Reti interveicolari Una sfida per il futuro

Al via i lavori per sviluppare uno standard di comunicazione wireless fra veicoli in movimento e punti di accesso posizionati lungo le strade, con velocità massima di 200 Km orari.

In un giorno non lontano, descrivere il malfunzionamento di una rete con la frase "i dati si perdono per strada" non sarà solo un modo di dire. Questo almeno è ciò che si augurano (non proprio alla lettera!) i costruttori di auto e l’industria delle telecomunicazioni che guardano allo sviluppo delle Reti interveicolari (o Ivn, Inter-vehicular networks) con rinnovato interesse. Anche se i primi studi risalgono all’inizio degli anni 80 in Giappone, l’idea di realizzare concretamente piattaforme di comunicazione interveicolari ha ricevuto recentemente un nuovo impulso, grazie alla diffusione delle tecnologie radio e ai protocolli di accesso della famiglia Ieee 802.11. La stessa organizzazione si è affrettata a creare un nuovo gruppo di lavoro denominato Ieee 802.11p, sorto lo scorso anno e incaricato di redigere uno standard per la comunicazione interveicolare.

Comunicare "in corsa"


Ma di cosa esattamente sarebbero capaci le Ivn? Lo leggiamo nei primi documenti rilasciati dal gruppo Ieee 802.11p: "L’obiettivo del progetto è di modificare i protocolli Ieee 802.11 per supportare comunicazioni tra veicoli in movimento, o tra veicoli e punti di accesso localizzati lungo la strada, a velocità di punta di 200 Km/h, con un raggio di comunicazione fino a 1.000 metri". Se si considera che le attuali comunicazioni Wi-Fi, che pure fanno parte della stessa famiglia, perdono di efficacia appena la velocità relativa tra terminale mobile e punto di accesso supera i 10 Km/h, la sfida si presenta interessante.


L’uso delle Ivn non è tuttavia ristretto al solo raggio di comunicazione del singolo terminale, che si prevede installato sui veicoli (in futuro, anche come componente di serie). Infatti, le reti interveicolari si presentano come i candidati più accreditati a realizzare le cosiddette Manet (Mobile ad hoc networks), finora oggetto di anni di ricerche plurifinanziate, ma con scarse applicazioni concrete. Una Manet altro non è che una rete che si forma "spontaneamente" quando due o più nodi si trovano alla portata radio l’uno dell’altro, e decidono di comunicare. In questo modo, anche nodi fuori della portata radio, ma appartenenti alla stessa Manet, possono scambiarsi dati attraverso hop successivi. Non riesce difficile immaginare che in una città di medie dimensioni, in cui anche solo il 20% dei veicoli fosse equipaggiato con tecnologie di comunicazione interveicolare, singole reti Manet si formerebbero a ogni istante.

Le aree di applicazione


A questo punto, le prospettive di utilizzo che si schiudono lasciano spazio solo alla fantasia. Proviamo a ipotizzarne alcune.


• Sicurezza stradale. Veicoli che fanno parte di una Ivn possono ricevere dei messaggi di allarme da altri veicoli, anche in modalità automatica, quando sulla carreggiata è presente un ostacolo o quando si è verificato un incidente e la scarsa visibilità non consentirebbe una frenata tempestiva. In condizioni non di emergenza, tale allarme potrebbe comunque servire per scegliere percorsi alternativi che evitino lunghe code. Un segnale di cautela potrebbe essere inviato nell’abitacolo quando due veicoli si dirigono verso un incrocio cieco. L’interazione con punti di accesso ai bordi della strada potrebbe anche attivare segnali luminosi che suggeriscano maggiore prudenza.


• Gestione del traffico. Se la concentrazione di veicoli equipaggiati con tecnologie Ivn è sufficientemente elevata, l’introduzione di veri e propri semafori intelligenti farebbe svanire le snervanti attese a un incrocio in cui il flusso di auto nella direzione trasversale alla nostra fosse pressoché nullo. I semafori non dovrebbero far altro che raccogliere ed elaborare le indicazioni di distribuzione del traffico lungo le direttrici dell’incrocio e pesare in modo proporzionale i cicli rosso-verde. Inoltre, l’arrivo di veicoli di emergenza potrebbe essere rilevato in anticipo, forzando un segnale rosso su tutti i lati dell’incrocio ben prima che questo venga occupato da un’autoambulanza o da una camionetta dei pompieri.


• Informazioni per i viaggiatori. La diffusione di informazioni turistiche (ristoranti, musei, cinema…) o di servizio (ospedali, parcheggi…) nell’area attraversata dal veicolo potrebbe essere convogliata direttamente sulla Ivn, sia attraverso altri nodi della Manet, sia attraverso paline informative con interfaccia radio.


