Patentino per installare un router? Si torna a parlarne

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha avviato una consultazione pubblica sull’argomento invitando i soggetti interessati ad inviare, entro il prossimo 15 aprile, osservazioni e commenti.

Si torna a parlare del provvedimento del quale avevamo dato notizia a fine novembre e che si propone come “Attuazione della Direttiva 2008/63/CE relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni“.

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha avviato una consultazione pubblica sull’argomento invitando i soggetti interessati ad inviare, entro il prossimo 15 aprile, osservazioni e commenti. La bozza del Decreto Ministeriale, consultabile facendo riferimento al file PDF offerto a questo indirizzo, contiene le disposizioni che dovrebbero entrare a far parte della nuova normativa.

Il timore che sta serpeggiando tra gli “addetti ai lavori” è che, una volta approvata la disposizione, possa essere necessaria una sorta di “patentino” anche per l’installazione di un semplice router. All’articolo 10 comma 1 della bozza è infatti riportato quanto segue: “in attuazione del disposto di cui all’articolo 2, comma 2, lettera f) del decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 198, gli utenti possono provvedere autonomamente all’esecuzione dei lavori di cui all’articolo 2, comma 2, quando l’impianto interno di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla sua complessità e dalla larghezza di banda offerta dall’operatore di rete, ha una capacità non superiore a dieci punti di utilizzo finale e l’allacciamento dell’impianto stesso alla rete pubblica di comunicazione elettronica richiede il solo inserimento del connettore nel relativo punto terminale di rete“.

Alcuni esperti in “legalese” hanno sollevato qualche dubbio perché, con l’attuale impianto, non sarebbero ben definite le fasce di utenza escluse dal nuovo provvedimento. L’installazione di un router ADSL, ad esempio, è un’operaziono di per sé molto semplice che richiede, generalmente, la verifica delle impostazioni del dispositivo accedendo al suo pannello di amministrazione utilizzando una coppia di username e password. L’utente, quindi, non si limiterebbe al solo inserimento del connettore alla presa telefonica. Inoltre, se con l’espressione “non superiore a dieci punti di utilizzo finale” si vuol fare riferimento al numero di client che possono collegarsi al dispositivo, è importante far notare come un router, anche se equipaggiato con un numero ridotto di porte (i device consumer o small office sono spesso dotati di sole quattro porte ethernet), sia potenzialmente in grado di gestire molti più sistemi collegati all’interno della rete locale.

L’avvocato Fulvio Sarzana, esperto in diritto d’autore e nuove tecnologie, ha poi spostato l’attenzione su un altro punto ritenuto di valenza cruciale: “l’articolo 2, punto 2, equipara gli installatori alle imprese titolari di autorizzazione generale per l’installazione e la fornitura di reti pubbliche di comunicazione elettronica. Gli Isp (Internet service provider) che versano in media 600 euro di contributi governativi dovranno quindi pagare, se vogliono fare il lavoro di installatori Wi-Fi, le cifre molto più alte che pagano gli operatori telefonici (almeno 23 mila euro). Questi invece potranno fare gli installatori senza versare niente in più. Altro elemento assolutamente contrario alla concorrenza è la costituzione di un albo che, come è noto, limita la concorrenza soprattutto delle piccole e medie imprese, ma che è anche un limite alla circolazione dei servizi in sede europea“.

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