Sarebbe bene che tutti

Dal rosso al nero in 12 mesi. Non si vende di più, ma si guadagna. E si taglia.

Sarebbe bene che tutti leggessimo “Lettere dalla Kirghisia” di Silvano
Agosti, appena uscito in libreria.
Inizia cosÏ lo scrittore, che nella vita
fa prevalentemente il regista: “Cari amici, non sono venuto in Kirghisia per
mia volontà o per trascorrere le ferie, ma per caso. Improvvisamente ho
assistito al miracolo di una società nascente, a misura d’uomo, dove ognuno
sembra poter gestire il proprio destino e la serenità permanente non è
un’utopia, ma un bene reale e comune. Qui sembra essere accaduto tutto ciò che
negli altri Paesi del mondo, da secoli, non riesce ad accadere. Arrivando in
Kirghisia, ho avuto la sensazione di “tornare” in un Paese nel quale in realtà
non ero mai stato. Forse perché da sempre sognavo che esistesse. In ogni
settore, pubblico e privato, non si lavora più di tre ore al giorno, a pieno
stipendio, con la riserva di un’eventuale ora di straordinario. Le rimanenti 20
o 21 ore della giornata vengono dedicate al sonno, al cibo, alla creatività,
all’amore, alla vita, a se stessi, ai propri figli e ai propri simili…”.


Sarebbe bene che lo leggessero tutti coloro che, per coinvolgimento diretto
o mediato, hanno avuto a che fare con i bilanci delle grandi e anche medie
società It.
Non ce n’è una che perda, tranne qualche rara eccezione.
E
chi l’anno scorso era in rosso, ora è in nero.
Utili per tutti.
A
dispetto dei fatturati, però.
Che è vero che crescono, ma non così
tanto da essere sufficienti a innescare quel circolo virtuoso che è dato
dalla rozza equazione “più vendo, più guadagno”.
A volte, addirittura, sono
appiattiti.
Però, guadagni per tutti.
Insomma, circola la sensazione che
qualcuno (forse troppi) si stia accontentando di vendere anche di meno, pur di
guadagnare. Tagliando.
E, di fatto, cambiando i connotati a un’economia che
pensavamo di conoscere bene.
Questo intervento di “chirurgia plastica” non
si sa chi l’abbia chiesto, e si ha anche paura di fare la prova-specchio alla
fine. Arrivarci, poi, alla fine.
Ditelo, se avete voglia, a Carly Fiorina.

Ma soprattutto ditelo a quelli, e sono tanti, che sono attaccati con le
scialuppe alla portaerei tecnologica, dopo averci prestato servizio a bordo.

E la seconda sensazione è che, purtroppo, non si stia preparando per
noi una Kirghisia globalizzata.
Anzi, fate una cosa.
Non leggete
“Lettere dalla Kirghisia”. Vi incazzereste troppo.

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