Proventi esclusi dal reddito di lavoro dipendente

Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in
genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di
erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.
Non
concorrono
a formare il reddito di lavoro dipendente i contributi
previdenziali e assistenziali, le erogazioni liberali e i sussidi concessi in
determinate circostanze, il vitto, mense e relative indennità sostitutive, i
servizi di trasporto collettivo, i compensi reversibili, le opere e i servizi
con finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e
sanitaria o culto, le somme concesse dal datore di lavoro per frequenza di asili
nido, colonie climatiche e borse di studio, le azioni offerte alla generalità
dei dipendenti o a categorie di dipendenti o a singoli dipendenti, le somme
trattenute al dipendente per oneri detraibili e spese sanitarie, le mance
percepite dagli impiegati tecnici delle sale da gioco, i bonus pensioni, i
personal computer nuovi ceduti a prezzo di acquisto ai dipendenti.


Ma vediamo un po’ più in dettaglio i punti precedenti.
A)
CONTRIBUTI PREVIDENZIALI E ASSISTENZIALI –
Non concorrono a formare il
reddito di lavoro dipendente senza limite di importo i contributi previdenziali
e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a
disposizioni di legge, e i contributi di assistenza sanitaria
versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi
esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di
accordo o di regolamento aziendale per un importo non superiore complessivamente
a € 3.615,20 per il 2003 e per il 2004 (art. 51, c. 2, lett. a del t.u.i.r.;
art. 3, c. 118, L. n. 350/2003). Per il 2005 tale limite ammonta a € 3.615,20
(art. 51, c. 2, lett. a. del t.u.i.r.; Legge Finanziaria 2005). Gli eventuali
contributi versati in eccedenza rispetto al limite di €
3.615,20 concorrono a formare il reddito per la stessa eccedenza.


Tali contributi non concorrono a formare il reddito del lavoratore dipendente
anche se sono versati in favore di familiari (anche non a carico) del
dipendente
, sempreché siano versati ad enti o casse aventi
esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di
accordo o di regolamento aziendale (circ. 12.6.2002, n. 50/E).
Ai fini
dell’esclusione dal reddito dei contributi in esame, non rileva il fatto che il
versamento sia effettuato dal datore di lavoro e dal lavoratore o da uno solo di
questi (circ. 23.12.1997, n. 326/E).


Versamenti facoltativi
Nell’ipotesi in cui i versamenti
a Casse di assistenza sanitaria siano effettuati per mera facoltà del
contribuente, questi concorrono a formare il suo reddito imponibile, ma le spese
sanitarie sostenute sono detraibili nella misura e con i limiti stabiliti per le
detrazioni (vedi circ. 12.5.2000, n. 95/E).


Contributi per assistenza sanitaria versati al Fasi

(Fondo di assistenza sanitaria integrativa)
I
contributi per assistenza sanitaria in favore del Fasi, sono versati dalle
imprese industriali per i dirigenti in servizio e per quelli in pensione, nonché
dagli iscritti al Fasi.
Le aziende industriali versano i contributi per i
dirigenti in servizio iscritti al fondo e sono altresì tenute a versare un
contributo per il finanziamento della gestione dei dirigenti pensionati
ragguagliato al numero dei dirigenti in servizio, indipendentemente dalla stessa
circostanza che i propri dirigenti pensionati abbiano richiesto ed ottenuto
l’iscrizione al Fasi.
I contributi per i pensionati, benché versati in
relazione al numero dei dirigenti in servizio, devono essere tenuti distinti da
quelli relativi a questi ultimi e il loro importo non rileva ai fini della
verifica del limite complessivo (di cui all’art. 51, c. 2, lett. a del t.u.i.r.)
relativo al dirigente in servizio (circ. 4.3.1999, n. 55/E).
I dirigenti
pensionati, a differenza di quelli in servizio, non possono dedurre dal loro
reddito complessivo i contributi versati al Fasi, tanto quelli a loro carico,
quanto quelli a carico delle aziende. Gli Gli stessi contributi, inoltre, non
concorrono a formare il reddito complessivo del dirigente in pensione (ris.
28.5.2004, n. 78).


Contributi versati dall’ex datore di lavoro
Il
versamento dei contributi per i dirigenti in pensione al fondo di assistenza
sanitaria è comunque collegato al rapporto di lavoro instaurato tra l’ex
dipendente e il datore di lavoro, in quanto l’obbligo del versamento dei
relativi importi sorge sia per i pensionati che per i dipendenti in servizio da
disposizioni contrattuali e accordi aziendali ed avviene in conformità agli
stessi. Nell’ipotesi in cui l’ex datore di lavoro versi per il dipendente in
pensione alla Cassa di assistenza sanitaria un importo superiore al limite
previsto dall’art. 51, c. 2, lett. a del t.u.i.r., tale maggiore importo versato
dovrà essere comunicato all’ente pensionistico al fine di consentirne
l’assoggettamento a tassazione in capo al pensionato unitamente al reddito
derivante dal trattamento pensionistico.
Diversamente, qualora i contributi
versati al fondo complessivamente considerati (sia la quota versata dall’azienda
che quella a carico del lavoratore pensionato) non eccedano il limite stabilito
dalla norma, l’intero importo non concorre alla formazione del reddito del
pensionato (ris. 23.5.2003, n. 114/E).