• Gestione delle flotte di veicoli pubblici o privati. Queste funzioni, oggi realizzate attraverso comunicazioni satellitari o tramite l’accesso a servizi Gsm, potrebbero beneficiare della presenza di una Ivn per tenere traccia degli spostamenti.


• Monitoraggio ambientale. La rilevazione dei livelli di monossido di carbonio o di polveri sottili in una città è oggi demandato a centraline fisse dislocate in punti diversi della città. Se i rilevatori fossero installati su veicoli in servizio pubblico (autobus e taxi) e i risultati fossero diffusi attraverso la Ivn in tempo reale, il monitoraggio si rivelerebbe più efficace.


• Infotainment e accesso a Internet. La "partecipazione" a una Manet in cui almeno un nodo sia alla portata di un punto di accesso posto lungo la strada consente a tutti i nodi di avere accesso a Internet attraverso hop successivi. Si potrebbe, quindi, ipotizzare di diffondere il segnale su autobus di linea, o su taxi, i cui passeggeri potrebbero leggere e spedire email, navigare, e scaricare musica (legalmente!) come se fossero a casa propria.


• Integrazione di applicazioni legacy. Un unico "box" potrebbe includere funzioni svolte da dispositivi diversi che oggi popolano i parabrezza delle nostre auto, come il Telepass e i telecomandi di accesso a parcheggi aziendali o privati.


Questo è, in parte, ciò che ci può riservare il futuro delle comunicazioni veicolari. Tuttavia, prima di buttare via il nostro Telepass, proviamo a esaminare quali ostacoli si frappongono alla realizzazione di reti interveicolari.

I problemi da risolvere


In primo luogo, a quali frequenze opereranno i dispositivi?


Ieee sembra orientata a posizionare la tecnologia 802.11p nella banda Dsrc (Dedicated short range communication) a cui l’ente di controllo delle comunicazioni radio americano, l’Fcc, ha allocato uno spettro di 75 MHz alla frequenza di 5.9 GHz. In Europa esistono bande "non licenziate" intorno alle frequenze di 2010-2020 MHz, e sono queste a essere state utilizzate in alcuni esperimenti pilota come CarTalk o FleetNet. Naturalmente, quello che ognuno auspica è che non si ripeta il braccio di ferro che anni fa aveva visto coinvolti 802.11 e Hiperlan: quest’ultimo, espressione dell’Etsi, ha finito per soccombere di fronte al rivale americano, arrivato prima sul mercato.


Molti sollevano poi dubbi sulla sicurezza di applicazioni che possono avere un impatto critico sulla conduzione di un autoveicolo. Un virus o un worm che si diffondesse su una Ivn non potrebbe forse avere conseguenze drammatiche se provocasse la mancata segnalazione di un pericolo o di un ostacolo? Il rischio c’è ed è legato all’artificiosa sensazione di sicurezza che una tecnologia di questo tipo potrebbe indurre nel conducente.


Un altro fattore limitativo nell’effettivo impiego di apparati per Ivn è la mancanza di garanzie di servizio legata alla natura "spontanea" delle Manet.


La connettività verso reti esterne è legata alla presenza di un numero sufficiente di nodi in grado di raggiungere, anche con più hop, un punto di accesso fisso. Con la topologia di rete in costante evoluzione, non esiste la garanzia di continuità del servizio.


Qualcuno corre ai ripari ipotizzando coperture "a ombrello" che impieghino tecnologie diverse (per esempio, 3G e 802.11p), ma questo farebbe salire i costi degli apparati che dovrebbero essere equipaggiati con interfacce di rete di natura diversa.


Infine, come in tutte le reti distribuite, è necessario affrontare il problema della privacy. Tutto il traffico destinato agli utenti finisce per attraversare altri "nodi" che sono, a loro volta, utenti del sistema. È, quindi, essenziale che meccanismi robusti di trasmissione sicura siano standardizzati e implementati prima che gli apparati raggiungano il mercato (a differenza di quanto è accaduto con le Wlan).


Le sfide per la realizzazione di reti interveicolari sono molte e si articolano su tutti i livelli dell’architettura protocollare, fino a investire la promozione di servizi e "killer application" che le rendano appetibili e giustifichino gli investimenti.


La vera sfida, però, sarà fare in modo che i guidatori, già distratti dal cellulare, non diventino anche preda dell’ossessione del Web che già li coglie seduti alla scrivania.


Non resta, dunque, che sperare che i messaggi di allarme siano forti e chiari.

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