Private equity e Borsa, verso un rapporto più facile

La crisi finanziaria ha causato un forte rallentamento delle dismissioni da parte del private equity. Le nuove procedure di accesso al mercato e l’istituzione dell’Aim Italia mirano a far ripartire questo importante canale di disinvestimento

 


Prima che la crisi finanziaria stravolgesse i mercati borsistici internazionali, la quotazione in Borsa rappresentava un importante canale di disinvestimento per i fondi di private equity e venture capital, costituendo una valida alternativa alla tradizionale vendita della partecipazione a partner industriali o ad altri investitori istituzionali.


Nel corso degli anni, l’attenzione nei confronti dei mercati regolamentati da parte degli operatori di private equity e venture capital, ovvero gli investitori istituzionali nel capitale di rischio di imprese non quotate, è aumentata, in quanto la cessione della partecipazione tramite questa modalità di disinvestimento può garantire, in molti casi, una maggiore valorizzazione della stessa sia in termini economici che di immagine.


Il processo di quotazione, d’altra parte, implica anche numerosi costi, in quanto presuppone una riorganizzazione del sistema aziendale che non tutte le imprese sono disposte a sostenere.


Rispetto all’intero universo imprenditoriale, le società partecipate da operatori di private equity sembrano, però, presentare una maggiore predisposizione al processo di quotazione, in quanto gli operatori, attraverso l’introduzione di regole di corporate governance finalizzate ad aumentare la trasparenza, il controllo aziendale e la diffusione della cultura manageriale, svolgono un ruolo propedeutico alla quotazione.


Per questo motivo, nel corso degli ultimi anni, si è consolidato anche nel nostro Paese uno stretto legame tra private equity e mercati regolamentati, testimoniato dall’importanza che le cosiddette venture backed, ovvero le imprese che hanno avuto nell’azionariato gli operatori di private equity, assumono nei mercati gestiti da Borsa Italiana. Sebbene, infatti, il numero delle matricole del 2008 provenienti dal mondo del private equity sia stato inferiore rispetto a quello degli anni passati, il peso di tali imprese nei mercati regolamentati rimane significativo e sembra poter aumentare nel prossimo futuro.


Inoltre, grazie al consolidato rapporto di collaborazione tra Aifi (Associazione Italiana del private equity e venture capital) e Borsa Italiana, finalizzato a incentivare il processo di quotazione di nuove imprese, sono state introdotte alcune rilevanti novità nei mercati regolamentati. Come si preciserà più oltre, infatti, è stato recentemente previsto un percorso agevolato per le società partecipate da fondi che si vogliono quotare sul mercato Mta e, per di più, l’istituzione dell’Aim Italia (Alternative Investment Market), dedicato alle piccole e medie imprese, faciliterà l’avvicinamento al canale borsistico delle società che tradizionalmente risultano essere il target preferito degli operatori di private equity italiani.


Il private equity prepara alla quotazione
Come anticipato, la cessione della società partecipata tramite canale borsistico rappresenta una valida alternativa alla tradizionale vendita dell’impresa a operatori industriali o istituzionali.


La dismissione tramite quotazione comporta, peraltro, sia dei vantaggi che degli svantaggi. Questi ultimi, si rivelano, in generale, essere maggiori per le società non partecipate da operatori rispetto a quelli riscontrati dalle venture backed.


Da un lato, infatti, la vendita tramite Ipo (Initial Public Offering) consente di smobilizzare in forma graduale quote del capitale, permettendo, molto spesso, di spuntare un prezzo di vendita più alto rispetto ai tradizionali canali e di fornire l’opportunità di ottenere un ulteriore guadagno attraverso l’incremento di valore, post quotazione, delle azioni rimaste nel portafoglio dell’investitore istituzionale.


Inoltre, la quotazione, può garantire significativi ritorni in termini di immagine, in quanto stimola l’interesse del settore di riferimento nei confronti della società fornendo, così, ampio risalto sui prodotti e servizi dell’impresa stessa.


Dall’altro lato, la quotazione in Borsa implica anche una serie di costi e problematiche che incentivano gli operatori a utilizzare canali più tradizionali di dismissione.


