Rete Imprese: continua a essere difficile l’accesso al credito

Anche nel terzo trimestre 2012 permane elevata la quota di imprese che non riesce a ottenere il prestito di cui ha bisogno. Addirittura raddoppiate le realtà che si sono viste rifiutare la propria domanda di credito. Le più in difficoltà sono le ditte individuali.

Si fa
sempre più difficile l’accesso
al credito
per le piccole e medie imprese. Rete Imprese Italia, con la
collaborazione di Artigiancassa (Gruppo BNP Paribas) ha diffuso i risultati dell’Osservatorio nazionale sul credito delle Pmi relativi
al terzo trimestre 2012
. Rispetto al trimestre precedente, la percentuale
delle piccole imprese che
si è rivolta alle banche per richiedere un nuovo prestito o la rinegoziazione di un
prestito preesistente è scesa (15,4% rispetto a 21,7%). Tale dinamica
trova conferma anche nel caso delle imprese artigiane (13,1% rispetto a 19,2%).

Inoltre, il
30,8% delle piccole imprese ha ottenuto un ammontare pari o superiore rispetto a
quello richiesto, contro il 36,5% del trimestre precedente. Il 13,7% ha ottenuto un ammontare
inferiore rispetto a quello richiesto, contro il precedente 25,3%. Il 22,1% (rispetto al precedente 11,1%) ha visto rifiutata la propria domanda di
credito.

Dopo diversi trimestri inizia anche
a ridursi la cosiddetta “area
di
irrigidimento” (credit crunch),
costituita dalla somma delle imprese che si sono viste accordare un credito inferiore, rispetto a quello richiesto, e da quelle alle quali il credito è stato rifiutato. Nel 3° trimestre 2012 l’area del credit crunch ha interessato il 35,8% delle piccole imprese, contro il
36,4% del 2° trimestre. Tale area è più ampia nelle regioni
del Centro e del
Mezzogiorno
.

La cosiddetta “area di stabilità”, costituita dalle imprese che hanno visto accogliere la propria domanda di credito secondo un ammontare pari o superiore alla richiesta, caratterizza le regioni del Nord
(in
particolare quelle del Nord Ovest), in misura circa cinque volte superiore
alla media del
Centro, Sud e Isole.

In termini di finalità della richiesta del finanziamento, si osserva una generalizzata crescita delle esigenze di liquidità e
cassa da un lato e di ristrutturazione del debito dall’altro, a scapito delle
esigenze di investimento. Gli interventi creditizi sono pertanto
finalizzati principalmente a
consentire la semplice e ordinaria gestione delle attività.

Al 30 giugno 2012, i prestiti bancari ai settori
produttivi domestici erano pari a 978.492 milioni di euro, in diminuzione del
2,5% su base annua
(-
24.925 milioni di
euro), con una leggera crescita
del
peso dei prestiti a
medio/lungo termine
a discapito di quelli a breve termine. Il 14,9% dei suddetti
prestiti bancari è in favore delle imprese del “Commercio” ed il 6,1% di quelle del “Turismo”. Aggiungendo a tali percentuali la quota delle
imprese
artigiane che
non rientrano nei settori già considerati, pari al 4,1%, si raggiunge il 25,1%, rappresentativo della
quota
complessiva dei prestiti bancari a
favore delle
imprese riconducibili a Rete Imprese Italia, pari a
circa la metà del
contributo che tali imprese apportano al
valore aggiunto ed all’occupazione.

E’ conseguentemente peggiorata la capacità degli operatori di fare fronte al proprio fabbisogno finanziario, ossia sono aumentate le imprese in difficoltà nell’effettuare i propri pagamenti (-41% dal -33,7% del 2° trimestre). In particolare, sono le ditte individuali a manifestare le
maggiori difficoltà
, ma anche le altre tipologie d’impresa hanno fatto registrare un significativo
deterioramento. In questo quadro, le imprese del
Nord Ovest presentano la situazione migliore, come pure quelle dell’Italia Centrale. Dall’analisi settoriale emergono in forte sofferenza le imprese del settore del turismo e quelle manifatturiere, mentre segnali di recupero si osservano nel
comparto delle imprese dei
servizi
e in
misura inferiore
in quello delle costruzioni.

Resta inoltre negativo nel terzo
trimestre il clima di fiducia delle micro e piccole imprese,
che non prevedono
alcun miglioramento nell’economia italiana, rilevando peraltro un ulteriore
peggioramento dell’andamento della propria azienda nel medesimo periodo.

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