Contributi a fondi pensione – Sono deducibili dal reddito
complessivo i contributi versati alle forme pensionistiche complementari (non
sono equiparabili ai contributi le quote associative versate ai fondi pensione:
ris. 25.7.2005, n. 96) e i contributi e premi versati alle forme pensionistiche
individuali, previste dal D.Lgs. n. 124/1993, per un importo non superiore al
12% del reddito complessivo e comunque non superiore a
€ 5.164,57 (art. 10, c. 1, lett. e-bis del t.u.i.r.; circ.
20.3.2001, n. 29/E).
Se alla formazione del reddito complessivo concorrono
redditi di lavoro dipendente compete la deduzione:
A) dal
reddito di lavoro dipendente per un importo complessivamente non superiore
al doppio della quota di Tfr destinata alle forme
pensionistiche collettive istituite ai sensi del D.Lgs. n. 124/1993 e b) la
deduzione dell’eccedenza dal reddito complessivo, entro i predetti limiti del
12% del reddito complessivo e di € 5.164,57.


Esempio reddito complessivo = euro 28.650 (di cui euro
26.000 di lavoro dipendente e euro 2.650 di altri redditi)
importo dei
contributi complessivamente versati = euro 3.650,25 limite percentuale: 12% di
euro 28.650 = euro 3.438
limite massimo = euro 5.164,57
importo doppio
del Tfr destinato al fondo = euro 3.080
importo dei contributi deducibili =
euro 3.438, di cui euro 3.080 dedotti dal reddito di lavoro dipendente (in
quanto importo non superiore al doppio del Tfr destinato al fondo) e 358 dagli
altri redditi.


Il limite relativo al Tfr non si applica:
– nel caso in cui la fonte
istitutiva sia costituita unicamente da accordi tra lavoratori;
– quando non
sia istituita per il lavoratore alcuna forma pensionistica collettiva (o le
forme pensionistiche collettive istituite non siano operanti dopo due anni);

– ai soggetti iscritti entro il 28 aprile 1993 alle forme pensionistiche
complementari che risultano istituite al 15 novembre 1992 (data di entrata in
vigore della L. n. 421/1992), c.d. “vecchi iscritti ai vecchi fondi”;
– in
caso di contributi a favore di persone a carico.
Ai fini del computo del
predetto limite di € 5.164,57 si tiene conto: – delle quote
accantonate dal datore di lavoro ai fondi di previdenza di cui all’art. 105, c.
1 del t.u.i.r.;
– dei contributi versati ai sensi dell’art. 2, L. n.
335/1995, eccedenti il massimale contributivo stabilito dal D. Lgs. n. 579/1995
(per il 2005 euro 84.049).
Per le persone che sono fiscalmente a carico di
altri soggetti non si tiene conto del predetto limite percentuale, nonché, nei
riguardi del soggetto di cui sono a carico, della condizione di destinazione
delle quote di Tfr alle forme pensionistiche complementari.
Qualora il
dipendente non aderisca al fondo negoziale, pur ricorrendo i predetti
presupposti, il limite del 12% deve essere calcolato sul reddito complessivo,
tenendo conto anche del reddito di lavoro dipendente, ma l’ammontare massimo del
contributo va dedotto dal reddito complessivo al netto del reddito di lavoro
dipendente.
In simili circostanze, quindi, è possibile portare in deduzione
i contributi in esame solamente dai redditi diversi da quelli da lavoro
dipendente, nel limite massimo dei predetti redditi.


Esempio reddito complessivo = euro 28.650 (di cui euro
26.000 di lavoro dipendente e euro 2.650 di altri redditi)
importo dei
contributi complessivamente versati = euro 3.650,25 limite percentuale: 12% di
euro 28.650 = euro 3.438
importo dei contributi deducibili = euro 2.650
(riferibile al solo reddito eccedente quello di lavoro dipendente)
In tale
caso la differenza tra i contributi potenzialmente deducibili (euro 3.438) e
quelli dedotti (euro 2.650), pari a euro 788, viene persa dal lavoratore.



B) EROGAZIONI LIBERALI E SUSSIDI – Non concorrono a
formare il reddito di lavoro dipendente (art. 51, c. 2, lett. b del
t.u.i.r.):
– le erogazioni liberali concesse in occasione di
festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di
dipendenti per un importo non superiore nel periodo d’imposta a
258,23
. Le erogazioni superiori a tale limite sono assoggettate a
tassazione limitatamente all’eccedenza. Il suddetto limite non va ragguagliato
ad anno nel caso di rapporto di lavoro inferiore ai 12 mesi.


