Quando sì, significa no

Guida alle trattative d’affari nella Cina di oggi

Un buon traduttore, innanzitutto. Che capisca al volo le sottigliezze di una risposta elaborata da un manager cinese. Perché la pragmaticità che contraddistingue il business cinese non prescinde mai, anche se si parla delle generazioni più giovani, da una sorta di filosofia Zen. Per cui il sì spesso non è l’ultima parola, ma solo l’incipit per dare avvio a un contatto di affari. Ma attenzione: da questo sì, alla firma potrebbero passare mesi, se non anni.

E poi andrebbero evitati con cura emissari e manager astemi. O schifiltosi. Chi tratta affari in Cina dovrebbe saper bere e saper sopportare bene l’alcool (il Maotai deve essere una bomba e molti sono i trucchi escogitati per evitarlo). Perché se è vero che in Italia gli affari si fanno al ristorante, pare che l’abitudine sia quasi esasperata in Cina dove i colloqui di business (spesso estenuanti) si svolgano per lo più presso gli hotel a cinque stelle per poi finire a cena. Magari in un Karaoke bar. Inutile, però, sperare in piatti “continental”. Piuttosto, conviene avere uno stomaco che apprezza eventuali portate esotiche condite, magari, con scorpioni fritti. Lo dice a chiare lettere Laurence J. Brahm nel suo divertente libro “Quando sì, significa no” che abbiamo voluto leggere incuriositi dal sottotitolo: Guida alle trattative d’affari nella Cina di oggi. Brahm, che vive a Pechino da più di vent’anni, si è permesso di scrivere un libro dall’alto della sua esperienza di avvocato e di esperto di politica economica. Ma non inventa nulla. Piuttosto prende sul serio due testi cinesi: “L’arte della guerra”, scritto duemila anni fa, e le “Trentasei strategie” (una raccolta di aforismi che riassume 36 esempi di abilità strategica). Pare che questi due libri siano ancora studiati e facciano parte del sapere comune. Perché le trattative in Cina sono lunghe (il contrario vi deve insospettire), estenuanti e non dissimili da tattiche di guerriglie.

Così Brahm consiglia: la prima regola da seguire è lasciare a casa il proprio avvocato. E la seconda è buttare dalla finestra i testi sacri studiati al master in business administration. In caso poi di problemi dimenticatevi di poter ricorrere a un tribunale. O meglio: se volete rimanere in Cina a fare affari ricorrete a un arbitrato, fatto di poche sottigliezze legali. Ma se ve li fate amici… la storia cambia. Qui l’amicizia ha un valore supremo. E ci sta che sempre al karaoke bar vi sia svelato il perché di un problema. Che prima di non vi sareste mai immaginati.

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