Diamoci ancora giusto due mesi. Per riflettere e ragionare di nuovi cambiamenti. Per iniziare un buon 2006 e magari anche per ripensare a questa Italia di cui facciamo parte. Un’Italia dove c’è molto credito, ma poco capitale. Dove contano più le relaz …
Diamoci ancora giusto due mesi. Per riflettere e ragionare di nuovi cambiamenti.
Per iniziare un buon 2006 e magari anche per ripensare a questa Italia
di cui facciamo parte. Un’Italia dove c’è molto credito, ma poco
capitale. Dove contano più le relazioni che i risultati. Prendo
a prestito questa descrizione dal direttore de Il Sole 24 Ore Ferruccio
De Bortoli giusto perché di relazioni vi voglio parlare
sostenendo una tesi ardua, forse: ovvero di ri-impostazione delle relazioni.
In maniera scientifica. In maniera lobbystica. Attenzione: lo stesso termine
deve essere riposizionato nelle nostre menti. Perché se nell’immaginario
collettivo ha ancora un valore negativo, in realtà fare lobby significa
rappresentare e difendere gli interessi delle imprese e degli imprenditori.
E io credo che le aziende di informatica debbano tornare a lavorare sul
territorio. E su questo territorio bisogna diventare rappresentativi non
solo lamentando degli interessi, ma con una buona capacità progettuale.
Fare lobby significa anche e soprattutto organizzazione delle relazioni.
Perché, come diceva John Fitzgerald Kennedy: «Un lobbysta
impiega dieci minuti e tre fogli di carta a spiegarmi l’essenza di un
problema. I miei collaboratori impiegano tre giorni e una montagna di
carta». E a questo proposito vi segnalo che presso l’Università
Lumsa di Roma (www.lumsa.it)
si sta avviando il primo master universitario in "public affair",
il che vuol dire che in quel contesto si daranno indicazioni di tecniche
di lobbying.
Ciò malgrado in Parlamento si sia impantanato un progetto di legge
per regolare le
"attività di relazione istituzionale". Perché,
comunque, il tema è delicato: ma ripeto,
va calato in un contesto ampiamente democratico come insegnano gli Stati
Uniti, dove il termine nasce con il presidente Ulysses Grant per indicare
quegli affaristi che si riunivano nella lobby, nell’atrio dell’hotel Willard
di Washington per attenderlo e chiedere "sostegno". E in Europa
si contano più di 3mila aziende che fanno lobbying. Solo a Bruxelles
sarebbero stati stimati 10mila lobbysti: questi negoziano fornendo supporti
in ordine alla produzione, all’informazione e anche all’interpretazione
e definizione delle norme. Creando anche dossier, raccogliendo dati e
statistiche. Una maniera professionale di informare. E noi cosa aspettiamo?