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Con droni e robot l’agricoltura è farmerless

Fra i lavori destinati a sparire dovremo includere anche la figura dell’agricoltore? Difficile, molto più facile è pensare che il lavoro nei campi sarà meno faticoso e che il ruolo dell’agricoltore possa essere sempre di più quello di supervisore, di manager dei suoi ettari di terra. A fare un passo in avanti verso l’agricoltura che prevede campi coltivati solo da robot e mezzi a guida autonoma ci hanno provato i ricercatori dell’università britannica Harper Adams con il progetto The Hands Free Hectare. Si tratta di un esperimento che ha previsto la coltivazione di un ettaro di terra  nella regione rurale dello Shropshire, lavorato grazie all’utilizzo di un trattore e di una mietitrebbiatrice a guida autonoma. I mezzi sono stati modificati con telecamere, laser e sistemi di navigazione gps. Allo stesso tempo, nel campo è presente un robot con il compito di raccogliere campioni di terriccio, mentre un drone è in grado di monitorare dall’alto il buon andamento del lavoro.

L’agricoltura si muove verso i robot

Così, se da una parte il colosso del mondo agricolo John Deere ha appena comprato Blue River, una società specializzata nella robotica al prezzo di 305 milioni di dollari, e la giapponese Spread (ortaggi) ha già annunciato il varo di una fattoria interamente gestita da robot entro il 2018, i ricercatori inglesi si sono messi in testa di “realizzare un intero raccolto senza mai mettere piede nel campo”. Finanziato dal governo britannico e da Precision Decision, specializzata nell’agricoltura di precisione, con duecentomila sterline, il progetto, secondo Jonathan Gill, ricercatore dell’università di Harper Adams, “ha raggiunto il suo obiettivo con con un budget basso rispetto ad altri progetti che mirano a creare veicoli agricoli autonomi. Abbiamo usato macchinari facilmente accessibili agli agricoltori, tecnologia open source e un autopilota da un drone per il sistema di navigazione”. Martin Abell, ricercatore di meccatronica per Precision Decision ha aggiunto che “Questo progetto ha dimostrato che non vi è alcun motivo tecnologico perché un campo non possa essere coltivato senza che gli esseri umani lavorino direttamente sul territorio. Questo è stato il grande successo”. Il budget basso non ha impedito però al progetto di essere decisamente sopra le righe per quanto riguarda i costi. “Si tratta dell’ettaro di orzo più costoso di sempre, ma allo stesso tempo rappresenta un primo passo verso il futuro”, ha spiegato infatti il responsabile del team di ricerca Kit Franklin al Times.

Le criticità

The Hands free hectare ha previsto l’utilizzo di macchinari (trattore e mietitrebbia) in generale più piccoli rispetto a quelli normalmente utilizzati. Questo perché il team è convinto che l’uso di macchine agricole più piccole possa migliorare la salute del suolo e della pianta. Secondo Jonathan Gill, ricercatore dell’università di Harper Adams: “Nel corso degli ultimi anni ci si è concentrati sull’accuratezza dell’agricoltura, ma le macchine più grandi che usiamo non sono compatibili con questo metodo di lavoro. Sono così pesanti che provocano danni al terreno”. L’utilizzo di veicoli di grandi dimensioni ha però un motivo. Sempre Gill spiega che “Il meteo può essere un problema in agricoltura anche perché  può offirre solo piccole finestre temporali per comletare il lavoro.  Lo abbiamo sperimentato con questo progetto. Proprio come in qualsiasi parte del Regno Unito, abbiamo dovuto regolare i nostri tempi di spruzzatura e raccolta a causa della pioggia. Questo fa parte del motivo per cui le macchine stanno diventando molto più grandi negli anni; dobbiamo essere in grado di completare rapidamente il lavoro. Riteniamo però che la soluzione migliore sia che in futuro gli agricoltori gestiscano flotte di veicoli più piccoli e autonomi. Questi saranno in grado di uscire e lavorare nei campi, permettendo all’agricoltore di utilizzare il proprio tempo in modo più efficace ed economico invece di dover guidare su e giù per i campi”. Dal punto di vista tecnologico le maggiori difficoltà hanno riguardato il trattore che non riusciva a mantenere la linea retta nel campo seminando in maniera irregolare In un’occasione poi, durante l’irrigazione, il mezzo è andato per conto suo e non è stato facile riprenderne il controllo come ha confessato l’agronoma Kieran Walsh. Alla fine il raccolto è stato di 4,5 tonnellate di orzo che saranno utilizzate per produrre birra a marchio Hectare Hectare. La speranza però è di ripetere l’esperimento con una coltura invernale.


L’impiego delle nuove tecnologie in agricoltura pone però anche qualche problema. A parte la classica perdita di posti di lavoro, Se da una parte l’utilizzo di sistemi intelligenti può portare alla riduzione significativa dell’uso di erbicidi, pesticidi o altri prodotti chimici, dall’altra le macchine più avanzate utilizzano software proprietari legando gli agricoltori alle aziende produttrici in modo molto forte. Per questo qualcuno ha già cercato di hackerare i trattori. In più c’è una carta carenza di manodopera e di professionalità per l’agricoltura del futuro.

 

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