hanno entrambi, non deve tirare indietro la mano, non adesso.

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