L’espressione “festività o ricorrenze” deve intendersi nel senso più ampio
possibile, e, quindi, comprensivo di tutte quelle situazioni in cui
oggettivamente si è soliti celebrare lietamente un evento. Rientrano, pertanto,
in questa previsione non soltanto le festività religiose e civili e le
ricorrenze in senso proprio, ma anche le festività del dipendente e quelle
dell’azienda, quali il cinquantenario dell’azienda, il raggiungimento di una
particolare anzianità, l’apertura di una nuova sede, la fusione con un’altra
società, i premi fedeltà ed anche il matrimonio o la nascita di un figlio,
sempreché analogo comportamento il datore di lavoro assuma nei confronti di
tutti i dipendenti o categorie di dipendenti che si trovano nella stessa
situazione e, quindi, ad esempio, nei casi in cui il datore di lavoro è solito
fare un regalo a tutti i dipendenti che si sposano o a tutti quelli ai quali
nasce un figlio (circ. 23.12.1997, n. 326/E);
– i sussidi occasionali
concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o
familiari
del dipendente.
Per “rilevanti” esigenze
personali o familiari devono ritenersi quegli eventi che, in relazione alla
situazione del soggetto o al fatto oggettivamente considerato, possono ritenersi
importanti e, quindi, tali da indurre il datore di lavoro, spontaneamente o a
seguito di richiesta del dipendente, a concedere un sussidio del tutto
occasionale, il cui importo, pur non avendo un tetto massimo di esenzione
imposto dalla legge, sia coerente con l’entità dell’evento e con le condizioni
economiche dei soggetti interessati (datore e dipendente). A titolo di esempio,
si può pensare che il datore di lavoro conceda un sussidio per far fronte alle
spese sostenute in occasione di un lutto del dipendente, di una malattia del
dipendente o di un familiare che richieda cure molto costose, a seguito della
perdita della casa o di tutto il mobilio per un evento eccezionale naturale o
meno (incendio, furto, alluvione o terremoto, ecc.), in funzione del
sostenimento di considerevoli spese per la nascita di un figlio (circ.
23.12.1997, n. 326/E);
– i sussidi corrisposti a dipendenti
vittime dell’usura ai sensi della L. n. 108/1996 o ammessi a
fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto
opposto a richieste estorsive ai sensi del D.L. n. 419/1991,
convertito in L. n. 172/1992.


Generalità o categorie di dipendenti
Quando il
legislatore richiede che determinati atti siano posti in essere nei confronti
della generalità dei dipendenti o di categorie di essi, tale condizione viene
soddisfatta quando il datore di lavoro prevede la possibilità di compiere tale
atto (ad esempio l’erogazione liberale) in favore di tutti i dipendenti o di
alcune categorie (distinti ad esempio per forme contrattuali, per diversa
articolazione di orario di lavoro, per funzioni), a prescindere dal fatto che
tutti i dipendenti potenzialmente beneficiari se ne avvalgano effettivamente.

Tale previsione vale anche per i collaboratori coordinati e continuativi, o
per categorie di essi, anche qualora l’erogazione sia prevista solo per costoro
(circ. 6.7.2001, n. 67/E).


 


C) VITTO, MENSE e relative indennità sostitutive – Non
concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente (art. 51, c. 2, lett. c del
t.u.i.r.):
– le somministrazioni di vitto da parte del
datore di lavoro (pasti consumati da camerieri di un ristorante, fornitura di
cestini preconfezionati per i propri dipendenti, pasti forniti ai lavoratori
imbarcati su navi o aerei),
– quelle in mense organizzate
direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi (incluse le convenzioni con
ristoranti);
– le prestazioni sostitutive di mensa (ad
esempio ticket restaurant) fino all’importo complessivo giornaliero di € 5,29 e
le indennità sostitutive di mensa, fino all’importo complessivo
giornaliero di € 5,29, corrisposte agli addetti ai cantieri edili e ad altre
strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in
zone dove manchino strutture e servizi di ristorazione.


Il limite di € 5,29 deve intendersi al netto dei contributi previdenziali e
assistenziali versati in conformità a disposizioni di legge e delle somme
eventualmente poste a carico del lavoratore dipendente (circ. 7.2.1997, n.
29/E).


Sia per i ticket restaurant che per l’indennità sostitutiva di mensa la
fruizione di una pausa per il vitto costituisce condizione necessaria ai fini
dell’applicabilità della norma che esclude la concorrenza al reddito di lavoro
dipendente del buono pasto. Ove l’orario di lavoro non preveda la fruizione
della pausa pranzo, i ticket restaurant e l’indennità sostitutiva concorreranno
alla determinazione del reddito di lavoro dipendente (e della base imponibile
contributiva), al pari degli altri compensi in natura percepiti (ris.
15.12.2004, n. 153/E).


