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Caccia grossa all’equivoco. Informazione non è pubblicità.

23 settembre 2004 Parliamo un po’ di noi, se consentite.
C’è un
problema: quello del rapporto fra informazione e pubblicità. Cerchiamo di
affrontarlo con la leggerezza della farfalla e la determinazione dell’elefante.

Chiunque scriva su queste pagine (online, ma pur sempre pagine) è soggetto
alla disciplina deontologica di un ordine professionale. Come accade ai medici,
agli architetti, a qualsivoglia esercitante una professione, insomma sottoposta
a esame statuale.
E l’Ordine professionale nostro, da un po’ di tempo ha nel
mirino un oggetto nitido, ma che come fosse una gazzella saltabecca in qua e in
la, evitando di essere centrato: dove finisce l’informazione, dove comincia la
pubblicità.
E se la gazzella vera ha tutto il nostro sostegno e la spinta
del nostro tifo per riuscire nell’intento, l’altro problema meriterebbe di
essere, se non “impallinato”, quantomeno “brancato”.
Solo che, anche qui, è
impossibile farlo.
Ma non perché “l’animale” sia poi così agile (non è, in
fin dei conti, una gazzella).
Piuttosto perché chi ha il fucile non può
mirare dove dovrebbe, perché la legge non glielo consente.
Sia chi ha il
fucile, sia chi non ce l’ha (cioè, tu, lettore) dovrebbe sapere che un portale
Web di informazione vive di pubblicità. Indiscusso.
Ma deve sapere anche che
la pubblicità ha dei luoghi canonici (banner, skyscraper, pop up, pop under, gli
speciali pubbliredazionali) che si palesano al lettore con chiarezza
ineludibile, e lo mettono nella stessa condizione dell’utente televisivo con il
telecomando: cambiare canale equivale a non “cliccare” sul banner. Tutto il
resto, tutto quanto c’è, è uno specchio, che noi si cerca di lustrare ogni dì
andando alla ricerca delle vere notizie, di ciò che accade nel mondo.
Nella
fattispecie, nel nostro piccolo mondo dell’It, dove esistono ancora personaggi
che devono “affermare la propria strategia marketing” e che pensano che per far
ciò possano utilizzare te come mezzo, trascurando il fatto che un mezzo, il più
inequivocabile, ce l’hanno: la pubblicità.
Personaggi che non comprendono,
perché non ne considerano la funzione, l’utilità della stampa, fisica e online.

Sta a noi farglielo capire?
No.
Sta al vivere economico.
Accadrà
che chi ha riposto tutto nel marketing orchestrato al limite della coazione,
sottraendosi, pertanto, a quel meccanismo di verifica delle cose umane che è il
vero mercato, e di cui la stampa è parte, pagherà il conto, fino al caffé.

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