Rfid: consigli per i punti vendita

A Smau si è parlato dell’utilizzo delle etichette intelligenti nei negozi. L’esempio di Conad

La tecnologia Rfid può essere un alleato prezioso per migliorare la gestione
del proprio punto vendita. L’importante è avere le idee chiare sugli aspetti
critici della propria attività e non illudersi che basti apporre un tag al
prodotto per far scomparire tutti i problemi. Di questi temi si è occupato un
seminario a Smau nell’ambito di e-academy.


Se, come è stato detto, “il miglior modo di
influenzare
il consumatore è nell’attimo appena prima di pagare”
,
l’obiettivo di ogni commerciante sarà soddisfare le esigenze del cliente, nella
reperibilità dei prodotti, riducendo i tempi di attesa e migliorando il livello
del servizio, con personale informato e con prodotti che possono essere provati
ma anche restituiti. I desiderata dei commercianti si muovono in un’altra
direzione, come è ovvio: l’aumento delle vendite, la diminuzione dei costi e la
riduzione del capitale circolante. Bisogna chiarire subito, l’Rfid non è
la panacea
, ma dopo un periodo di euforia, l’interesse verso il tag a
radiofrequenza continua a essere consistente, tanto che da un sondaggio questa
soluzione viene ritenuta importante dal 20% dei negozianti.


Quello che rimane una realtà di fatto è che grazie all’Rfid è più
facile gestire l’inventario degli articoli,
con informazioni sui
prodotti, la loro tracciabilità, controllando in modo costante i furti, i resi,
gli articoli invenduti, le obsolescenze, i prodotti danneggiati. Insomma, è
possibile razionalizzare una serie di informazioni che possono migliorare la
qualità del punto vendita ottimizzando i tempi, grazie anche all’automazione dei
flussi di lavoro back office. Investimenti in Rfid ne sono stati fatti da grandi
catene, ma non mancano realtà di piccola dimensione. L’importante, per chi offre
queste soluzioni, è trovare delle “killer application”: facili da usare
e da implementare, con la possibilità di essere integrate nel sistema
informatico già esistente. A oggi l’Rfid coesiste in certi casi ancora con
il barcode, ma dovrà sganciarsi presto. Nella vita quotidiana già utilizziamo
questa tecnologia, basti pensare al Telepass.


Nei punti vendita l’obiettivo è recuperare efficienza,
monitorando il movimento degli articoli e controllando lo stato del magazzino.
Ma non è tutto così semplice, soprattutto quando il tag viene a contatto con i
clienti finali, che devono accettare questa novità, ma soprattutto non capiscono
cosa ci sia da guadagnare. Per questo l’applicazione al singolo item non è
sempre così facile da effettuare. Le categorie di prodotti per cui il tag è
altamente consigliato sono prodotti a elevato valore unitario,
a elevata obsolescenza, a rischio di furto e ad alto tasso di deperimento, ne è
un esempio la Conad, afferma il docente, dove l’Rfid è stato applicato al
settore carni. Rimane ancora molto da fare, visto che non tutti i progetti in
questa direzione sono un stati un successo: i disagi riscontrati più spesso sono
l’accuratezza non sempre ottimale nella lettura, le interferenze, senza contare
le problematiche legate alla proprietà dei dati e la privacy.

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