La quotazione, infatti, potrebbe generare degli attriti tra l’investitore e gli altri soci e risulta più dispendiosa rispetto ad altre forme di way out, in quanto comporta dei costi, dovuti principalmente all’adattamento dei sistemi informativi e organizzativi interni, che sono sostenuti dall’impresa non solo al momento dell’ingresso sul mercato, ma anche in via continuativa negli anni successivi. In particolare, la quotazione in Borsa prevede un sistema di reporting molto efficiente, in grado di supportare adeguatamente gli amministratori nella gestione aziendale e di comunicare tempestivamente i dati dell’impresa stessa.


D’altra parte, è ormai opinione diffusa che la presenza di un investitore istituzionale nella compagine azionaria riduca quelli che tradizionalmente vengono indicati come gli svantaggi della quotazione, facilitando, così, l’accesso delle aziende al mercato. Le regole, spesso informali, di corporate governace, richieste dall’investitore istituzionale nel capitale di rischio al momento del suo ingresso in azienda (quali, ad esempio, la certificazione dei bilanci, una generale maggior trasparenza, la produzione di report e budget periodici, la separazione tra il patrimonio familiare e quello aziendale), infatti, anticipano gran parte degli adempimenti formali richiesti dai regolamenti di tutte le Borse mondiali evolute, preparando anche culturalmente management e imprenditori. In questo modo, potendo contare anche sul supporto consulenziale fornito dagli operatori, l’azienda partecipata da un operatore di private equity e venture capital viene, di fatto, posta in condizione di affrontare nel modo migliore l’apertura al mercato.


Le venture backed Ipo nella Borsa Italiana


Se si analizza la tipologia di dismissione delle partecipazioni da parte degli operatori di private equity, si nota che nell’ultimo anno la vendita tramite canale borsistico, a causa delle turbolenze dei mercati finanziari internazionali, ha registrato una flessione del 94% rispetto al 2007, tornando, così, a valori più prossimi a quelli del 2002.


Secondo i dati pubblicati da Aifi, infatti, solo il 3% dei 181 disinvestimenti effettuati dagli operatori italiani nel corso del 2008, per un ammontare complessivo, calcolato al costo d’acquisto della partecipazione, pari a 1.185 milioni di euro, è costituito dalla vendita di azioni sui mercati regolamentati, mentre il 43% dei disinvestimenti è stato effettuato tramite la vendita a operatori industriali e il 18% mediante la cessione ad altri investitori.


Nonostante ciò, le venture backed Ipo continuano a rappresentare una percentuale significativa delle imprese quotate sui mercati di Borsa Italiana sia in termini di numero che di capitalizzazione, confermando, così, il ruolo propulsore del private equity nello sviluppo del mercato di Borsa. In dettaglio, l’insieme delle aziende portate a Piazza Affari dai fondi di private equity rappresentava, a gennaio 2009, circa il 22% delle imprese quotate in Italia e il 3% della capitalizzazione complessiva, escludendo i titoli di aziende operanti nel settore finanziario o immobiliare.


Significativo, inoltre, è il ruolo assunto dalle società venture backed all’interno del segmento Star di Borsa Italiana, caratterizzato da alti requisiti di ammissione in termini di liquidità, trasparenza e corporate governance. In tale ambito, infatti, la quota di società precedentemente oggetto di investimenti di private equity ha raggiunto il 35% in termini di numero ed il 37% in termini di capitalizzazione.


Importante, inoltre, sottolineare il peso delle venture backed sul mercato alternativo del capitale (Mac). Tale mercato, infatti, attivo da settembre 2007 e rivolto esclusivamente agli investitori istituzionali, è costituito per il 75% da venture backed, che rappresentano il 67% della capitalizzazione.


 


Incentivi alla quotazione delle venture backed
In questo particolare momento di difficoltà per il sistema economico-


finanziario del nostro Paese, al fine di incentivare la quotazione di nuove imprese sui mercati regolamentati italiani, nel mese di dicembre 2008 sono state deliberate importanti novità. Il Consiglio di Amministrazione di Borsa Italiana, infatti, grazie


all’ormai stabile rapporto di collaborazione con Aifi, ha approvato una serie di modifiche ai regolamenti dei mercati gestiti, con l’obiettivo di ottimizzare l’offerta di quotazione, in un’ottica di razionalizzazione della disciplina di accesso ai mercati.


