Ritorna la questione de minimis per il vecchio bonus occupazione

La c.d. “regola del de minimis” non è applicabile al bonus occupazione per le imprese del Mezzogiorno: lo ha stabilito la Commissione tributaria regionale abruzzese. Se confermato in Cassazione, il giudicato della sentenza in commento pesarebbe come un macigno sulle casse dell’erario.

La quota aggiuntiva del bonus occupazione, previsto dalla norma a favore delle assunzioni operate nelle aree svantaggiate del Paese, non è assoggettabile alla c.d. regola del de minimis.
A stabilirlo, è stata la Ctr di Pescara con due sentenze (165/9/10 e 173/9/10), tornando su una questione che ha coinvolto ampiamente prassi e dottrina a partire dal 2005 in poi, anno nel quale, per la prima volta, la commissione di prime cure abruzzese ha stabilito l’inapplicabilità del de minimis al contributo destinato alle imprese con sede nel Mezzogiorno.
Se le conclusioni raggiunte dalla Commissione regionale abruzzese dovessero essere confermate anche nell’eventuale giudizio per Cassazione, il giudicato della sentenza in commento finirebbe per pesare come un macigno sulle casse dell’erario.

Cenni sull’incentivo
L’agevolazione di cui si discorre, introdotta nel nostro ordinamento dall’articolo 7 della legge 388/00 e rimodellata nel contesto dell’articolo 63 della legge 289/02, riconosce un bonus fiscale, spendibile in compensazione di qualsivoglia tributo suscettibile di esposizione sul modello di pagamento F24, per ogni nuova assunzione operata sul territorio nazionale con contratto di lavoro a tempo indeterminato che costituisca un incremento della base occupazionale. La determinazione dell’incremento è data dalla differenza tra il numero di lavoratori con contratto a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese ed il numero di lavoratori con analogo contratto mediamente occupati in un determinato periodo, variabile a seconda della versione applicata del bonus.
La norma – in entrambe le versioni – ha ritenuto poi opportuno che si assicurasse un credito di imposta aggiuntivo per le assunzioni poste in essere nelle zone svantaggiate del Paese.
In questi territori, tuttavia, il bonus occupazione può essere fruito – secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate – solo nei limiti dello speciale regime del de minimis. A proposito di detta quota aggiuntiva, infatti, la circolare n. 11/E/2003 stabiliva che “tale ulteriore credito d’imposta … compete secondo la disciplina ordinariamente prevista dal predetto art. 7 e rientra nel campo di applicazione della regola cd. de minimis, di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità europee 96/C68/06 (pubblicata nella Guce C68 del 6 marzo 1996)”.
Per chiarirci, lo Stato e le altre Amministrazioni Pubbliche possono erogare aiuti alle imprese solo nel limite di determinati massimali, fissati in percentuale sugli investimenti, autorizzati espressamente dalla Commissione europea. Ogni progetto di legge agevolativa deve, pertanto, essere notificato alla Commissione stessa. Fanno eccezione – oltre ad alcune categorie di aiuti esentati dalla notifica sulla base di specifici regolamenti di esenzione – gli aiuti di piccola entità, definiti dalla Ue de minimis, che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Le pubbliche autorità possono quindi erogare aiuti alle imprese di qualsiasi dimensione, in regime de minimis, senza obbligo di notifica, nel rispetto delle condizioni di cui, attualmente, al regolamento Ce della Commissione 1998/2006. Attualmente, l’importo totale massimo degli aiuti di questo tipo ottenuti da una impresa non può superare, nell’arco di tre anni, i 200.000 euro (all’epoca dell’applicazione del bonus occupazione il limite era di 100.000 euro).
Secondo le Entrate, non c’è dubbio che l’incentivo in argomento, nella parte destinata al Mezzogiorno, costituisca un Aiuto di Stato. Ricordiamo che un contributo pubblico è considerato aiuto di stato qualora:

  1. costituisca un vantaggio per l’impresa che lo riceve;
  2. costituisca un onere per lo Stato, in termini di esborso o di minore entrata;
  3. incida sullo commercio intracomunitario
  4. sia selettivo, vale a dire non sia rivolto alla totalità delle imprese, ma vi sia un elemento discriminante che può essere di tipo settoriale oppure zonale.

Le critiche alla posizione delle Entrate
Una parte della dottrina (prevalentemente Del Castello e Villani), hanno messo in dubbio sin dall’inizio dell’operatività della norma l’applicazione di detto regime al bonus aggiuntivo, rilevandone l’incongruenza rispetto alle indicazioni comunitarie stesse.
Forte di tale interpretazione, le società beneficiarie dell’agevolazione in argomento hanno presentato richiesta cartacea al Centro operativo dell’Agenzia delle Entrate di Pescara (Cop) di un maggior credito d’imposta in riferimento alle assunzioni operate in area svantaggiata. Le stesse società, infatti, erano state impossibilitate a seguire il tradizionale iter di richiesta telematica, in quanto la struttura informatica del modello Ico – utile alla richiesta dell’agevolazione – impedisce materialmente di formulare istanze che prevedano l’attribuzione del bonus aggiuntivo in misura superiore ai 100.000 euro. Tutto ciò, ovviamente, per il rispetto dell’indicato limite de minimis.
A tale richiesta cartacea, il Cop risponde di prassi negativamente, richiamandosi a quanto il Fisco ha essenzialmente sostenuto nel contesto della circolare n. 11/E/03 sul tema.
La vicenda, quindi, si trasferisce nelle aule di giustizia tributaria. Le argomentazioni prodotte in sede contenziosa sono di diversa natura e vanno, pertanto, analizzate distintamente.

