Partire con assessment mirati per capire che mosse fare

Ibm per prima ha vissuto sulla propria pelle tutti i problemi che un’azienda deve affrontare per consolidare e razionalizzare le proprie infrastrutture It in un’ottica di risparmio energetico e di impatto ambientale. Giovanni Boniardi, responsabile Gre …

Ibm per prima ha vissuto sulla propria pelle tutti i problemi che un’azienda deve affrontare per consolidare e razionalizzare le proprie infrastrutture It in un’ottica di risparmio energetico e di impatto ambientale. Giovanni Boniardi, responsabile Green Data Center di Ibm Italia, in questa intervista ricorda come dal 1990 al 2005 Ibm abbia avviato un radicale consolidamento di tutte le infrastrutture It e data center «passate da centinaia a poche unità, con riduzione dell’85% degli spazi occupati e dell’80% dell’energia. In termini di Tco, il risparmio è stato di 250 milioni di dollari all’anno, per cui abbiamo avuto la possibilità di maturare best practice, metodologie e competenze che sono state messe a fattor comune, all’interno del nostro portafoglio di prodotti e servizi».

Infatti, nel 2007 la società ha presentato il Project Big Green 1.0, e ora, dopo oltre un anno, sta lanciando la versione 2.0, che ne è un affinamento ma soprattutto un ampliamento di orizzonti. «Con la 2.0 – precisa Boniardi – ampliamo di molto l’offerta relativa ai data center, che in qualche modo viene pacchettizzata in tre tipologie, come Enterprise Modular Data Center, Portable e Modular High Density Zone, fino ad arrivare a essere customizzata, in quanto le esigenze di un centro calcolo sono diverse per le aziende clienti. Il tutto con un approccio olistico in ottica green It. Per cui nascono dei servizi, come It Carbon Strategy, con il quale si cerca di individuare, attraverso dei workshop mirati, quanto sia una problematica sentita l’efficientamento energetico o l’impatto ambientale. A valle di questo ci sono gli interventi in ambito servizi e tecnologia, ai quali si affianca anche l’aspetto del software, che nella 2.0 viene rafforzato, dando enfasi a tutta la componente più a supporto della tecnologia. Quindi la nostra offerta hardware e storage viene fornita con uno strato di software, l’Active Energy Manager, un modulo che valuta i consumi sia in tempo reale che in termini di trend, dei nostri prodotti. Stiamo, inoltre, avviando una serie di partnership e accordi con le maggiori case produttrici anche di facility, dagli Ups ai condizionatori, per cui si sta creando un ecosistema di soluzioni che si allacciano l’una con l’altra in una visione unica, perché è quello che ci stanno chiedendo i clienti».

Sotto a tutto questo c’è l’integrazione con le console operative di Tivoli, che quindi si arricchisce con le soluzioni di valutazione energetica. Naturalmente ai clienti non si può chiedere di eliminare tutto il vecchio per implementare il nuovo, per cui l’idea di Ibm è di partire con degli assessment mirati, sia sul fronte It che su quello delle facility, che in un green data center vanno in parallelo. «Proponiamo, quindi, di studiare l’efficienza complessiva della struttura It del cliente e diamo un resoconto di quanto viene sfruttata la capacità elaborativa disponibile, mettendola anche in relazione allo spazio occupato dal data center. Parallelamente, valutiamo anche lo strato di facility, in quanto mettiamo in relazione la quantità complessiva di energia che entra nel data center con la quota parte che viene attribuita a Ups, condizionatori e power distribution».

Il tutto con l’obiettivo di individuare le best practice che servono per uno specifico data center e, soprattutto, per elencare in ordine di priorità gli interventi da fare. «Realizziamo, quindi, una road map progettuale, che in prima battuta mira a interventi a bassa invasività, che mediamente danno circa un 20% di benefici dal punto di vista di risparmio energetico, dopo di che si sale di gradino, per cui gli interventi diventano più onerosi, e magari possono coinvolgere anche un parziale upgrade tecnologico. In questo caso, si mette il cliente davanti a business case molto rigorosi, con proiezione magari a tre anni, i cui investimenti possono avere già un ritorno solo con la riduzione della bolletta energetica».

Riguardo ai riscontri ricevuti dai propri clienti, Boniardi osserva che sono tutti molto attenti al green It, però poi sono piuttosto cauti nel tradurre in investimenti concreti e scelte operative questi messaggi, perché vogliono capire qual è il ritorno in termini economici e dall’altro quali sono le imposizioni normative o piuttosto le facilitazioni e le sovvenzioni. «Vediamo, tuttavia, un grosso impegno da parte delle grandi aziende, molte delle quali ci hanno richiesto numerosi assessment energetici, anche periodici, su tutta l’infrastruttura It, per cui abbiamo prodotto i classici “libri bianchi”, in modo da dare al cliente tutti gli strumenti affinché possa scriversi le proprie green policy, per poi tradurle in interventi a budget che si possono declinare negli anni. Per noi, tuttavia, è importante far nascere la consapevolezza del problema green e dall’altro dare al mercato un messaggio di competenza, di offerta e di servizi rigorosi e puntuali».

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