Partner da tenere in cassaforte

Le terze parti specializzate nello storage rappresentano un tesoro in termini di competenze e penetrazione del mercato

Buona conoscenza del mercato e spiccate capacità nell’identificazione dei bisogni dei propri clienti, ma anche abilità progettuale con l’offerta di soluzioni aperte, integrate, scalabili e soprattutto nel pieno rispetto degli investimenti già effettuati dai clienti. Infine, volontà di investire e propensione all’innovazione.
Eccolo il quadro del partner di canale perfetto per lo storage, un profilo ideale che oggi è difficile trovare sul mercato e non tanto per scarsa specializzazione (le competenze adeguate si possono sempre acquisire), ma per la poca volontà degli operatori di investire in un segmento emergente, sì, ma forse anche più scomodo rispetto alle attività già collaudate e più “tradizionali”.
Oggi il mercato è in un momento particolare: la domanda di storage non è ancora esplicitata del tutto da parte della clientela e solo vendor e operatori sono consapevoli delle potenzialità che covano sotto la cenere. Da qui un aspetto diventato fondamentale per chi vende queste soluzioni, consolidare la presenza sul territorio, aumentare la vicinanza alla clientela, prepararsi ad affrontare un salto di qualità che prima o poi apparirà alle aziende non solo come inevitabile, ma anche come essenziale. Va poi tenuto presente che l’utilizzo del canale indiretto nello storage è ormai dovuto a due fattori che si intersecano.

In primo luogo la soglia di prezzo per i prodotti entry level, divenuto alla portata della piccola e media azienda, e in seconda battuta il fatto che questa tipologia di azienda presenta una domanda crescente, ancora indifferenziata e generica, che potrebbe dare molte soddisfazioni se si riuscisse a indirizzarla in modo corretto verso i vantaggi di una gestione più efficace dei dati.
Dalle strategie alla realtà
La crescita del numero dei partner e delle loro competenze, la copertura e la penetrazione del mercato e i risultati di business sono dunque diventati essenziali, ma soprattutto sono gli elementi concreti per capire se scelte e strategie di business sono positive e ben veicolate dal canale.
Alcuni responsabili dei grandi player di questo settore, da noi intervistati, non si sbilanciano troppo e mostrano soddisfazione per la loro azione, sia per la composizione che per le competenze del loro canale storage.
«La chiusura positiva del 2001 con una crescita costante del fatturato e un +10% nelle vendite in Italia rispetto al 2000 – spiega Ernesto Zorloni, responsabile del canale di StorageTek Italia -, ci premia per aver operato in maniera coordinata con il canale indiretto».

«Stiamo procedendo coerentemente con le nostre strategie nell’area dei prodotti – afferma Maria Rita Montini, responsabile del canale storage di Ibm Italia -. Ma stiamo anche ampliando l’offerta in tutte le aree di mercato, con una gamma di sistemi e soluzioni specifiche per ogni tipologia di cliente. Facciamo investimenti sostanziali anche sul fronte della copertura di mercato in termini di numero di partner coinvolti e di competenze diversificate e specialistiche. In particolare, su quest’ultimo aspetto Ibm ha sempre puntato molto sulla preparazione e l’aggiornamento dei partner, un fattore chiave per differenziarsi ed essere primi in questo mercato».
Certo, gli andamenti positivi dobbiamo darli per scontati, nessuna grande azienda è disposta a rimangiarsi le strategie o a dichiarare che le cose stanno andando male. Tuttavia, per il canale italiano al di là delle strategie, esistono una serie di inconvenienti da superare e i buoni propositi e le belle dichiarazioni non li risolvono.

Cosa fare e in che modo agire per risolverli?
L’education è un punto centrale nell’evoluzione del canale, ma va intesa come approfondimento, aggiornamento e pratica. Ibm, per esempio, su questo fronte tende a coinvolgere direttamente i partner a livello locale e internazionale. Da qui la nascita dei tre “Total Storage Solution Center” aperti in Italia da business partner di Big Blue, il che la dice lunga sulla volontà di rendere più pratico l’addestramento dei partner.
«A corredo di questa strategia, sono stati annunciati vari programmi di marketing che supportano le attività del canale soprattutto per quanto concerne le offerte per la Pmi – spiega Montini -. Infine, nelle soluzioni enterprise, abbiamo programmi con attività di co-marketing personalizzate con ogni partner su singoli customer-set. Sono programmi che di volta in volta definiamo per favorire le attività specifiche dei partner in funzione delle offerte, dei mercati e dei piani che intendono affrontare».
Ancora più decisa appare l’azione di Ca, che proprio partendo dalla necessità di dare più forza al canale ha scelto il segmento storage per verificare la possibilità di fondere l’azione della forza vendita diretta con quella indiretta. Il Prefered Channel Program (di cui parliamo diffusamente in questo numero della nostra rivista), nelle intenzioni del management di Ca, vuole rendere sinergiche le opzioni di vendita con uno scambio continuo di competenze che dovrebbe rafforzare la penetrazione delle loro soluzioni storage.
«L’iniziativa non va letta in un solo senso – precisa Mark Milford, worldwide channel manager di Ca -, anche se è vero che negli Stati Uniti abbiamo avuto un eccesso di scontistica da parte della vendita diretta. Ora, però, occorre potenziare il canale. Contiamo di coinvolgere società specializzate, o che vogliono diventarlo, dando formazione e certificazione e assicurando la fornitura di servizi, che prima provocavano tensioni fra i due canali di vendita».
Una testimonianza significativa di come la battaglia sul segmento storage stia tutta nel “come arrivare” al mercato e non più nello stimolare la domanda, fino a qualche tempo significativa solo nella fascia più alta del mercato.

