Outsourcing a ciascuno il suo

Forrester Research propone un modello utile per districarsi tra le diverse opzioni, tenendo conto di quello che si vuole ottenere dal contratto e della tipologia di organizzazione It

L’esternalizzazione di alcuni componenti informatici è una pratica che inizia a diffondersi ormai massicciamente. Molte le opzioni possibili, tanto che spesso le grandi aziende hanno difficoltà a districarsi tra le pieghe di questo universo così complesso. Un po’ di chiarezza ci aiuta a farla Forrester Research, che ha elaborato un modello utile a capire quali opzioni contrattuali possano essere adatte a ciascuna azienda. «L’obiettivo di questa sistematizzazione – esordisce Euan Davis, principal analyst di Forrester Research – è di riuscire a coordinare al meglio le risorse e gli impegni contrattuali, oltre che, ovviamente ridurre costi, ridondanze o sovrapposizioni. L’idea che ci ha guidato nell’elaborazione del modello è di riuscire ad attribuire facilmente un tipo di contratto a un’azienda, semplicemente analizzando le caratteristiche del dipartimento It interno e le aspettative che il cliente ha in merito a questi contratti». Secondo l’analista, occorre cercare di comprendere a quale tipologia di organizzazione può essere ricondotto il reparto Edp interno, selezionandolo tra 3 modelli. Il primo, detto centralizzato, presume che nessuna operazione informatica possa esistere, se non sotto l’egida della struttura Ict. Il modello decentrato, invece, prevede un sistema di deleghe sulle quali i singoli reparti godono di autonomia nella definizione e implementazione di elementi informatici. L’It federato, infine, ipotizza che alcune funzioni strategiche siano centralizzate, mentre su altre le singole business unit hanno margine di manovra. «Il profilo delineato – sostiene Davis – va, poi, confrontato con le aspettative dell’azienda. Bisogna, infatti, capire se con l’outsourcing l’organizzazione si prefigge di ottenere un’It più economica; un’It migliore, cioè in grado di rispettare gli obiettivi di un progetto, in termini di budget e tempistiche; oppure di aumentare gli interventi dell’It, quindi di fare più cose a parità di budget». Incrociando le due dimensioni di analisi, si crea una griglia di 6 possibili alternative, sintetizzate nello schema a fondo pagina. Una volta compiuta la scelta, però, il lavoro non è ancora terminato. Si rende, infatti, necessario stabilire le priorità in termini di risorse dedicate, razionalizzare e garantire la sicurezza dell’implementazione. «Io suggerisco – dice Davis – di evangelizzare la struttura It, creare uno steering committee che non solo approvi ma sponsorizzi il progetto. Fondamentali sono anche il benestare del Cda e, più in generale, delle alte sfere dell’azienda». In linea di principio, le imprese lamentano una certa rigidità nei contratti già siglati, soprattutto se lo scopo dell’outsourcing è di introdurre alcune innovazioni tecnologiche o di processo. Ecco perché la corretta pianificazione del progetto di esternalizzazione e la selezione del partner, secondo l’analista, devono essere condotte con estrema attenzione. «Tre sono – conclude -, gli elementi chiave del ciclo di gestione dell’out­sourcing, riconducibili alla preparazione dei contratti, alla loro esecuzione e alla gestione dei fornitori di servizi. A queste tre attività specifiche dovrebbero, in linea di principio, corrispondere in azienda tre figure distinte. In realtà, poi, tutto il modello va, comunque, rivalutato e tarato sulla base delle professionalità presenti in azienda. In particolare, occorre tener conto che se è vero che molte aziende sono spinte a esternalizzare dal miraggio del contenimento dei costi dell’It, in realtà i maggiori benefici sono legati all’ottimizzazione dei processi e, soprattutto, alla loro standardizzazione».

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