Più stazioni e raffinerie nel futuro di Mol

La compagnia di Budapest pensa a un’espansione verso il Mediterraneo, dopo aver già acquisito l’italiana Ies: ecco numeri e strategie partendo dall’impianto di Szazhalombatta

BUDAPEST – Százhalombatta s’intuisce già da lontano, con i profili delle ciminiere grigie nella campagna, circa 40 chilometri a sud di Budapest. Questa raffineria del gruppo Mol è la più vasta dell’Ungheria e una delle maggiori in Europa. Si distende in un groviglio di tubi luccicanti e gigantesche cisterne, valvole fumanti e condotte a perdita d’occhio su una superficie di 800 ettari, vale a dire 1300 campi di calcio. L’impianto, operativo dal 1965, vanta una capacità di 8,1 milioni di tonnellate annue. Questi i numeri che Bela Kelemen, direttore della raffineria Duna, ricorda con soddisfazione nel presentare la centrale. Un altro esempio che gli sta a cuore: ogni secondo, il gasolio di Százhalombatta potrebbe riempire il serbatoio di un’Audi A6.

Rotta verso il Mediterraneo
Mol è un nome ancora piuttosto sconosciuto nel nostro paese, salvo la recente acquisizione della raffineria Ies di Mantova (luglio 2007). È un’azienda totalmente privata, con base in Ungheria ma capitali provenienti da molti investitori stranieri. Così la sua logica è quella del profitto e dell’efficienza, nonostante il passato nell’economia sovietica. Mol nasce nel 1991 dalla fusione di nove compagnie, arrivando alla quotazione in borsa nel 1995, prima realtà energetica post comunista dell’Europa centrale a raggiungere tale traguardo. Mol è diventato poi un vero gruppo internazionale con varie acquisizioni e partecipazioni (Slovnaft, Tvk, Ies, Roth, Tifon, Ina).

L’acquisto della raffineria mantovana segnala la strategia di Mol per l’immediato futuro: espandersi verso il Mediterraneo, migliorando la rete distributiva e penetrando nei mercati dell’Europa occidentale. Diventare, quindi, un nuovo attore nello scacchiere delle compagnie energetiche, oltre i suoi confini tradizionali. L’obiettivo è aumentare considerevolmente le stazioni di servizio entro il 2010, come spiega il manager László Bartha. Si tratta di sfiorare i 1500 punti, sia col marchio Mol, sia con i marchi nazionali quando sono radicati sul territorio (come Ies). Ci sono anche progetti per nuovi business nelle aree di sosta: in Ungheria si possono già vendere alcuni tipi di medicinali, e collegarsi gratuitamente a internet in wireless.

Progetti in due direzioni
Il punto di forza di Mol è dunque il cosiddetto “downstream”, cioè l’alta qualità della raffinazione (336mila barili giornalieri) insieme all’ampiezza della rete, già presente in 10 paesi. La logica del profitto, però, impone di non superare il 30-40% del capitale per nuovi investimenti. «È meglio evitare i pesci troppo grandi per non rischiare un’indigestione», afferma Szabolcs I. Ferencz, vice presidente della comunicazione. «Bisogna concentrarsi sui pesci medi e piccoli, senza sforare dai limiti finanziari». L’acquisizione di Ies rientra nei piani mediterranei, perché Mol ritiene di poter incrementare la capacità della raffineria mantovana. Le attuali 165 stazioni Ies, inoltre, dovranno quasi raddoppiare.

Il punto più debole di Mol è invece il cosiddetto “upstream”, l’estrazione del greggio e l’esplorazione di nuovi siti produttivi, anche per il gas naturale. La dipendenza dalle forniture russe e quindi dai prezzi crescenti del petrolio, comporta una riduzione dei margini di guadagno sulla raffinazione. Per questo motivo, Mol si sta impegnando in progetti upstream, ad esempio in Camerun, Kurdistan, Oman, Pakistan e Qatar. Gli sforzi di Mol occupano allora due versanti: fare da ponte verso altre regioni europee (per quanto riguarda le raffinerie e la rete) e potenziare l’approvvigionamento della materia prima.

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