Samsung vuole vederci chiaro sulle condizioni di lavoro dei fornitori cinesi

Per fugare ogni dubbio su un possibile sfruttamento minorile, la società coreana visiterà 250 società, imponendo il rispetto degli accordi presi sulla gestione dei lavoratori.

Sono 250 le aziende cinesi fornitrici che Samsung intende monitorare.
L’obiettivo è verificare che al loro interno siano rispettate le policy
stabilite nei confronti della gestione dei dipendenti. Questo perché di recente
si sono diffuse voci secondo cui all’interno di una di tali aziende
lavorerebbero ragazzi di età inferiore ai 16 anni.

In realtà, Samsung ha già dato il via all’attività di ispezione
partendo proprio dall’azienda “incriminata”, HEG Electronics, che si trova nel
sud della Cina e costruisce smartphone e lettori di DVD. La società coreana ha
affermato che non ha trovato i ragazzi di cui si è parlato, ma lo stesso ha
riscontrato una serie di irregolarità riguardanti la sicurezza dei lavoratori e
la loro gestione (come orari ben oltre i limiti previsti e sanzioni per ritardi
o assenze).

A fronte di queste violazioni, Samsung ha chiesto a HEG di rivedere
immediatamente la gestione dei lavoratori e migliorare le condizioni di
sicurezza, promettendo un ulteriore controllo a breve termine. Ma non solo.
Samsung ha fatto anche sapere che, qualora dovesse riscontrare che
effettivamente vengono impiegati ragazzi minori di 16 anni, scinderà
all’istante il contratto con HEG.

Come detto, l’ispezione presso la società cinese è stata la prima di
una serie, che entro settembre porterà i rappresentanti di Samsung a visitare
104 fornitori cinesi per verificare il rispetto delle policy sul lavoro
concordate con la stessa società coreana. E altri 144 saranno visitati entro la
fine dell’anno. Il non rispetto degli accordi presi comporterà la rottura dei
rapporti, afferma Samsung.

Singolare il fatto che, nemiche sul versante del copyright, Samsung e
Apple siano invece accomunate nella verifica delle condizioni di lavoro dei
propri fornitori. La società di Cupertino, infatti, la scorsa primavera aveva
messo sotto stretta sorveglianza il fornitore cinese Foxconn e la sua
sussidiaria Hon Hai Precision Industry perché una serie di anomali suicidi tra
i loro dipendenti aveva fatto sorgere dubbi sulle condizioni di lavoro imposte.

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