Ticket restaurant
Occorre precisare che nei ticket
restaurant (per i quali ai fini dell’esclusione si fa riferimento al valore
nominale) deve essere individuabile un collegamento fra i tagliandi ed il tipo
di prestazione cui danno diritto; i tagliandi devono recare sul retro la
precisazione che non possono essere cedibili, né cumulabili, né commerciabili e
né convertibili in denaro; gli stessi, quindi, dovranno consentire soltanto
l’espletamento della prestazione sostitutiva nei confronti dei dipendenti che ne
hanno diritto ed essere debitamente datati e sottoscritti.


Servizi sostitutivi di mensa
Per servizi sostitutivi di
mensa resi a mezzo buoni pasto devono intendersi le somministrazioni di alimenti
e bevande effettuate dai pubblici esercizi, nonché le cessioni di prodotti di
gastronomia pronti per il consumo immediato, effettuate da mense aziendali,
interaziendali, rosticcerie e gastronomie artigianali, pubblici esercizi e dagli
esercizi commerciali muniti di autorizzazione per la produzione, la preparazione
e vendita di generi alimentari, anche su area pubblica e operate dietro commessa
di imprese che forniscono servizi sostitutivi di mensa aziendale (art. 4, L. n.
77/1997; D.M. lavoro e previdenza sociale 3.3.1994; circ. 23.12.1997, n. 326/E)


Sistemi di somministrazione di vitto
Il datore di lavoro
è libero di scegliere la modalità che ritiene per la somministrazione del vitto
in funzione delle proprie esigenze organizzative e dell’attività svolta, sino a
potere prevedere più sistemi contemporaneamente. Ad esempio, può istituire il
servizio di mensa per una categoria di dipendenti, il sistema dei ticket
restaurant per un’altra categoria e provvedere all’erogazione di una indennità
sostitutiva per un’altra ancora, oppure può istituire il servizio di mensa e
nello stesso tempo corrispondere un’indennità sostitutiva o i ticket restaurant
ai dipendenti che per esigenze di servizio non possono usufruire del servizio
mensa (circ. 23.12.1997, n. 326/E).


Servizi di mensa in convenzione con card elettroniche
L’utilizzo del servizio di mensa in convenzione non concorre alla formazione del
reddito di lavoro dipendente anche se è organizzato con particolari card
elettroniche (ris. 17.5.2005, n. 63).


Unita’ produttive ubicate in zone prive di strutture e servizi di
ristorazione

L’esclusione dal reddito dell’indennità percepita da
lavoratori che prestano l’attività in unità produttive ubicate in zone prive di
strutture e servizi di ristorazione riguarda soltanto quelle categorie di
lavoratori per le quali ricorrono contemporaneamente le seguenti condizioni:

– avere un orario di lavoro che comporti la pausa per il vitto. Sono
esclusi, quindi, tutti i dipendenti ai quali, proprio in funzione della
particolare articolazione dell’orario di lavoro che non consente di fruire della
pausa pasto, viene attribuita una indennità sostitutiva di mensa;
– essere
addetti ad una unità produttiva. Sono esclusi, quindi, coloro che non sono
stabilmente assegnati ad una “unità” intesa come sede di lavoro;

ubicazione della suddetta unità in un luogo che, in relazione al periodo di
pausa concesso per il pasto, non consente di recarsi senza l’utilizzo di mezzi
di trasporto, al più vicino luogo di ristorazione, per l’utilizzo di buoni
pasto. (ris. 30.3.2000, n. 41/E).


 


 


D) TRASPORTO COLLETTIVO – Non concorrono a formare il
reddito di lavoro dipendente le prestazioni di servizi di trasporto collettivo
alla generalità o a categorie di dipendenti, anche se affidate
a terzi, compresi gli esercenti servizi pubblici (art. 51, c. 2, lett. d del
t.u.i.r.).
Ai fini dell’irrilevanza reddituale del servizio di trasporto è
necessario che lo stesso sia rivolto alla generalità dei dipendenti o a intere
categorie di dipendenti, mentre resta del tutto indifferente la circostanza che
il servizio sia prestato direttamente dal datore di lavoro attraverso l’utilizzo
di mezzi di proprietà dell’azienda o da questi noleggiati ovvero sia fornito da
terzi sulla base di apposita convenzione o accordo stipulato dallo stesso datore
di lavoro, purché il dipendente resti del tutto estraneo al rapporto con il
vettore.
Il datore di lavoro può stipulare apposita convenzione anche con
esercenti servizi pubblici, ad esempio con la società che gestisce il servizio
pubblico urbano o extra-urbano del luogo in cui si trova l’azienda oppure con il
servizio taxi, rimanendo comunque fermo il principio che la prestazione, ai fini
della non concorrenza al reddito di lavoro dipendente, deve essere resa in modo
collettivo. Eventuali indennità sostitutive del servizio di trasporto sono
assoggettate interamente a tassazione, così come è interamente assoggettato a
tassazione l’eventuale rimborso al lavoratore di biglietti o di tessere di
abbonamento per il trasporto, mancando, in questa ipotesi, il requisito
dell’affidamento a terzo del servizio di trasporto da parte del datore di
lavoro.
L’equo indennizzo corrisposto a titolo di rimborso chilometrico per
il percorso casa-lavoro deve essere integralmente assoggettato a tassazione.