Tra questi cambiamenti, alcuni particolarmente importanti riguardano il mercato del private equity. Nella sostanza si tratta di una semplificazione delle procedure di ammissione al mercato per le società oggetto di investimento da parte degli operatori di private equity.


In particolare, al fine di tenere conto delle specifiche caratteristiche delle società che hanno nel proprio capitale una presenza significativa da parte dei fondi di private equity, è stata definita una apposita procedura di accesso al mercato Mta. Ciò riguarda quelle società nel cui capitale siano presenti da almeno due anni uno o più investitori istituzionali in capitale di rischio, con una partecipazione pari ad almeno il 30%, anche in forma congiunta.


Al posto dell’attestazione dello sponsor è richiesta a queste società, ai fini della quotazione, soltanto una dichiarazione del presidente del collegio sindacale sul sistema di controllo di gestione.


Una procedura più semplice, poi, è prevista per l’analisi del piano industriale. Invece del QMat, tradizionale documento che deve essere redatto dalle società che presentano domanda di ammissione in Borsa, le informazioni inerenti il modello di business, gli stakeholder rilevanti e il settore di appartenenza verranno inserite in appositi schemi semplificati predisposti da Borsa Italiana.


Nascita di Aim Italia
É stato recentemente istituito da Borsa Italiana un nuovo mercato, l’Aim Italia (Alternative Investment Market), dedicato alle piccole e medie imprese che caratterizzano il tessuto imprenditoriale del nostro Paese.


Aim Italia, infatti, offre alle Pmi una nuova opportunità di crescita internazionale, in quanto è stato pensato per rispondere alle esigenze delle aziende e degli investitori in merito alla semplificazione del processo di quotazione.


Al contrario della quotazione su un mercato ufficiale, non è richiesto il rispetto di requisiti minimi in termini economico- patrimoniali, né di flottante. Inoltre, il tradizionale prospetto informativo viene sostituito con un più semplice documento di ammissione, a meno che l’offerta non sia rivolta al pubblico retail.


Ad accompagnare le piccole e medie imprese che vorranno quotarsi sarà la figura del nominated adviser (Nomad) che, sin dall’inizio del processo di quotazione, è responsabile nei confronti di Borsa Italiana dell’appropriatezza dell’emittente ad accedere all’Aim Italia e svolge un ruolo di guida e supporto nell’assolvimento degli obblighi informativi previsti dai regolamenti di questo mercato.


L’Aim Italia, attraverso una procedura più snella di quotazione, comporta, quindi, risparmi di costo rispetto agli altri mercati, in quanto riduce i tempi della procedura e non prevede il Qmat e il memorandum sul sistema di controllo di gestione.


Infine, Borsa Italiana ha definito un procedura dedicata a quelle società che hanno deciso di passare al Mta dopo un periodo di permanenza su Aim Italia di almeno 18 mesi, senza nuova offerta. In particolare, il percorso facilitato non prevede il documento Qmat, il memorandum e la relativa attestazione dello sponsor sul sistema di controllo di gestione, il documento di valutazione e la ricerca predisposta dallo sponsor. Inoltre, il tempo necessario per la decisione di ammissione da parte di Borsa Italiana viene ridotto a un mese.


Le imprese potenzialmente quotabili
Con l’obiettivo di identificare le società attualmente nel portafoglio degli operatori di private equity italiani potenzialmente quotabili sui mercati di Borsa Italiana, è stata recentemente condotta dall’osservatorio del Private Equity Monitor (Pem), in collaborazione con Borsa Italiana e Aifi, la ricerca “Private equity e Borsa: le aziende quotabili partecipate dai fondi” dalla quale è emerso che l’elenco delle società venture backed quotate potrebbe annoverare 71 nuove matricole. Attualmente, infatti, i portafogli degli operatori di private equity contengono numerose aziende con i requisiti economico-finanziari che, sulla base di rilevazioni statistiche di Borsa Italiana, costituiscono un preliminare criterio di selezione di società quotabili.


