Red Hat: vogliamo un canale per le Pmi

A colloquio con Federico Musto, managing director di Red Hat. L’azienda è alla ricerca di nuove partnership per operare in modo più sistematico e strutturato verso le piccole e medie imprese

In occasione del lancio di Red Hat Enterprise Server e di Strnghold
Enterprise, le nuove soluzioni Red Hat destinate per l’appunto
al mondo Enterprise, abbiamo la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con
Federico Musto, managing director South Europe della società,
cercando di capire come si gioca sia a livello mondiale sia a livello locale la
competition con gli altri player del mondo Linux, da Mandrake a SuSe a Debian.
Ma Musto ferma subito la domanda con un intervento deciso:


SuSe, Mandrake, Debian non sono nostri concorrenti, ma partner per lo
sviluppo dell’open source. In questa fase tutti noi stiamo lavorando a un
medesimo obiettivo: convincere le aziende che migrare non solo è possibile ma
conviene. Per tutti noi della community open source i concorrenti sono Windows
2000 e Solaris ed è in questa direzione che stiamo lavorando tutti, spesso anche
collaborando. Poi, è chiaro, ognuno di noi ha un approccio diverso al mercato e
viene accolto in modo diverso anche in base al mercato sul quale opera. Tanto
per fare degli esempi, a parte l’evidente diffusione di SuSe in Germania, in
Francia sono molto riconosciuti Mandrake e Debian, così come Mandrake ha una
buona penetrazione in Italia. Red Hat, per gli stessi motivi di SuSe, è invece
ben posizionata negli Stati Uniti.


Ma in questo momento, sia che vogliate definirvi partner, sia che
vogliate definirvi competitor,anche in Italia tutti state puntando al medesimo
mercato, che è quello delle aziende. Come si è strutturata Red Hat per farlo?

In Italia Red Hat ha una struttura di 30 persone che operano sulle tre
sedi di Milano, Roma e Padova. Devo dire che nell’ultimo anno è cresciuta molto
l’attività di consulenza e di servizi, per non parlare del training che
eroghiamo sia direttamente con attività in house, sia in collaborazione con
partner del calibro di Ibm.


Quello delle partnership sembra essere un tasto strategico per chi opera
nell’open source. È la stessa cosa anche per voi?

Senza dubbio. Sulle
grandi aziende operiamo con partner quali Ibm o Getronics. Abbiamo poi forti
collaborazioni di tipo tecnologico-strategico con aziende quali Siemens, o
ancora partnership simili a quella recentemente annunciata con Ericsson, Sony e
Nokia nell’area wireless. Non bisogna poi dimenticare le partnership con alcuni
distributori, quali Italsel, Cdc Point o J.Soft che fungono da logistic partner
in particolare per l’area retail.


E per quanto riguarda le piccole e medie imprese?
Questo è il
tasto dolente. In effetti è la specificità italiana che rende necessario lo
sviluppo di in canale indiretto, che negli Stati Uniti ad esempio non c’è. Ma se
vogliamo operare sulle piccole e medie aziende abbiamo la necessità di creare un
canale che lavori con loro. In questo momento ci siamo limitati ad alcuni
accordi con degli Isv, quali ad esempio Zucchetti, che distribuisce il suo
gestionale con Red Hat. Questa attività ci consente di entrare in contatto con
il canale dei partner di Zucchetti, iniziando una collaborazione con questo tipo
di aziende. Ma quello che manca ancora è un approccio un po’ più strutturato.


Come pensate di raggiungerlo?
In primo luogo inserendo una nuova
figura professionale all’interno dell’azienda. Stiamo cercando un channel
developer, una persona che per l’appunto si occupi di costruire, sviluppare e
seguire il canale. Poi sarà il momento di lavorare in modo più sistematico con
le terze parti interessate e interessanti per noi, con le quali sviluppare sia
il business sia il mercato.

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