Scomporre il “monolito” per un approccio più flessibile al Crm

Il classico mosaico tecnologico del Customer relationship management, in cui giocano nel complesso una quindicina di elementi, può essere affrontato anche ricorrendo a più fornitori. Meta Group vede nei Web service la chiave universale per l’integrazione.

 


Il Customer relationship management è una business discipline, ovvero una strategia che, considerata nel suo complesso, comporta una profonda trasformazione dell’organizzazione aziendale, per sposare l’ottica customer centric.


Su questa definizione, forse la più semplice possibile, tutti concordano da tempo. Si tratta di una rivisitazione per la quale Meta Group suggerisce un approccio evolutivo, che passi attraverso diversi step in un modello a spirale. "Un’iniziativa di Crm non inizia e finisce con tutte le problematiche risolte, ma è un processo di trasformazione aziendale che riguarda aspetti tecnologici e organizzativo-culturali – ha introdotto Norberto Patrignani, senior research affiliate analyst, Web & Collaboration Strategies, Meta Group Italia -. L’approccio a spirale evidenzia che si tratta di un processo senza fine".


Una metodologia definita pattern matching consente di evidenziare le priorità aziendali: essa parte dall’analisi della segmentazione della clientela e dei canali (o point of interaction) preferiti da ciascun segmento e li mette in relazione al "customer life cycle", suddiviso nelle fasi engage, transact, fulfill e service (cioè inizio del contatto, transazione, esecuzione e servizi). In sintesi, il pattern matching di Meta Group individua tutte le modalità con le quali ciascun segmento di clientela impatta con l’azienda nelle quattro fasi del ciclo di vita, con lo scopo di definire i canali a cui dare priorità. "Solo una volta disegnato il pattern matching, con i diversi percorsi di engage, transact, fulfill e service per tutte le tipologie di clientela individuate, la strategia di Crm è definita e si può avviare l’implementazione di una tecnologia, partendo dagli eventuali percorsi che non si chiudono".


Questo, "logico", del customer life cycle management è il dominio in cui vengono ridisegnati i processi nell’ottica customer centrica. Per passare all’azione, bisogna poi operare su un secondo e un terzo dominio: quello dei processi (con le persone coinvolte) e quello prettamente tecnologico. I tre domini devono essere ovviamente allineati.

I volti delle tecnologie Crm


Meta Group suddivide l’ecosistema tecnologico del Crm in tre sotto-domini tra loro correlati: analytical, operational e collaborative (tale suddivisione è da tempo entrata a far parte della letteratura generale sul tema). Questo modello, in cui giocano vari sotto-elementi, consente di avere una vista unica su tutti i processi aziendali coinvolti.


Dal punto di vista storico, il Crm operational è stato il primo a essere implementato, perché in quest’ambito sono impattati i processi di back office (generalmente, di un sistema Erp) relativi ai punti di contatto del front office (sales, marketing, customer service). "Qui siamo dentro l’organizzazione, nella parte tran-


sazionale dove si gestiscono i contratti – ha spiegato Patrignani – . Ma in seguito ci si è accorti che oltre ai contratti bisognava gestire i contatti, cioè conoscere la storia del cliente. Da questo input, circa quattro o cinque anni fa, è nata la parte analitica, con progetti di datawarehouse spesso di notevoli dimensioni. Ma si trattava di applicazioni chiuse, accessibili a pochi e sganciate dalle funzioni operational. Erano i classici strumenti in mano ai responsabili marketing". In ogni modo, l’analytical Crm è l’area dove per prima si è affermata la "cultura" del cliente.


In seguito, si è spostata l’attenzione sugli strumenti di contatto con l’esterno, con l’obiettivo di rendere il front end il più possibile integrato, efficiente e, quindi, potenzialmente più efficace. È nato, così, il dominio del collaborative Crm, che si è portato dietro il concetto di multicanalità, l’integrazione della voce con il Web, la chat, il co-browsing, il customer interaction center come nuova interfaccia verso l’esterno. Il collaborative Crm è l’area dove i clienti entrano in contatto con l’azienda e, dal punto di vista tecnologico, si fonda sull’integrazione del Web con il call center. "Parallelamente ci si è resi conto – ha proseguito Patrignani – che le applicazioni di analisi dovevano essere fruibili da parte di tutte le persone operanti nel contact center e che dovevano essere sfruttate componenti di Eai, per mettere in comunicazione non solo l’operational con l’analytical ma tutto con tutto". Mettendo in relazione i tre volti tecnologici del Crm con le fasi del ciclo di vista del cliente, il dominio collaborative è coinvolto sia nella fase di service che nella fase di engage, mentre l’analytical è tipicamente propedeutico alla fase di engage; l’operational, invece, è chiamato in causa nelle fasi di transact e fulfill.


Il modello tecnologico per il Crm di Meta Group è un ecosistema che mira ad automatizzare processi business che coinvolgono le operazioni relative ai momenti di contatto con i clienti (sales, marketing e customer service). L’integrazione delle varie operazioni avviene tramite i canali di delivery multipli ed interconnessi.

L’offerta dei vendor


L’attuale panorama d’offerta, considerando la decina di "grandi nomi" che opera nel campo del Crm (specialisti oppure fornitori di Erp che hanno man mano esteso la propria offerta) è, tutto sommato, abbastanza omogeneo. Pur partendo da matrici "culturali" differenti (chi dal mondo operational dell’Erp, chi da quello delle tecnologie Cti, chi, ancora, dal mondo prettamente analitico) i vendor hanno man mano integrato funzionalità e tecnologie in grado, chi più chi meno, di coprire l’intero ambito tecnologico del Crm. Le suite di Crm, infatti, comprendono funzionalità operational, analytical e collaborative, consentendo di gestire i dati relativi al clienti, automatizzare i processi di front office, ottimizzare le transazioni e interazioni con i clienti e individuare pattern di comportamento. "Per orientarsi ci sono due fattori, uno pratico e uno teorico – ha concluso Patrignani -. Il primo si basa sul fatto che se un’azienda ha già in casa una tecnologia deve ovviamente salvaguardare l’investimento. L’approccio teorico, invece, parte dalla constatazione dell’ecosistema tecnologico da realizzare, con tutti i suoi componenti. Questi ultimi non necessariamente devono essere forniti da un unico vendor. Finora l’offerta è stata tendenzialmente "monolitica" e, quindi, era difficile integrare, oltre un certo livello, elementi di vendor diversi. Ma oggi è emersa chiaramente la soluzione, che si chiama Web service. I Web service sono la chiave abilitante per scomporre il monolito. Se si è applicata una metodologia focalizzata nel pattern matching e si sono individuati con precisione i componenti tecnologici, i Web service permettono di scegliere tra vendor differenti. Sarà possibile, estremizzando, utilizzare la fatturazione di un vendor e la gestione del magazzino di un altro". Anche se avrà bisogno di qualche anno per maturare, questo sarà, secondo l’analista, lo scenario flessibile e "disaggregato" del futuro.

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