Pirateria, una piaga mondiale dove brilla l’Italia

Secondo lo studio annuo messo a punto dalla International Planning Research (Ipr), la pirateria del software resta una piaga grave nel panorama informatico mondiale. E l’Italia "brilla" in un’Europa Occidentale comunque in lento recupero, con …

Secondo lo studio annuo messo a punto dalla International Planning
Research (Ipr), la pirateria del software resta una piaga grave nel
panorama informatico mondiale. E l’Italia "brilla" in un’Europa
Occidentale comunque in lento recupero, con una quota del 44% di
software copiato (sul totale venduto), seconda solo al 71% della
Grecia.
Il dato mondiale è impressionante: Ipr stima infatti in 12,2 miliardi
di dollari il valore delle perdite generate della pirateria, per un
totale di 59 miliardi di dollari assommati negli ultimi cinque anni.
Ma, secondo Siia (Software and Information Industry Association) e
Bsa (Business Software Alliance), che hanno commissionato l’indagine,
la cifra non è rappresentativa del fenomeno nel suo complesso, poiché
prende in esame il solo uso non autorizzato di prodotti all’interno
di aziende e non si spinge nelle case o nei piccoli uffici
sparpagliati per il globo. In questo contesto, Nordamerica, Asia ed
Europa assommano l’83% delle perdite totali registrate. Sul Vecchio
Continente, in particolare, i costi della pirateria sono stati
stimati in 3,5 miliardi di dollari, in lieve regresso rispetto al
recente passato. Grecia e Italia, come detto, sono fra le nazioni con
le maggiori colpe, ma non scherza anche la Francia, dove 4 programmi
su 10 usati in azienda risultano copiati illegalmente (per un costo
di 439 milioni di dollari). Germania e Gran Bretagna si attestano,
rispettivamente, al 27 e 26%. Le cifre includono la contraffazione di
Cd-Rom e lo scarico illegale da Internet.
Lo studio di Ipr ha preso in considerazione 82 paesi in sei zone
geografiche. L’Est Europa rimane l’area con il maggior tasso di
illegalità (70%), mentre seguono a breve distanza l’Africa e il Medio
Oriente, entrambe attestate intorno al 60%. Per il resto del mondo,
l’America Latina si colloca al 58%, l’Asia-Pacifico al 47%, Stati
Uniti e Canada al 25%. A livello di nazioni, Vietnam, Cina, Russia e
Indonesia sono fra le nazioni con i più alti livelli di pirateria,
essendo tutte collocate al di sopra dell’80%. Su base mondiale,
tuttavia, la pirateria è calata dal 49% del 1994 al 36% del 1999.
I commenti ai risultati dell’indagine evidenziano soprattutto, come
già rilevato, che si tratta comunque della punta di un iceberg
difficile da misurarecon precisione, pensando soprattutto alla
diffusione della pirateria on line. Il vicepresidente di Siia, Peter
Beruk, tuttavia, ha fatto notare come i produttori di software siano
in realtà in possesso della capacità di proteggere il proprio lavoro
dall’uso non autorizzato, ma non ne traggano il dovuto vantaggio a
livello universale. A titolo ottimistico, Beruk ha rilevato come la
diffusione del modello Asp possa servire da deterrente all’ulteriore
propagazione del fenomeno: "I programmai risiedono su server
centralizzati e l’accesso è più regolamentato. Dovessero gli Asp
avere un successo capillare, la pirateria potrebbe essere
sostanzialmente eliminata"
.
L’indagine di Ipr si è concentrata sulle aziende utenti. Nel totale
dei danni provocati, una quota deriva da realtà che caricano software
senza corretta licenza sui propri computer, ma non hanno intenzione
di far danno. Tuttavia, si tratta di una minoranza di situazioni,
poiché in generale le aziende sanno quel che fanno e, evidentemente,
decidono di pagare solo se colte in fallo.
Fra le possibili soluzioni tecniche al fenomeno, è stata citata la
diffusione dei cosiddetti "certificati digitali", che possono essere
integrati al software e automaticamente sbloccano l’applicazione solo
dopo l’avvenuta corretta registrazione. Questi sistemi, secondo Siia
e Bsa, possono essere facilmente adottati dai costruttori, anche se è
richiesto uno sforzo tecnico supplementare. Qualora un leader di
mercato, come Microsoft, aprisse la via, allora la diffusione
potrebbe essere rapida. Ma la casa di Bill Gates se n’è andata
dall’associazione Siia all’inizio dell’anno, dopo che quest’ultima
aveva assunto una posizione a lei contraria nella causa antitrust
contro il Doj americano.

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