È altresì da assoggettare a tassazione, con i criteri relativi alla
valutazione dei beni e dei servizi, la concessione di facilitazioni sui prezzi
dei biglietti di viaggio o di trasporto offerte ai dipendenti, per se stessi e
per i familiari, da parte di imprese esercenti pubblici servizi di trasporto o
di viaggio (circ. 23.12.1997, n. 326/E; circ. 23.3.1999, n. 54/E).


 


E) COMPENSI REVERSIBILI – Non concorrono a formare il
reddito i compensi reversibili (art. 50, c. 1, lett. b ed f del t.u.i.r.; art.
51, c. 2, lett. e del t.u.i.r.). Infatti:
– sono esclusi dal reddito
le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai
prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità
che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e
quelli che per legge devono essere riversati allo Stato (art. 50, c. 1, lett. b
del t.u.i.r.);
– sono esclusi dal reddito le indennità, i gettoni di
presenza
e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni,
dalle province e dai comuni per l’esercizio di pubbliche
funzioni
che per legge devono essere riversati allo Stato (art. 50, c.
1, lett. f del t.u.i.r.). Pertanto, i compensi reversibili in questione, non
solo non costituiscono reddito assimilato a quello dipendente, come risulta dal
tenore letterale delle norme richiamate, ma non devono essere assoggettati a
tassazione neanche quali redditi di lavoro dipendente, in quanto sono imputati
direttamente al soggetto al quale, per legge o clausola contrattuale (per quelli
della lettera b) o soltanto per legge (per quelli della lettera f), devono
essere riversati (circ. 23.12.1997, n. 326/E).


 


F) OPERE O SERVIZI CON FINALITA di educazione, istruzione,
ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto
– Non concorre a
formare il reddito di lavoro dipendente l’utilizzazione delle opere e dei
servizi collettivi (di cui all’art. 100, c. 1 del t.u.i.r. da parte dei
dipendenti e dei soggetti indicati nell’art. 12 dello stesso t.u.i.r. (art. 51,
c. 2, lett. f del t.u.i.r.).
Si tratta delle opere e servizi utilizzabili
dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente
sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione,
ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto
, le cui spese sono
deducibili, nella determinazione del reddito d’impresa per un ammontare
complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per
prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.

Il riferimento all’art. 100, c. 1 del t.u.i.r. è effettuato soltanto per
individuare le finalità in esso previste, senza che questo comporti anche, ai
fini dell’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente,
l’osservanza delle ulteriori condizioni in esso contenute e cioè il limite del 5
per mille.
L’esclusione compete anche se l’utilizzo delle opere e dei
servizi riguarda, oltre che il dipendente, i familiari indicati nell’art. 12 del
t.u.i.r.; non è necessario che il familiare in questione sia fiscalmente a
carico del lavoratore, atteso che la norma si riferisce ai familiari indicati
nell’art. 12 del t.u.i.r. senza richiamare anche le condizioni ivi previste.

Deve trattarsi di utilizzo di opere e servizi per la generalità dei
dipendenti o categorie di dipendenti, intendendo in questo caso la generica
disponibilità verso un gruppo omogeneo di dipendenti (anche se alcuni di questi
non fruiscono di fatto delle opere o servizi), poiché, invece, qualunque
attribuzione ad personam costituisce reddito di lavoro dipendente (circ.
23.12.1997, n. 326/E).
Le opere e i servizi messi a disposizione dei
dipendenti e dei propri familiari devono riguardare strutture di proprietà
dell’azienda. Così, ad esempio, non concorre alla formazione del reddito di
lavoro dipendente l’utilità derivante dalla fruizione dei servizi offerti da un
circolo ricreativo o sportivo di proprietà aziendale o da un ambulatorio medico
costituito dal datore di lavoro presso l’azienda.
Viceversa, nel caso di
frequentazione di un circolo tennistico non appartenente al datore di lavoro,
resasi possibile attraverso il sostenimento da parte di quest’ultimo dei costi
di iscrizione o di quelli derivanti dall’affitto dei campi non si integra la
fattispecie oggetto della previsione normativa in commento, atteso che in tal
caso si tratta di somme erogate, sia pure indirettamente, ai dipendenti,
relativamente alle quali non si rende neanche applicabile l’esclusione prevista
dalla successiva lettera f-bis dello stesso art. 51, c. 2 del t.u.i.r. (circ.
22.12.2000, n. 238/E), di cui al punto successivo.
Tuttavia, con una recente
interpretazione l’Agenzia delle entrate, in difformità rispetto
a quanto affermato in passato, ha sostenuto che l’esclusione dalla tassazione
opera anche nell’ipotesi in cui tali servizi siano messi a disposizione dei
dipendenti tramite il ricorso a strutture esterne all’azienda, semprechè il
dipendente risulti estraneo al rapporto che intercorre tra l’azienda e
l’effettivo prestatore del servizio ed in particolare non risulti beneficiario
dei pagamenti effettuati dalla propria azienda in relazione all’obiettivo di
fornitura del servizio sanitario (ris. 10.3.2004, n. 34/E).


