Per la carta italiana il 20% dei costi va in energia

Paolo Culicchi, presidente di Assocarta, spiega come le quotazioni di gas ed elettricità stiano mettendo a dura prova il settore. E lancia una provocazione contro la digitalizzazione

L’industria cartaria è uno dei settori produttivi più antichi del nostro Paese. Attualmente si posiziona al quarto posto in Europa dopo Germania, Finlandia e Svezia, supportata da numeri di tutto rispetto: 143 realtà produttive con 186 stabilimenti; circa 23.00 addetti diretti e altrettanti nell’indotto; 10,1 milioni di tonnellate di merce prodotta per un fatturato di 7,6 miliardi di euro (dati 2007). Ma negli ultimi anni la quantità di cartiere è costantemente diminuita a fronte di una crescita dei volumi che, via via, sta diventando sempre più risicata: solo l’1% lo scorso anno.
A pesare sulle imprese sono soprattutto i costi dell’energia, nonostante il comparto dichiari di aver raggiunto i più alti livelli di efficienza, grazie anche alla cogenerazione.
Ne abbiamo parlato con Paolo Culicchi, presidente di Assocarta, la storica associazione che raccoglie l’85% della produzione italiana.

Perché sulle cartiere italiane i costi dell’energia incidono così tanto rispetto ai concorrenti esteri?
Le cartiere italiane hanno un’incidenza media dei costi energetici sui costi di produzione superiore al 20%, anche doppia rispetto a quella dei concorrenti internazionali. Le penalizzazioni derivano sia da un maggiore prezzo del gas, che a fronte di un utilizzo di ben 2,5 miliardi di mc/anno per lo sviluppo della cogenerazione costituisce la principale voce della bolletta energetica, sia dell’energia elettrica di acquisto, che ammonta a circa 3,8 miliardi di kWh/anno.
Il differenziale nei costi dell’energia per le nostre imprese si sta drammaticamente amplificando nel corso di quest’anno per la brusca frenata dell’economia mondiale e la nazionale e, soprattutto, per la continua impennata dei prezzi del petrolio che minaccia di continuare. Nell’ultimo triennio, gli incrementi di costi dell’energia sono stati già dell’ordine del 50%. Senza considerare ulteriori incrementi delle quotazioni del greggio, e con un cambio euro/dollaro intorno a 1,5, i costi dell’energia per le cartiere italiane potrebbero raddoppiare entro la fine del prossimo anno.

Quali soluzioni avete individuato per far fronte ai costi energetici?
Con le organizzazioni sindacali abbiamo ritenuto indifferibile dar vita a un’iniziativa congiunta per rappresentare con urgenza al nuovo Governo la situazione dell’industria cartaria nazionale. Intendiamo richiamare l’attenzione sull’emergenza energetica, ma anche sulle notevoli potenzialità del settore e sulla sua rilevanza per l’interesse collettivo. Siamo consapevoli che il problema dell’energia in Italia può essere risolto solo con investimenti e interventi normativi in un orizzonte di medio-lungo termine. Assocarta sostiene senza mezzi termini quanto è stato detto per la ripresa del nucleare in Italia dal Ministro Scajola e dal presidente di Confindustria Marcegaglia.
Riguardo allo sviluppo della tecnologia della cogenerazione, che nel settore cartario trova un’applicazione ideale anche in relazione al contenimento delle emissioni di gas serra, auspichiamo che presto in Italia si arrivi a livelli di incentivi in linea con quelli dei paesi come la Spagna, che hanno assicurato un efficace recepimento della direttiva europea.