Competenze
e cambiamenti
Più specifica sullo storage network è l’argomentazione di Zorloni, che è giustamente preoccupato per le scarse competenze e la poca volontà presente nel canale: «Riteniamo ancora critica la fase di formazione e aggiornamento sui sistemi di Storage Area Network, settore nel quale StorageTek investe da oltre tre anni. Gli operatori continuano a erudirsi sui singoli dispositivi di storage, tralasciando, magari per problemi di tempo, l’analisi sui servizi e l’installazione di progetti più complessi in ambienti San».
Ma su questo punto l’analisi più interessante viene da Marco Cavezzale, marketing manager storage di Hp.
«I partner devono comprendere che sta cambiando la logica di acquisto dello storage. Prima era inglobato nella vendita dei server, mentre oggi è a se stante, per cui viene acquistata in momenti diversi e soprattutto da persone che in azienda svolgono funzioni differenti e questo può comportare anche la scelta di un altro fornitore ».
Fine delle vecchie certezze, ma anche spazio per nuove opportunità, se si riesce a superare svogliatezze o paure per una nuova e, per taluni, ennesima specializzazione.
La criticità dell’aspetto formativo viene messo in evidenza anche da uno dei pochi system integrator italiani che opera nello storage anche con l’uso di terze parti (di cui parliamo in dettaglio più avanti). Massimo Trevisan, direttore commerciale di Tecnosystem del Gruppo Terasystem, non ha dubbi sul problema principale: «A nostro avviso sta nella scarsa attenzione che il canale mostra nei confronti della formazione – spiega Trevisan -, in questo ambito le competenze sono essenziali. Reperire sul mercato personale qualificato non è affatto semplice e formarlo diventa ancora più difficile. Vi sono poche realtà nel nostro Paese in grado di formare personale tecnico dedicato a questo ambito. Per questo abbiamo creato la divisione Terasystem University per la formazione di personale tecnico nell’ambito del mass storage. I nostri partner accedono ai corsi attraverso condizioni economiche estremamente vantaggiose, così riusciamo in tempi relativamente brevi a creare le competenze necessarie per farli operare direttamente e autonomamente sul campo».

Sempre muovendoci a livello intermedio, lungo la filiera informatica, troviamo concetti simili, ma questa volta le critiche sembrano rivolgersi all’utenza finale.
Ecco come un grande distributore nazionale vede la situazione: «Pur fornendo supporto ai dealer in termini di conoscenze e benefici per le Pmi che scelgono sistemi di questo tipo – sottolinea Morena Maestroni, Hp division manager di Esprinet -, le soluzioni storage incontrano ancora resistenza da parte di queste aziende. Non è ancora diffusa la percezione di quelli che possono essere i saved costing generati dall’utilizzo di determinate tipologie di servizi, soprattutto nella fascia medio-piccola del mercato. Non esiste ancora una cultura della totalità dei dati, cioè di quale patrimonio rappresentino i dati stessi dell’azienda, spesso e volentieri considerati solo come storico. Occorre ancora lavorare in questa direzione promuovendo attività d’informazione sull’utenza finale, così da agevolare il lavoro di distributori e dealer».

Cosa farà
il canale?
Un dealer, invece, critica la troppa teoria che abbonda in questo periodo: «Se è vero che con molti prodotti si consente al rivenditore di proporsi nell’area storage all’utenza di medie e piccole dimensioni – dice Gabriele Lombardi, responsabile vendite servizi e soluzioni di Npo -, è altrettanto vero che sui servizi software, che nella vendita possono davvero fare la differenza, occorre lavorare di più. Non solo con corsi di formazione, ma proponendo una vera e propria sperimentazione sul campo, che permetta di essere operativi nel momento in cui si va a installare la soluzione dal cliente. In questo modo si possono colmare le lacune legate all’erogazione dei servizi proposti e a quelle della parte di pre-vendita. Il vendor dovrebbe mettere a disposizione del rivenditore il prodotto con agevolazioni o, meglio, in prestito».
Non sappiamo se è nato prima l’uovo o la gallina, ma il problema resta sempre lo stesso … questione di tempi.
Gli analisti di mercato al momento concordano su due punti: entro il 2003 il budget delle aziende dedicato all’It riguarderà per il 70% lo storage e che oggi solo il 35% dei dati in formato cartaceo sono stati convertiti in dati digitali. Questo significa che solo le società del canale che avranno investito in personale qualificato, e sempre in linea con le nuove tecnologie, potrà rispondere alla domanda che il mercato sta per offrire.

L’operatore di canale in base a questi dati non dovrebbe avere incertezze nell’acquisire personale dedicato, ma soprattutto deve considerare lo storage come parte essenziale del mercato It e non più come una semplice opzione aggiuntiva ai suoi affari.
«Come più volte evidenziato dagli analisti di mercato, l’Ict corre, i clienti cambiano, ma gli operatori italiani continuano a vendere come dieci anni fa – stigmatizza a proposito Zorloni -. La maggiore criticità è senza dubbio legata al grosso cambiamento richiesto agli operatori del canale, che devono trasformarsi da semplici box mover a esperti di soluzioni chiavi in mano».
La preparazione tecnica e commerciale deve essere incoraggiata generosamente anche dai vendor, indipendentemente dai marchi e dalle specializzazioni, con investimenti atti a migliorare il rapporto, ma soprattutto la consapevolezza delle dinamiche del mercato, che continua, a dispetto dei rallentamenti congiunturali, a essere in rapida evoluzione.

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