Puntare sulle metodologie e non sulle tecnologie per la formazione su pc

Analisi dei bisogni, progettazione, erogazione e valutazione sono le quattro fasi del processo di training che le aziende devono attentamente definire prima di scegliere un corso da seguire su personal. Il nostro Paese è ancora penalizzato dalla carenza di contenuti sviluppati in italiano.

 


Secondo le ultime ricerche, in Italia il 60% di tutte le attività formative aziendali avviene in modalità self service, attraverso la condivisione di contenuti differenziati come file in PowerPoint, Pdf, Html, Word o Excel. I dati rilevano che sul totale delle ore di formazione impartite dalle aziende durante l’anno 2002, in media il 47% è stato prodotto internamente, utilizzando personale che aveva maturato una certa esperienza all’interno dell’azienda in aree di business fondamentali (Fonte Asfor). Anche le aziende italiane, dunque, hanno ricominciato a credere nella formazione come asset di crescita e sviluppo. In questo contesto, l’e-learning ha giocato un duplice ruolo, come elemento di innovazione e di evangelizzazione. Più che di e-learning, però, gli operatori del settore preferiscono parlare di Technology based training (Tbt), ovvero di formazione mediata dalle tecnologie.


"Non ci sono approcci totalitari alla formazione – spiega Marco Cassi, direttore generale di Academy365 – quanto, piuttosto, approcci evoluti. L’e-learning è, ormai, parte integrante di un sistema didattico che comprende l’esperienza tradizionale in aula, il training on-the-job, il knowledge management, l’esperienza individuale e sul campo, il tutoring, i sistemi di performance support e l’online nelle due versioni di erogazione: sincrona o asincrona. La missione di chi si occupa di formazione, oggi, è di integrare esperienze e contributi di alto livello da ognuno di questi sottosistemi, certificando i percorsi formativi".


Oggi siamo in una fase di seconda generazione rispetto al discorso e-learning ed esistono nuovi standard e nuovi modelli di business tra i vari player. Rispetto al passato, per esempio, gli editori piuttosto che sviluppare di tutto, preferiscono mettere in sinergia i propri archivi di informazioni dando vita a una sorta di brokeraggio dei contenuti: ognuno offre la propria specializzazione su campi specifici, garantendo la qualità dell’offerta. D’altro canto, esistono fornitori di piattaforme che propongono diverse soluzioni tecnologiche per l’erogazione del servizio on-site o in forma esternalizzata. In futuro si assisterà a una rivoluzione architetturale su ciò che sarà la distribuzione informativa. Esisterà, infatti, uno scenario distribuito di servizi erogati attraverso un sistema interoperabile e accessibile da diverse sorgenti: content management, Kms, testing, Lms, Crm, Hr e Erp. Knowledge, learning, publishing: la triade oggi si focalizza su focus differenti ma si stanno affermando piattaforme standard di contenuti interoperabili.

La formazione come processo


Oggi il Tbt viene declinato su piattaforme ad hoc diversificate: learning management system, Cd-Rom, mobile e via dicendo. Anche in Italia abbiamo ormai a disposizione esperienze, tecnologie e strumenti che ci permettono di costruire sistemi di apprendimento capaci di integrare in maniera mirata e flessibile soluzioni tradizionali e quelle a distanza. Per affrontare l’e-learning in modo corretto, consigliano gli esperti, occorre puntare sulle metodologie più che sulle tecnologie. Non a caso, il trend si sta indirizzando verso piattaforme di learning content management system (Lcms), che permettono di utilizzare il pc per valutare le proprie competenze, consultare l’offerta formativa, inoltrare le iscrizioni ai corsi, fruire di contenuti online, richiedere il supporto del tutor. Anche in questo caso, l’efficacia al positivo si ha solo se dietro c’è un’attenzione verso tutte e quattro le fasi del processo formativo: analisi dei bisogni, progettazione, erogazione e valutazione. Presidiare ciascuna fase in tutte le sue singole componenti distintive è quindi un elemento indispensabile per ottenere risultati finali soddisfacenti, ma soprattutto funzionali perché consente, per esempio, di individuare quali competenze veicolare attraverso la rete e quali affidare all’aula; di integrare i sistemi di e-learning a sistemi di knowledge management in grado di tenere aggiornati i contenuti e di individuare quelli che servono quando servono; di preparare tutor ed esperti online che sappiano accompagnare e supportare i processi di apprendimento che avvengono in rete; infine, di valutare correttamente quanto i corsisti abbiano effettivamente imparato.