1. Assenza di rinvio alla normativa de minimis nelle disposizioni dettate dall’articolo 63 della legge 289/02. Si è detto che la nuova versione del credito d’imposta è contenuta nell’articolo 63 della legge 289/02. Quanto al bonus aggiuntivo previsto per le aree in ritardo di sviluppo, quest’ultimo recita “se l’assunzione è effettuata negli ambiti territoriali di cui al comma 10 dell’articolo 7 della citata legge n. 388 del 2000, è attribuito un ulteriore contributo di 300 euro, nel limite finanziario complessivo fissato con deliberazione del Cipe in attuazione degli articoli 60 e 61 della presente legge, a valere sui fondi previsti dagli stessi articoli”. Mancherebbe, quindi, un esplicito riferimento a tutti i limiti e le condizioni espressamente formulati dal comma 10 dell’articolo 7, compreso quello all’applicazione del regime de minimis. Se, quindi, il legislatore avesse voluto riproporre il bonus con gli stessi vincoli della versione precedente, l’avrebbe certamente detto in maniera esplicita (ubi lex voluit, dixit). Anzi, il riferimento ai limiti di spesa individuati negli articoli 60 e 61 della legge medesima, sembrerebbe far intendere che nella volontà del legislatore tale limite finanziario dovesse sostituirsi a quello più generico derivante dall’applicazione del de minimis.

2. Mancato rispetto delle indicazioni prescrittive contenute nel Regolamento Ce 69/2001. Il Regolamento 69/01 della Comunità europea dispone che, quando gli Stati membri riconoscono un’agevolazione secondo la regola del de minimis, sia necessario che gli stessi informino i beneficiari sul contenuto della regola e obblighino i fruitori a rilasciare informazioni esaurienti su eventuali altri aiuti a tale titolo ricevuti nel corso del triennio. Non solo, quindi, la norma di cui all’articolo 63 ometteva completamente il riferimento al regime comunitario – come invece, in osservanza del regolamento 69/01, avrebbe dovuto fare in maniera espressa – ma nemmeno le istruzioni al modello ministeriale Ico prevedevano alcuna informazione sullo stesso né alcuna prescrizione di obblighi informativi, a carico dei beneficiari, circa gli aiuti ricevuti attraverso lo stesso regime nel corso del triennio. Ne conseguirebbe che, all’incentivo in parola non può applicarsi il de minimis, almeno nei crismi voluti dalla Comunità europea.

3. Natura dell’incentivo occupazionale. Tuttavia, la motivazione più pregnante avverso l’applicazione del regolamento del de minimis deriva dalla riflessione sul regolamento Ce 2204/02 in materia di aiuti di Stato all’occupazione. L’agevolazione di cui si discorre, infatti, costituisce una misura volta a favorire la creazione di posti di lavoro in specifiche aree territoriali, la cui applicazione deve soddisfare le condizioni recate dal predetto regolamento. La sua natura, quindi, è quella di aiuto all’occupazione, e non aiuto alle imprese (come è, del resto, evidente anche dal parterre dei soggetti beneficiari).

Le conclusioni della Ctr abruzzese
Le sentenze in commento, pertanto, ripercorrono il filone inaugurato dalla giustizia tributaria abruzzese (competente in quanto l’istanza per la concessione del bonus era inoltrata al Centro operativo dell’Agenzia delle Entrate di Pescara) a partire dal lontano 2005, rigettando la posizione espressa dalle Entrate relativamente alla parte di contributo assegnato ai datori di lavoro che incrementano la base occupazionale nelle aree depresse.
La Ctr, infatti, afferma che il credito d’imposta aggiuntivo non è da considerarsi in regime de minimis in quanto aiuto ai lavoratori e non alle imprese.
Il ragionamento è in sintesi questo: il regolamento comunitario 2204/02 si applica solo alle misure a favore dell’occupazione; tali misure possono configurarsi come aiuti alle persone più che alle imprese e, quindi, aiuti di Stato, giacché non favoriscono determinate imprese né falsano o minacciano la concorrenza. Questo stesso principio trova applicazione nella regola de minimis di cui al regolamento 69/01, in quanto la misura di importo non superiore a 100.000 euro (nel limite allora vigente) non favorisce determinate imprese ne falsa o minaccia la concorrenza. Il regolamento, infatti, non deve impedire il cumulo degli aiuti per l’assunzione di lavoratori svantaggiati. Per la creazione di posti di lavoro non è applicabile l’esenzione dall’obbligo di notifica quando l’importo cumulato superi i massimali fissati dallo stesso regolamento. Pertanto, mentre l’esenzione dall’obbligo di notifica per gli aiuti di minore importanza alle imprese trova un limite invalicabile nell’importo dell’aiuto, gli aiuti alle persone, ossia ai lavoratori svantaggiati, sono esenti dall’obbligo di notifica e non sono soggetti ad alcun limite di spesa e sono cumulabili con altri aiuti di Stato.

 

(per maggiori approfondimenti vedi Finanziamenti e credito, Novecento Media)

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