G) Somme per frequenza di asili nido, colonie climatiche e borse di
studio
– Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente le
somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie
di dipendenti per frequenza di asili nido e di colonie climatiche da parte dei
familiari indicati nell’art. 12 del t.u.i.r., nonché per borse di studio a
favore dei medesimi familiari (art. 51, c. 2, lett. f-bis, del t.u.i.r.).
La
non concorrenza alla formazione del reddito opera anche con riferimento alle
somme corrisposte al dipendente per assegni, premi o sussidi per fini di studio
a favore dei familiari di cui all’art. 12 del t.u.i.r.
L’esclusione si rende
applicabile qualora il datore di lavoro acquisisca e conservi la documentazione
comprovante l’utilizzo delle somme da parte del dipendente coerentemente con le
finalità per le quali sono state corrisposte. Ciò sia nel caso in cui il datore
di lavoro eroghi direttamente le somme ai dipendenti sia nell’ipotesi in cui
rimborsi l’onere sostenuto dai propri dipendenti (ad esempio per le rette
mensili relative alla custodia dei figli in asili nido).
Ai fini
dell’esclusione dal reddito di lavoro dipendente è necessario che i servizi e le
somme erogate considerati dalla norma siano utilizzabili dalla generalità dei
lavoratori dipendenti o da categorie di dipendenti; ove, invece, gli stessi
siano a disposizione solo di taluni lavoratori dipendenti, essi costituiscono
fringe benefits per gli utilizzatori e le spese relative concorrono alla
formazione del reddito di lavoro dipendente (circ. 22.12.2000, n. 238/E; circ.
23.12.1997, n. 326/E).


 


H) AZIONI OFFERTE ALLA GENERALITA’ DEI DIPENDENTI – Non
concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore delle azioni
offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore
complessivamente nel periodo d’imposta a € 2.065,83, a
condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di
lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla
percezione (l’agevolazione si applica anche se nel piano di stock-option sia
prevista la cessione prima dei tre anni, anche se, ovviamente, decade in caso di
cessione prima dei tre anni: ris. 25.7.2005, n. 97); qualora le azioni siano
cedute prima del predetto termine, l’importo che non ha concorso a formare il
reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo
d’imposta in cui avviene la cessione (art. 51, c. 2, lett. g del t.u.i.r.).

Il valore delle azioni deve essere assunto al netto di quanto corrisposto
dal dipendente a fronte dell’assegnazione di azioni.
La disposizione si
applica esclusivamente alle azioni emesse dall’impresa con la quale il
contribuente intrattiene il rapporto di lavoro, nonché a quelle emesse da
società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne
sono controllate o sono controllate dalla società che controlla l’impresa (art.
51, c. 2-bis del t.u.i.r.).
Il termine “generalità” dei dipendenti sta a
significare l’assenza di disparità di trattamento tra i lavoratori basate, ad
esempio, sulle diverse articolazioni dell’orario di lavoro (part time o tempo
pieno) o sulla base delle mansioni svolte.
Rientra nella generalità dei
dipendenti un’assegnazione di azioni destinata a tutti i dipendenti in servizio
presso l’azienda da almeno tre mesi (ris. 12.10.2004, n. 129/E).


Dipendenti part-time
La condizione per cui l’offerta sia
rivolta a tutti i dipendenti, deve intendersi soddisfatta allorché la stessa sia
riferita a tutti i dipendenti con contratto a tempo indeterminato (circ INPS
22.1.2001, n. 11), compresi quelli part-time (ris. 8.1.2002, n. 3/E).


Ex-dipendenti
La disposizione di esenzione non si
applica a favore di ex-dipendenti (ris. 25.7.2005, n. 97)


Valore delle azioni
Il valore delle azioni è stabilito
applicando le disposizioni relative alla determinazione del valore normale
contenute nell’art. 9 del t.u.i.r. (art. 51, c. 3 del t.u.i.r.), non assumendo
alcuna rilevanza le modalità prescelte dall’azienda per determinare il prezzo di
sottoscrizione delle azioni da parte dei dipendenti (ris. 12.10.2004, n. 129/E).