Al 30 giugno 2008 il portafoglio dei fondi di private equity attivi in Italia è risultato pari a 460 imprese, distribuite tra 146 differenti operatori. In particolare, ai primi 25 operatori è possibile ricondurre il 50% delle target, ovvero 230 società, corrispondenti a 9 imprese per fondo d’investimento. Se si considera che 60 operatori (41%) hanno in portafoglio una sola società, si delinea un mercato italiano caratterizzato da un numero elevato di fondi attivi al quale corrispondono diversi livelli d’intensità in termini di investimenti realizzati.


Dal punto di vista dell’ori-


gine del portafoglio, il 62% è riconducibile a imprese di estrazione familiare, che, ancora una volta, si confermano il bacino più importante per gli operatori di private equity del nostro Paese.


Inoltre, per quanto concerne la dimensione aziendale, il portafoglio dei fondi risulta costituito prevalentemente da imprese che all’anno d’investimento presentavano un volume di ricavi al di sotto dei 50 milioni di euro, con una maggiore concentrazione nel segmento fino a 30 milioni di euro.


Delle 280 società esaminate nel dettaglio, sulle 460 complessivamente presenti nel portafoglio degli operatori attivi in capitale di rischio, 71 hanno caratteristiche compatibili con il processo di quotazione a Piazza Affari, ovvero:



  • un ebitda margin 2007 superiore al 10%;



  • una crescita dell’ebitda anno su anno superiore al 10%;



  • un rapporto tra posizione finanziaria netta ed ebitda, sempre nel 2007, superiore a 6.


In termini di enterprise value totale esprimibile dal campione delle quotabili, è possibile stimare un valore pari a 7,8 miliardi di euro, ottenuto applicando un moltiplicatore ev/ebitda pari a 6x.


Considerando, inoltre, un ammontare dell’indebitamento pari a 2,9 miliardi di euro (dato puntuale ottenuto dall’ultimo bilancio annuale disponibile), ne risulta una capitalizzazione di mercato potenziale per le 71 società pari a 4,9 miliardi di euro.


Dal punto di vista della scelta tra i mercati gestiti da Borsa Italiana risulta, infine, che 64 imprese del totale delle società quotabili presentano caratteristiche idonee a seguire un percorso di avvicinamento ad Aim Italia, mentre 7 possono aspirare al mercato principale (di cui 6 al segmento Star e 1 al segmento Blue Chip). Tale conclusione, ricavata dalla risultanza delle evidenze statistiche a disposizione di Borsa Italiana circa le società quotate sui proprio mercati, è coerente con la dimensione medio piccola e con l’alto potenziale di crescita del campione individuato.


Conclusioni
In conclusione, la Borsa può rappresentare un’ottima alternativa ai tradizionali canali di disinvestimento utilizzati dai fondi di private equity e venture capital, in quanto il collocamento sui mercati regolamentati costituisce di per sé un passo strategico di estrema importanza nella vita dell’azienda, contribuendo a creare valore per gli azionisti, a garantire una liquidità totale o parziale dell’investimento, nonché a reperire risorse fresche per l’ulteriore sviluppo della società.


In questi ultimi anni, molto è stato fatto al fine di agevolare e semplificare il processo di quotazione di quelle imprese che, grazie al ruolo propedeutico degli investitori istituzionali, presentano requisiti economico-finanziari per accedere ai mercati regolamentati.


Tuttavia, la crisi finanziaria che ha colpito i mercati borsistici a livello internazionale ha determinato una brusca frenata del processo di quotazione delle imprese, sia sui mercati italiani che europei e, in questo contesto, anche per le venture backed avvicinarsi ai mercati regolamentati risulta difficile.


D’altra parte, proprio la corsia preferenziale che è stata definita per le società target del private equity può fornire un importate impulso allo sviluppo e alla ripresa, contribuendo a far ripensare ai mercati borsistici come canali di sbocco.


(per maggiori approfondimenti vedi Finanziamenti e credito, Novecento Media)

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