Rivenditori che van per… musei

Seguono questi clienti da tempo e hanno qualcosa in più da dire. Si tratta di Jera Informatica, Seret e Seac02. Realtà italiane che propongono anche verticali ad hoc

Settembre 2005, Com’è l’umore di chi vive vendendo tecnologie
ai musei? Dai pareri raccolti il mercato starebbe attraversando un periodo
positivo, visto che tutte le realtà, anche quelle piccole, si sono
rese conto di quanto sia necessario investire in Ict e in molti casi lo
stanno facendo, anche se non tutti nello stesso modo. «Nella
maggior parte dei casi i musei scelgono di spendere in tecnologia per
un recupero di immagine e optano per progetti a medio-lungo termine, possibilmente
con soluzioni scalari»
. Questa l’esperienza di Giuseppe
Natoli
di Jera Informatica, società di consulenza, formazione
e servizi milanese. Per il settore culturale l’azienda realizza siti oppure
Cd e filmati divulgativi e scientifici da inserire nella struttura come
supporto. Il bacino di riferimento sono musei e associazioni culturali.
Un’area e un’offerta diversa rispetto a quella di Seret, azienda romana
totalmente dedita all’arte. Il core business del Gruppo è la catalogazione
automatica dei beni su piattaforma per clienti del calibro della Biblioteca
vaticana. «Se il prodotto è innovativo anche le piccole
realtà si sbilanciano e si gettano sul nuovo»
, spiega
Angelo Pianese, amministratore delegato della società.
E parla a ragion veduta, visto che l’azienda romana ha messo a punto sistemi
per la gestione dei visitatori e delle opere d’arte, usando anche dispositivi
con tecnologie "insolite" per il settore di riferimento, come
l’Rfid: «Il Tag apposto sull’opera, per esempio, permette di
trasmettere dati a un apposito lettore, la guida data all’utente, senza
necessità di collegamento fisico
– racconta Pianese -. I
dati e l’energia per alimentare il Tag sono trasmessi dal lettore mediante
onde radio a una determinata frequenza»
. Le priorità
del settore, secondo il manager, sono molteplici: oltre alla necessità
di mettere ordine nei cataloghi, trova spazio anche l’esigenza di protezione
da insidie esterne. L’impulso che spinge all’investimento in Ict sarebbe
l’interoperabilità, la necessità di instaurare un rapporto
inedito con il cliente.


Spostandoci a Torino, veniamo a contatto con una realtà dove la
sperimentazione è un aspetto primario dell’offerta. Seac02 è,
infatti, una società che propone soluzioni a chi crede che l’interattività
debba diventare una parte consistente dell’esperienza di chi visita un
museo. Questo vuol dire creare sale immersive, che permettano ai visitatori
di trovarsi, virtualmente, altrove. Oppure, più prosaicamente,
si cerca di stimolare la partecipazione attiva dello spettatore, magari
con audioguide personalizzate in base al tipo di percorso che si vuole
seguire. «La svolta – spiega Andrea Carignano,
amministratore delegato del Gruppo -, è arrivata quando l’esperienza
del museo è stata rivista per incrementarne l’affluenza. La difficoltà,
però, sta nella gestione di questo cambiamento, evitando di trasformare
un luogo di cultura in un parco giochi»
. Secondo il responsabile
torinese «l’apporto di tecnologia deve essere mediato da curatori
scientifici che possano contestualizzare queste applicazioni. Lo sviluppo
tecnologico non si improvvisa
– conclude Carignano -. E sto parlando
di clienti e fornitori»
.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome