Sap: bisogna innovare con la sostenibilità

Secondo Josè Duarte, Presidente europeo della software house tedesca, la leva per il profitto è nell’adozione di strategie e processi sostenibili

La sostenibilità è il nuovo fulcro attorno al quale deve ruotare il business. Niente make-up tinti di verde, semmai sani profitti. Sap, big tedesco del software di gestione aziendale, ne è talmente convinto da aver improntato su questi cardini il futuro prossimo della propria attività. «Siamo nell’infanzia di questo mercato, ma il futuro è qui», pensa Josè Duarte, presidente europeo della società, arrivato in Italia per partecipare alla Sap Executive Conference organizzata a Cernobbio. Nel nord Europa queste tematiche stanno già entrando nel Dna delle aziende, anche se forse un po’ più in giù, soprattutto spostandosi verso est, devono ancora essere metabolizzate.
Agostino Santoni, amministratore delegato di Sap Italia, ribadisce che oggi l’unica strada per differenziarsi è quella di innovare attraverso la sostenibilità e sottolinea che anche da noi c’è chi ha già iniziato a spendere per comunicare al mercato messaggi “green”. Qualcuno ha anche fatto di più: una nota marca nostrana di acqua minerale, per esempio, ha creato un nuovo business sfornando, per prima, una bottiglia in materiale biodegradabile. Qui, grazie alla eco-sostenibilità, si è fatta innovazione creando un nuovo brand e modificando i processi produttivi.

L’equazione dunque si ribalta e a sostenibilità non si associano più i costi ma i profitti. La scala dei valori in un ipotetico approccio alla sostenibilità parte dagli aspetti della compliance, ovvero gli inderogabili obblighi di legge e, per fare il salto, passa alla valorizzazione del brand. «L’elemento del branding è fondamentale, perché le giovani generazioni saranno molto attente ad acquistare prodotti o a cercare lavoro presso società sostenibili» puntualizza Duarte. Il passo finale, poi, deve portare alla vetta del profitto sostenibile, una situazione in cui il concetto e le relative pratiche devono permeare tutti i processi e le strategie di business. «Le aziende che vogliono esserci domani devono preoccuparsi oggi di tutti gli aspetti che rendono sostenibile il business. Se si è efficienti probabilmente si è anche più green, perché sicuramente si emette meno Co2». Dunque, le strategie che fanno bene al business sarebbero le stesse che consentono a un’impresa di ridurre il proprio impatto ambientale. Duarte sintetizza questa visione con il paradigma delle tre “P” (planet, people, profit): si può così pensare alla sostenibilità come all’unione di questi tre elementi.

Ma cosa può fare una società che produce software per favorire la sostenibilità? Per chi pensa che il contributo non possa che essere limitato, Duarte chiarisce: «Sostenibilità non significa green It, quest’ultima ne rappresenta solo una piccola parte». Il messaggio è che l’It può essere un grande abilitatore, perché alla fine consente di razionalizzare qualsiasi processo. La “sustainability solution map” della software house tedesca parte sì dal green It (supportato per esempio con prodotti in modalità Saas, software as a service) ma, passando attraverso soluzioni specifiche per l’energy management e il carbon management, arriva a toccare funzioni e processi che riguardano il vertice aziendale.
E’ nella supply chain, secondo Sap, che si trovano le leve strategiche più lunghe per muovere la sostenibilità. Essenzialmente, si tratta di maggiore efficienza nell’utilizzo di materie prime e risorse per poter proporre al mercato prodotti sostenibili. «Se si riesce ad agire sulla supply chain per renderla più intelligente, più efficiente, si moltiplicano i profitti. E questi sono argomenti da Ceo». Quanto sia delicato il tema del controllo della catena dei fornitori è testimoniato dai casi di Mattel, con lo scandalo delle Barbie cinesi verniciate al veleno, o da quello recente di Toyota.

Ovviamente Sap sta lavorando per rendere “green” anche se stessa. Gli obiettivi e i risultati dello sforzo sono già tangibili: dalla vetta della classifica di settore del Dow Jones Sustainability Indexes, raggiunta lo scorso anno, agli ambiziosi target di riduzione delle emissioni di Co2, dall’attenzione all’efficienza energetica degli edifici (con il fiore all’occhiello della nuova sede di Vimercate) alle policy sulle auto aziendali. Il tutto, in nome della trasparenza e del “brand marketing,” dettagliatamente illustrato nel report di sostenibilità pubblico redatto secondo i criteri del Gri (Global Reporting Initiative) Index.

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