Posta elettronica certificata: cambia il quadro normativo

In sede di conversione del decreto legge, sono state da poco apportate importanti modifiche alla versione iniziale: sembra rimossa l’obbligatorietà della PEC.

La “posta elettronica certificata”, meglio conosciuta con l’acronimo PEC, è uno strumento il cui obiettivo è quello di parificare il valore di una e-mail a quello di una raccomandata cartacea con ricevuta di ritorno.
Il servizio PEC del provider al quale si è affidato l’utente, rilascia al mittente dell’e-mail una ricevuta che attesta la prova dell’avvenuta spedizione del messaggio. Tale comunicazione ha valore legale. Allo stesso modo, anche il gestore al quale si appoggia il destinatario dell’e-mail riceve una ricevuta dell’avvenuta consegna.
Le certificazioni ricevute da mittente e destinatario attestano inoltre che l’e-mail è stata spedita, consegnata e che il messaggio non è stato in alcun modo alterato.
Le ricevute contengono anche l’indicazione temporale per ciascuna operazione effettuata (ad esempio invio e consegna del messaggio).

Il decreto legge “anticrisi” 185/2008 aveva sancito l’obbligatorietà dell’adozione di una casella PEC da parte di iscritti ad Albi, professionisti ed imprese. In particolare, l’articolo 16 del decreto stabiliva l’obbligo per le imprese di comunicare il proprio indirizzo PEC nella domanda di iscrizione al registro oppure entro un periodo di tempo massimo pari a tre anni, dalla data di entrata in vigore della normativa, per le società già iscritte. I professionisti iscritti ad albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato avrebbero invece dovuto comunicare il proprio indirizzo PEC ai rispettivi ordini o collegi entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legge.

In sede di conversione del decreto legge, sono state da poco apportate numerose modifiche alla versione iniziale dello stesso. Nella sostanza, l’intervento sembra aver rimosso l’obbligatorietà della PEC che è uno standard di matrice italiana. L’impresa od il professionista possono servirsi sì di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) ma anche, in alternativa, di “un analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora dell’invio e della ricezione delle comunicazioni e l’integrità del contenuto delle stesse, garantendo l’interoperabilità con analoghi sistemi internazionali“. La modifica applicata alla normativa sembra quindi configurarsi come un’apertura verso l’impiego, in sostituzione della PEC, di tecniche di firma digitale e di tracciamento della consegna equivalenti e gratuite, già disponibili ed utilizzabili mediante l’uso di account di posta di tipo tradizionale ormai da diversi anni.

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