Previsioni Sace, esportazioni italiane in risalita del 7,3%

Si confermano mercati a maggior potenziali di export: Cina, Russia, Arabia Saudita e Brasile. Sul podio, i comparti della filiera agroalimentare e tecnologico.

L’export
italiano
torna ad aumentare il passo e, dopo la performance pressoché stagnante
nel 2013 (-0,1%), si prepara a mettere a segno un +6,8% nel 2014, accelerando
il ritmo fino a raggiungere un valore di circa 539 miliardi di euro nel 2017, con un
tasso di crescita media nel quadriennio del 7,3%.
Lo sostiene il Rapporto di Sace con le previsioni sulle esportazioni italiane
per il periodo 2014-2017. Secondo l’ipotesi
di Sace si rafforzerà sempre più il processo di riposizionamento delle
esportazioni italiane verso i mercati emergenti
. In cinque anni, il loro peso
sull’export complessivo è aumentato di circa 4 punti percentuali, a fronte di
una riduzione simile dell’incidenza degli avanzati; l’Ue rappresenta ormai,
oggi, meno della metà delle esportazioni italiane.

Nonostante l’inevitabile discontinuità dei loro processi di crescita, saranno i
mercati emergenti a generare le migliori opportunità per le imprese del “nuovo
export”. Lo sforzo di investimento che stanno portando avanti, soprattutto nel
settore manifatturiero, rappresenta un’ottima occasione per le tecnologie
italiane, mentre la crescita della classe media, che continuerà in futuro,
alimenterà la domanda dei prodotti del Made in Italy più tradizionale.

La classifica “top market”, stilata da Sace per segnalare i mercati a maggior
potenziale di export, include un mix di destinazioni difficilmente
etichettabile: da un lato, riflette a pieno la prevalenza dei maggiori mercati
emergenti (Cina, Russia, Brasile e Turchia) e l’affermazione di nuove mete meno
battute (Indonesia, Messico e Arabia Saudita ed Emirati); dall’altro lato,
conferma la rilevanza di mercati avanzati ormai acquisiti quali Stati Uniti e
Regno Unito
.

Fuori classifica, guardando a un orizzonte di medio-lungo termine, meritano una
menzione quelli che il Rapporto definisce possibili target di “prossima
generazione”: mercati verso i quali il nostro export registra livelli ancora
non elevati ma potrebbe trovare ottimi margini in futuro (Filippine, Malesia,
Mongolia, Azerbaijan, Qatar, Cile, Colombia, Peru, Panama, Nigeria, Angola,
Mozambico
).

Osservando l’evoluzione dell’export italiano sotto il profilo settoriale, non
si rilevano cambiamenti dirompenti negli ultimi 5 anni, ma il progressivo
assestamento di una struttura che aveva già cominciato a definirsi agli inizi
degli anni Duemila. In quest’evoluzione, la ricerca di nuovi mercati ha fatto da catalizzatore,
portando all’affermazione dei settori del Made in Italy, in cui spiccano, al
fianco dei beni d’investimento a medio-alta tecnologica, i prodotti del nostro
manifatturiero e – new entry di quest’anno – i beni agroalimentari.

Le esportazioni italiane di beni agricoli e alimentari cresceranno persino più
velocemente rispetto a quelle degli altri prodotti manifatturieri, grazie a
punti di forza come tradizione e certificazione, e alle nuove tendenze di
consumo, sempre più ricercate, sia per la genuinità dei prodotti sia per i
riflessi sul lifestyle.

Un’evidenza
che trova riscontro nella classifica “top sector” 2014-2017 di Sace.
Condividono la vetta del ranking, in singolare combinazione, alimentari,
bevande e beni agricoli, da un lato, e beni d’investimento (come
apparecchiature elettriche e meccanica strumentale), dall’altro.

Anche gli altri prodotti del Made in Italy tradizionale (i beni di consumo),
registreranno un aumento apprezzabile delle esportazioni. Ancora una volta,
gioca un ruolo fondamentale la qualità, riconosciuta a livello internazionale a
tutte le gamme di prodotti, non solo quelli di lusso.

Il Made in
Italy a medio-alta tecnologia (beni intermedi e d’investimento) ha saputo
cogliere i mutamenti del commercio internazionale, sempre più incentrato sulla
frammentazione delle funzioni produttive a livello internazionale,
posizionandosi nelle Catene Globali del Valore. Dopo le difficoltà degli anni
recenti, in cui è pesato l’andamento negativo del ciclo europeo degli
investimenti, l’export di beni di investimento sarà trainato dalla ripresa nei
Paesi avanzati e dagli investimenti in industrializzazione dei mercati
emergenti, di cui beneficeranno soprattutto le esportazioni di meccanica
strumentale
(+8,5% in media nel 2014-2017).

I beni intermedi risentiranno invece dell’incertezza della ripresa in Europa,
destinazione di ben oltre la metà delle vendite all’estero per queste
produzioni. Il lento recupero della domanda europea potrà tuttavia favorire
ulteriormente il processo di riposizionamento in altri mercati, a conferma di
come le difficoltà del Vecchio Continente continuino a essere un importante
motore di cambiamento.

Emergono inoltre sacche di opportunità settoriali per diverse
mete al di fuori delle rotte più battute: Paesi africani come l’Angola per i
prodotti alimentari
, il Messico per l’arredamento, l’Arabia Saudita per
l’abbigliamento
; Hong Kong e Indonesia per i mezzi di trasporto; India, Corea
del Sud e Brasile per la gomma e la plastica
. La meccanica strumentale, il
settore più internazionalizzato dell’industria italiana, ha già acquisito
Arabia Saudita e Thailandia, ma trova ottimo potenziale in mercati ancora meno
esplorati come Cile e Sudafrica.

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