Per comprendere Internet bisogna sfatare i falsi miti

Il Web non è virtuale, non è utilizzato da tutti e le informazioni sono commodity: le considerazioni di Gfk Eurisko sulla grande Rete

Al di là dei numeri, Internet è un fenomeno che deve essere prima di tutto capito, soprattutto da quanti vogliono sfruttare il mezzo per investimenti pubblicitari o comunque per comunicare generando del business. Da parecchio tempo in tanti cercano di dare interpretazioni, tra analisti, guru, consulenti e, anche, giornalisti.
Ne dà la propria visione anche Gfk Eurisko, partendo dal presupposto che i riferimenti consolidati hanno in realtà prospettive diverse e, soprattutto, cambiano. L’istituto di ricerca interpreta Internet non mediante assunti quanto, piuttosto, negando alcune definizioni che vengono generalmente assegnate al Web: bando, quindi, a tutti quei “miti” che costringono la Rete in abiti troppo stretti o inadeguati. Alla base degli spunti vi sono le indagini New Media Internet condotte sugli utenti della Rete

Il primo mito da sfatare è che ormai tutti usano Internet. In realtà questa semplificazione contiene un errore grossolano: è il 42-43% della popolazione sopra i 14 anni che ne fa uso, per un totale di 21 o 22 milioni di individui, e all’interno di questo bacino vi sono diversificazioni molto marcate; la penetrazione tra i dirigenti che vivono in grandi città come Milano, Roma o Torino, per esempio, è dell’82%. L’utilizzo del Web, insomma, dipende moltissimo dal target di utenza e in più non esiste un utente tipico. A parte il ricorso ai motori di ricerca o la posta elettronica, inoltre, le altre attività del Web sono praticate da una minoranza di utenti.

Seconda fondamentale considerazione: Internet non è un mondo virtuale. “Il Web è una realtà concretissima per chi lo usa ed è virtuale solo per chi non lo usa. È il media più aderente alla nostra vita quotidiana, si affianca ad attività umane preesistenti, potenziandole”, commenta Edmondo Lucchi, direttore Dipartimento New Media Gfk Eurisko. L’evidenza è suggerita dai motivi che spingono gli utenti a essere frequentatori del Web, che vedono in prima posizione interessi, hobby, esigenze di comunicazione, aggiornamento, studio, lavoro, organizzazione delle vacanze.
Secondo Lucchi pensare a Internet come mondo virtuale è pericoloso e il declino di SecondLife dovrebbe insegnare qualcosa, soprattutto se paragonato al successo di Facebook, caratterizzato da un’interfaccia del tutto convenzionale e con obiettivi d’uso assolutamente concreti.

Altro falso mito: In Italia si usa poco l’e-commerce perché non ci si fida dei pagamenti elettronici. In realtà, dicono gli utenti interpellati da Gfk Eurisko, ciò che conta veramente per più della metà dei nostri connazionali navigatori è la mancanza del contatto diretto con l’elemento umano e, anche, con la merce da acquistare. E non è nemmeno vero che chi fa e-commerce incappa spesso in problemi, dato che il 99% degli acquirenti elettronici si dichiara soddisfatto (nel 74% dei casi l’opinione è ottima). Evidenza, questa, che fa del commercio elettronico “il trionfo del servizio efficiente”, come dice Lucchi.

Sul fatto, poi, che in Internet contino soprattutto informazioni e contenuti, il commento di Lucchi è provocatorio per chi di mestiere li produce. “In una casa ciò che conta non sono i mattoni ma il progetto e il terreno. E difatti tutti i grandi player di Internet, da Google a Ebay, da YouTube ad Amazon, non sono produttori di contenuti ma mediatori. Nessuno vuole informazioni ma strumenti, soluzioni, esperienze”.
Secondo Eurisko le vere opportunità si aprono dunque per chi riesce a controllare il processo di intermediazione tra persone e informazioni. E a queste ultime resta il ruolo di commodity, per fortuna comunque necessaria.

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