Logistica integrata, workflow e informazioni condivise: ecco le innovazioni di processo sulle quali la startup fondata nel 2001 ha lavorato diventando oggi il secondo operatore di mercato italiano nell’intimo monomarca e nella moda mare.

Fondata nel 2001 a Gallarate (Va) da tre imprenditori napoletani, all’epoca convinti della possibilità di ritagliarsi una partecipazione importante nel mercato dell’intimo e della moda mare monomarca, Yamamay è oggi una realtà articolata in circa 700 negozi inaugurati lungo tutto lo Stivale per un totale di 600 dipendenti diretti impiegati sull’intero territorio nazionale.

Con l’avvento, nel 2010, di Gruppo Pianoforte Holding, nato dalla fusione tra Inticom e Kuvera cui, rispettivamente, fanno riferimento il già citato marchio di abbigliamento intimo Yamamay e quello di borse, valigie e accessori Carpisa, i numeri snocciolati da Francesco Pinto (nella foto), presidente Inticom, in occasione di un recente convegno organizzato da Aica, Aused e ClubTi in Assolombarda a Milano per parlare di eccellenza e innovazione, crescono fino a 1.200 negozi aperti a fine 2012, per un totale di 1.440 dipendenti impiegati ben oltre i soli confini nazionali.

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Un percorso di crescita che passa dall’aggregazione e che, con il più recente ingresso nel capitale societario al 10% di Intesa Sanpaolo, sposta un po’ più in là la sfida di un business intento a raggiungere, entro i prossimi tre anni, un obiettivo chiamato Borsa, «e con esso – precisa Pinto – quell’internazionalizzazione dei brand Yamamay, Carpisa e Jaked, con il quale il Gruppo identifica l’abbigliamento sportivo, utile a far massa critica, ad attirare talenti e ad aumentare i nostri investimenti in diversi settori, non da ultimo quello tecnologico».

Nata come startup quasi 12 anni fa, per Yamamay («il cui nome è un palindromo che si legge come si pronuncia sia da destra sia da sinistra e identifica un pregiato baco da seta giapponese che non è possibile coltivare in cattività»), la crescita è passata lavorando su tre aspetti fondamentali.

«Fin dal primo giorno – dettaglia Pinto –, siamo intervenuti per integrare logista, distribuzione e vendite in un unico processo realizzando una premessa fondamentale per diventare operatori del first fashion in grado di portare ai consumatori finali una proposta rinnovata in modo continuo e sostenibile».

Qui il prodotto diventa “prerequisito” e non più “obiettivo”, «perché se hai un buon prodotto ma non sai promuoverlo e ben distribuirlo non puoi sostenere gli investimenti e la pressione in termini di time to market».
Realizzati internamente a livello concettuale, l’ingegnerizzazione dei prodotti Yamamay non è, poi, cosa da poco, se si considera che, «solo un reggiseno è frutto dell’assemblaggio di oltre venti componenti diverse».

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La capacità di realizzare un prodotto “made in Italy nella sua concezione” è, però, vanificata se non è calata all’interno di un preciso sistema per automatizzare le procedure e i processi aziendali del lavoro cooperativo.
Solo grazie a un dettagliato workflow è, allora, possibile tenere traccia continua di quel che accade da quando si progetta una collezione e si disegnano i singoli prodotti «per avere una consapevolezza precisa delle date di consegna attorno alle quali ruotano il merchandising e la formazione ma anche la comunicazione esterna e le politiche commerciali dei diversi mercati interessati» precisa il manager non senza sottolineare «la valenza del legame strettissimo che, in azienda, amministratore delegato e responsabile dei sistemi informativi devono avere».

Infine, «per un’azienda che non è chiusa in un ufficio ma condivide luoghi di produzione e di vendita localizzati in diversi territori», le comunicazioni condivise si confermano un elemento strategico realizzato, qualche anno fa, con la dotazione su larga scale di dispositivi BlackBerry, «oggi affiancati da strumenti più innovativi per sapere in tempo reale cosa stiamo producendo, cosa stiamo vendendo, quali performance si sono raggiunte in un certo negozio, qual è lo stock per singola unità di prodotto in ogni singolo magazzino o quali sono i rendimenti per area geografica, così da essere più reattivi sulla gestione delle singole giornate di vendita».

Un modello di successo, che ha consentito “nel suo piccolo” a Yamamay di diventare il secondo operatore di mercato italiano nell’intimo monomarca e nella moda mare e di realizzare una crescita cui anche la migrazione di tutti i sistemi operativi affidata quest’anno in outsourcing a Bt contribuirà «realizzando un’infrastruttura informatica solida del Gruppo, anche a livello di connettività per arrivare ai nostri negozi, quindi ai consumatori finali, in modo diverso, ossia – conclude Pinto – tramite digital signage, Web radio e molto altro ancora».

Attenzione, però, perché come ricorda Pinto: «Non ci può essere un lavoro di innovazione, che presuppone lo sforzo di fare qualcosa in maniera diversa rispetto a quanto fatto fino ieri, se non si verifica un forte enforcement sui singoli progetti It da parte del top managament».
Di più: «Perché se manca un’attività di formazione puntuale e coerente con il progetto si rischia di realizzare il più clamoroso degli autogol perché nessuno utilizza gli strumenti chiamati a portare innovazione se prima non li capisce correttamente».

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