Risorse umane in bilico tra risparmio e sviluppo

Le esperienze di varie aziende italiane e internazionali nella gestione del personale in periodi di turbolenze economiche

Tempi duri per i direttori delle risorse umane, alle prese con licenziamenti, budget ridotti all’osso e pressioni dei manager. L’imperativo del risparmio colpisce tutti e allora bisogna affilare i coltelli per sopravvivere, come emerso a un recente convegno sul tema organizzato da Byte e HayGroup a Milano. Il capoluogo lombardo è al 36esimo posto al mondo per numero di collegamenti aerei, superato anche da Istanbul. L’ha ricordato Luciano Carbone di SEA Aeroporti. Perché la situazione di Malpensa, con il vuoto lasciato dalla vecchia Alitalia e la necessità di trovare piste nuove per rilanciare il trasporto aereo, è un ottimo esempio di ciò che deve affrontare chi gestisce il personale di un’azienda (pubblica o privata che sia).

Lo scorso anno, la compagnia di bandiera ha lasciato a terra il 76% dei passeggeri di Malpensa, come ha spiegato Carbone. Allora si è dovuto rivedere il piano industriale, coinvolgendo tutti i dipendenti: con due scelte possibili. Riportare Malpensa al ruolo di hub, magari con l’aiuto di Lufthansa che dal 2010 potrebbe fare dello scalo meneghino il suo primo centro fuori della Germania; o creare uno scalo internazionale con tanti vettori. Intanto SEA ha ridotto il costo del lavoro del 10%, ricorrendo in parte alla cassa integrazione (nel 40% dei casi) e per il resto con misure interne.

Qui nasce il dubbio se le risorse umane siano un semplice costo o piuttosto un investimento, soprattutto in periodi di crisi economica. Come valorizzare i propri dipendenti e, contemporaneamente, assecondare le richieste dei manager per il taglio dei costi e la razionalizzazione delle varie attività? E come conciliare il salvadanaio più snello con la crescita professionale e la formazione? Il mantra del risparmio dovrebbe toccare anche i manager: meno stipendi d’oro e meno trasferte d’affari.

Certo la congiuntura economica attuale mette un po’ di bastoni tra le ruote. Roberto Zecchino, direttore delle risorse umane di Bosch, ha citato le perdite in termini di fatturato per il suo gruppo: tra il 20 e il 30% con picchi al -50% in questi mesi di turbolenze. Allora bisogna rimanere con i piedi per terra, senza sottovalutare i cosiddetti aspetti “soft”, cioè il valore del personale. Focalizzandosi unicamente sulla riduzione dei costi, si rischia di perdere di vista il capitale umano. L’autogol è sempre in agguato: contribuire alla retrocessione aziendale per non saper gestire in modo proficuo e motivato i dipendenti.

Così Ikea ha reagito in contropiede, come ha riassunto Elisa Chioda, manager del personale di Ikea Italia. Una quota dello stipendio di ogni dipendente è legata alla soddisfazione dei clienti. Inoltre, i parametri per misurare tale soddisfazione variano nei punti vendita, secondo gli obiettivi di ciascun negozio. La ricerca di talenti e competenze professionali, quindi, va di pari passo con lo sviluppo degli aspetti economici e industriali. La diatriba tra costo e investimento per le risorse umane si può risolvere così, formando una squadra compatta e attenta a non finire in fuorigioco.

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