In particolare: – per le azioni, obbligazioni e altri
titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, il valore normale è
determinato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati all’ultimo mese
(art. 9, c. 4, lett. a del t.u.i.r.). Per “ultimo mese” non deve intendersi il
mese solare precedente, ma il periodo che va dal giorno di riferimento (quello
dell’assegnazione dei titoli al dipendente) allo stesso giorno del mese solare
precedente; inoltre, ai fini del calcolo della media occorre assumere, quale
divisore, soltanto i giorni di effettiva quotazione del titolo, cioè quelli cui
si riferiscono le quotazioni prese a base del calcolo (circ. 25.2.2000, n.
30/E);
– per le altre azioni, le quote di società non azionarie e i titoli o
le quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società il valore
normale è fissato in proporzione al valore del patrimonio netto della società o
ente ovvero, per le società o enti di nuova costituzione, in proporzione
all’ammontare complessivo dei conferimenti (art. 9, c. 4, lett. b del t.u.i.r.);

– per le obbligazioni e gli altri titoli diversi dai predetti, il valore
normale è determinato comparativamente al valore normale dei titoli aventi
analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e,
in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo (art. 9,
c. 4, lett. c del t.u.i.r.).


Momento impositivo
Il momento impositivo rilevante per
la determinazione dell’importo che non concorre a formare il reddito di lavoro
dipendente è quello in cui le azioni vengono assegnate al lavoratore. Qualora le
azioni siano cedute prima dello scadere dei tre anni, quello stesso importo che
non è stato tassato precedentemente sarà assoggettato ad imposizione nel periodo
di imposta in cui avviene la cessione (ris. 8.1.2002, n. 3/E). In particolare,
la tassazione deve essere effettuata nel periodo di paga in cui si verifica la
cessione delle azioni precedentemente assegnate in regime di esenzione fiscale e
non in sede di conguaglio di fine anno. A tal fine, assume rilevanza la notizia
dell’avvenuta cessione delle azioni da parte del dipendente, sempreché il
cessionario non sia lo stesso datore di lavoro o la società emittente (ris.
12.6.2002, n. 186/E). Per tale motivo il datore di lavoro deve informare i
propri dipendenti assegnatari di azioni dell’obbligo di comunicare le cessioni
delle azioni nei primi tre anni.


Condizione temporale in caso di pluralità di assegnazioni

Ai fini della verifica del rispetto della condizione temporale (cessione
delle azioni dopo che sia trascorso un triennio dalla loro percezione) si pone
il problema dell’individuazione delle azioni cedute dal dipendente nel caso in
cui abbia ricevuto una pluralità di assegnazioni in diverse annualità. In tal
caso, si considerano cedute per prime le partecipazioni acquisite in data meno
recente (cosiddetto criterio Fifo: first in-first out) (circ. 12.6.2002, n.
186/E).


Cessazione del rapporto di lavoro
Dal momento che
l’obbligo di effettuare la ritenuta fiscale incombe sul sostituto d’imposta
anche nell’ipotesi in cui le somme e i valori siano erogate da soggetti terzi,
nel caso di cessazione del rapporto di lavoro durante il triennio, qualora il
dipendente che cede le azioni (nel triennio) intrattenga un rapporto con un
nuovo datore di lavoro (o ente pensionistico), il precedente datore di lavoro
deve comunicare al nuovo datore di lavoro o all’ente che eroga il trattamento
pensionistico l’importo da assumere a tassazione. In mancanza o in caso di
ritardata comunicazione da parte dell’ex datore di lavoro, il nuovo datore di
lavoro o l’ente pensionistico, informato dal dipendente della sussistenza di un
fringe benefit derivante dal precedente rapporto di lavoro, è tenuto ad
attivarsi al fine di conoscere il predetto importo.


 


I) AZIONO OFFERTE A CATEGORIE DI DIPENDENTI O SINGOLI
DIPENDENTI
– Non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente la
differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare
corrisposto dal dipendente, a condizione che il predetto ammontare sia almeno
pari al valore delle azioni stesse alla data dell’offerta (data della delibera
in cui vengono fissate le condizioni del piano di azionariato); se le
partecipazioni, i titoli o i diritti posseduti dal dipendente rappresentano una
percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria o di
partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 10%, la predetta
differenza concorre in ogni caso interamente a formare il reddito (art. 51, c.
2, lett. g-bis, del t.u.i.r.).
Condizione essenziale per poter fruire
dell’agevolazione in questione è che la cifra alla quale vengono offerte le
azioni, e quindi il prezzo che il dipendente dovrà pagare
all’atto dell’esercizio del diritto di opzione, sia pari o più alto
rispetto al valore normale
delle stesse azioni al momento dell’offerta
(ris. 17.12.2001, n. 212/E).
Se il prezzo pagato è
inferiore
al valore delle azioni al momento dell’offerta,
l’agevolazione non spetta, per cui la differenza tra il valore al momento
dell’assegnazione e il corrispettivo pagato costituisce reddito di lavoro
dipendente imponibile (circ. 29.12.1999, n. 247/E).
La disposizione si
applica esclusivamente alle azioni emesse dall’impresa con la quale il
contribuente intrattiene il rapporto di lavoro
, nonché a quelle emesse
da società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne
sono controllate o sono controllate dalla società che controlla l’impresa (art.
51, c. 2-bis, del t.u.i.r.).