Il 2007 ha confermato un andamento della produzione in crescita modesta (+1%) e un più consistente aumento del fatturato (+5,7%). Cosa sta dietro questa forbice sempre più marcata?
Il 2007 è l’anno in cui il fatturato del settore, dopo i ridimensionamenti registrati tra il 2001 ed il 2003 e il lento recupero nei periodi successivi, è tornato per la prima volta sui livelli del 2000, a fronte di un’evoluzione continua dei volumi prodotti ben più accentuata nello stesso periodo (+11% circa nel complesso dal 2000 al 2007). Tale diverso andamento tra valori e volumi prodotti e venduti evidenzia le difficoltà incontrate in questi anni dal settore nel tentativo di recuperare i pesanti rincari delle materie prime energetiche e fibrose.

La dinamica del numero di aziende e di addetti mostra una diminuzione. Segnale di difficoltà o tendenza alla concentrazione?
Nonostante i significativi investimenti effettuati nel periodo 1998-2007, per oltre 6,5 miliardi di euro, l’industria cartaria italiana mostra crescenti difficoltà nel mantenere la propria capacità competitiva. Ricordo che l’Unione Europea ha abolito tutti i dazi sui prodotti cartari già dal 2004 e la competizione è sempre più forte. Le cartiere sono così spesso costrette, per mantenere le proprie quote di mercato rispetto ai principali competitor europei e internazionali, a non trasferire sui prezzi i maggiori costi di produzione, e questo spiega anche gli insoddisfacenti andamenti del fatturato.
Le continue compressioni dei margini hanno comportato, ma non solo in Italia, un processo di razionalizzazione anche a costo di alcune chiusure: negli ultimi anni abbiamo purtroppo dovuto registrare 24 chiusure di stabilimenti. E si stanno intensificando i segnali di preoccupazione per altre realtà produttive.

Il settore della carta da stampa è quello che dà maggiori segnali di crisi. La progressiva digitalizzazione dei documenti è una delle cause?
Le carte per scrivere e da stampa stanno soffrendo da tempo una situazione di sovracapacità a livello mondiale che, più che in altri comparti del settore, impedisce di trasferire i rincari dei costi sui prezzi con ovvie ripercussioni sui margini.
In aggiunta, molti sono i timori circa gli impatti di quanto disposto dall’articolo 27 (articolo“taglia carta”) del decreto legge del 25 giugno per ridurre i consumi di carta nella Pa e i costi di produzione e distribuzione della Gazzetta Ufficiale e, in generale, della crescente attenzione verso il digitale. Nonostante gli sforzi in termini di sostenibilità constatiamo come l’industria cartaria continui a essere percepita come inquinante e distruttrice di foreste. Ma diversamente dai produttori del legno e dell’edilizia, il nostro settore impiega una parte secondaria del tagliato. Recentemente, alcune campagne di comunicazione hanno attaccato l’industria cartaria evidenziando la bontà del documento digitale rispetto a quello cartaceo, sottovalutando, però, il ciclo di vita della carta e le problematiche di smaltimento e i consumi energetici legati all’hardware e software.

Il riciclo della carta è in costante crescita. Potrebbe essere potenziato per aumentare la sostenibilità del processo produttivo oppure c’è un limite “fisiologico”?
Attualmente ogni 100 chili di carta e cartone prodotti oltre 55 sono realizzati utilizzando carta da macero. L’Italia è così il terzo utilizzatore europeo, dopo Germania e Francia. La capacità di riciclo nazionale permette di coniugare sviluppo e servizio alla collettività. L’industria cartaria è infatti non solo il primo ma anche l’ultimo anello produttivo della filiera.
La raccolta, sulla base dell’azione svolta dal sistema Conai/Comieco, ha superato per la prima volta i 6,1 milioni di tonnellate, di cui 2,7 milioni provenienti dalla raccolta urbana. Ciò significa che solo lo scorso anno sono state evitate 20 discariche di medie dimensioni. Il limite “fisiologico” del macero è relativo alla qualità della carta che viene riciclata. Se è vero che la carta può venire riciclata sino a 7/8 volte, è però importante immettere nel processo produttivo nuova cellulosa per poter ottenere un macero di buona qualità.

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