Il cost-saving, fattore trainante


Esiste una correlazione tra dimensione dell’impresa e valore attribuito alla formazione: secondo le ultime indagini, i fabbisogni percepiti sono per oltre il 60% relativi alle skill manageriali (comunicazione, Hr, organizzazione, strategia), che richiedono la massima "richness" del media usato per la comunicazione. Tre imprese su quattro si affermano certe che l’Ftb avrà sempre più spazio nei loro piani di formazione, ma nei settori industriali più maturi la percentuale è ancora più elevata, probabilmente perché è vista come una possibilità di cost-saving. "Le aziende sono sedotte dall’abbassamento del costo unitario del corso per singolo addetto – commenta Luigi Serio, consulente Istud -, ma tutte le derive di outsourcing devono essere tenute presenti: i veri costi sono il servizio e la manutenzione del sistema". Rispetto all’e-learning esiste ancora molta confusione: sul mercato c’è di tutto ma è indubbio che il driver è soprattutto tecnologico, e i formatori, spesso, sono disturbati dai protocolli. I limiti dell’e-learning sono condizionati dalla disponibilità di banda ed è assurdo che si debba gestire la formazione in base alle possibilità degli strumenti.


"L’importante è che il management possieda e sappia diffondere una vision dell’e-learning – sostiene Federico Fantacone, responsabile master e-learning management di Elea – se un progetto e-learning è basato su una chiara visione, si eviteranno illusioni e fallimenti. L’e-learning manager sa che l’e-learning non è modernizzazione dei processi formativi e qualcosa da fare perché tutti lo fanno. Non è un modo di ridurre drasticamente i costi della formazione tradizionale: all’inizio, il costo è elevato, non tanto per gli investimenti relativi alla piattaforma quanto per la conseguente e necessaria reingegnerizzazione". L’avvertimento è semplice: l’e-learning ha senso solo se legato alle strategie aziendali. Le organizzazioni devono trovare la propria specifica e originale via all’e-learning dove il "path-finder" è proprio l’e-learning manager o chi ne fa le veci.

Strategia della conoscenza


Un esempio? In un’azienda commerciale o in una fase di forte sviluppo d’offerta, l’e-learning è strategico in quanto strumento di accelerazione del time-to-competence (Ttc) perché consente di ridurre il tempo di formazione ai nuovi prodotti della forza commerciale e quindi di portare i prodotti sul mercato più velocemente dei concorrenti. In questo modo il Ttc rappresenta il contributo dell’e-learning al time-to-market.


"L’e-learning manager sa definire il contributo distintivo dell’e-learning alla competitività dell’organizzazione – prosegue Fantacone -. Infine, vede l’e-learning, e in generale la formazione, in un’ottica di knowledge management, come un elemento del processo di gestione strategica della conoscenza attraverso la generazione di varietà di know-how, la selezione della conoscenza, la sua oggettivazione, ovvero la sua traduzione in learning object, nonché una sua diffusione selezionata all’interno dell’organizzazione".


L’e-learning o la formazione tecnology based (Ftb) che dir si voglia, consente alla formazione in generale di essere un elemento-cardine di questo processo nelle fasi diffusione e in quella di generazione di varietà: adottando la filosofia e gli strumenti del lavoro cooperativo, infatti, consente alla comunità di sviluppare nuova conoscenza, anziché essere limitato alla trasmissione di conoscenze già codificate dall’esterno. Sulla base della vision, l’e-learning manager disegna e sviluppa progetti di e-learning consistenti, incorporando il ruolo e le competenze del progettista online, su cui non è necessario ulteriormente soffermarsi. Infine, gestisce il sistema, sapendo governare le variabili tecnologiche, metodologiche, culturali, di erogazione dei servizi.


Dal punto di vista didattico, i contenuti e le modalità formative devono essere di qualità, certificati, personalizzabili, attraverso servizi online di tutoring, expertising, community, feed back quantitativi e qualitativi dei risultati, con sessioni integrative in aula. Il grosso problema per il nostro Paese è che risente di una grossa carenza di contenuti sviluppati in italiano. Un errore da evitare è quello di confondere aree e unità tematiche elementari che si possono mixare con i protocolli delle piattaforme di management system.


Un altro è quello di non sopravvalutare il mezzo: l’Ftb non è certo la "soluzione" ai problemi della formazione, anche perché a tutti gli operatori è noto il paradosso per cui qualsiasi formazione non colpisce mai nel segno. Rimane indubbio, però, che questo sistema annoveri diversi fattori di successo. Oltre a consentire l’accesso all’istruzione a tutti coloro che, per una ragione o per l’altra, non possono frequentare un tradizionale iter scolastico, grazie ai software di ricerca di ultima generazione permette un accesso facile e pressoché illimitato a informazioni specializzate quasi in tempo reale. Soltanto l’insegnamento online, infatti, offre la possibilità di creare istantaneamente una comunità virtuale di persone che condividono gli stessi interessi, senza vincoli spaziali e temporali.

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