Azioni extra area euro
In caso di acquisto in valuta
estera di azioni quotate in Paesi esterni all’area euro, nell’effettuare il
confronto non è necessario effettuare la conversione, dovendosi operare il
confronto sui valori espressi in valuta al fine di neutralizzare le conseguenze
derivanti dalla oscillazione dei cambi (circ. 19.6.2002, n. 60/E).


Diritto di opzione cedibile
L’assegnazione di un diritto
d’opzione cedibile è tassata fin dal momento dell’assegnazione stessa. Se,
invece, il diritto non è cedibile, non è tassabile in quanto lo sono i titoli e
i valori acquistabili con l’esercizio dell’opzione (salvo le ipotesi di
esclusione sopra illustrate). Tuttavia, qualora un diritto non cedibile diventi
successivamente cedibile, il relativo importo è tassato nel periodo d’imposta in
cui ciò si verifica.


Modifica del piano di stock option
Nel caso in cui un
piano di stock option originario venga successivamente modificato nei suoi
elementi essenziali (parti contraenti, prezzo dell’offerta) la data dell’offerta
rilevante per effettuare la valutazione delle azioni è quella in cui sono
stabilite le modifiche (ris. 1.3.2002 n. 63/E).


 


L) ONERI DETRAIBILI E SPESE SANITARIE – Non concorrono a
formare il reddito di lavoro dipendente le somme trattenute al dipendente per
gli oneri di cui all’art. 10 del t.u.i.r. nel rispetto delle condizioni ivi
previste, nonché le erogazioni effettuate dal datore di lavoro in conformità a
contratti collettivi ad accordi e regolamenti aziendali a fronte delle spese
sanitarie di cui allo stesso art. 10, c 1, lett. b del t.u.i.r. Gli importi
delle predette somme ed erogazioni devono essere attestate dal datore di lavoro
(art. 51, c. 2, lett. h del t.u.i.r.).


Malattia derivante da causa di servizio
Nel caso in cui
il datore di lavoro rimborsi al dipendente le spese sanitarie effettivamente
sostenute e debitamente documentate in relazione a malattia riconosciuta
derivante da causa di servizio le somme non concorrono alla formazione del
reddito di lavoro dipendente in considerazione del carattere tipicamente
risarcitorio delle stesse (circ. 19.5.2000, n. 101/E).


Rimborsi spese sanitarie
Non concorrono alla formazione
della base imponibile i rimborsi effettuati dal datore di lavoro a fronte di
spese sanitarie che danno diritto alla detrazione di cui all’art. 15 del
t.u.i.r., sostenute dal lavoratore dipendente (circ. 23.12.1997, n. 326/E).


Premi assicurativi versati nell’interesse del datore di lavoro

Non concorrono alla formazione della base imponibile le erogazioni
effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro (ris. 9.9.2003, n.
178/E). In tema di premi per assicurazioni pagati dal datore di lavoro,
concorrono alla formazione della base imponibile i premi per assicurazioni
sanitarie, sulla vita e sugli infortuni extra professionali, mentre sono esclusi
da tassazione in capo al dipendente i premi relativi ad assicurazioni per
infortuni professionali.


 


M) MANCE – Non concorre a formare il reddito di lavoro
dipendente il 25% delle mance percepite dagli impiegati tecnici delle case da
gioco (croupiers) direttamente o per effetto del riparto a cura di appositi
organismi costituiti all’interno dell’impresa (art. 51, c. 2, lett. i del
t.u.i.r.).


 


N) BONUS PENSIONI – Non concorrono a formare il
reddito di lavoro dipendente le quote di retribuzione derivanti dall’esercizio,
da parte del lavoratore, della facoltà di rinuncia all’accredito contributivo
presso l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i
superstiti dei lavoratori dipendenti e le forme sostitutive della medesima, per
il periodo successivo alla prima scadenza utile per il pensionamento di
anzianità, dopo aver maturato i requisiti minimi secondo la vigente normativa
(art. 51, c. 2, lett. i-bis del t.u.i.r.; art. 1, cc. 12-16, L. n. 243/2004).


O) I PERSONAL COMPUTER NUOVI ceduti da imprese e da soggetti
Ires ai dipendenti a prezzo di acquisto non costituiscono fringe-benefit (art.
7, c. 3-ter D.L. n. 35/2005).

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