Orario di lavoro: nuova disciplina su riposi, lavoro notturno e deroghe alla contrattazione collettiva

In vigore le modifiche disposte dal decreto legge n. 112/08

Con decorrenza 25 giugno 2006, data di pubblicazione sulla G.U. n. 147 del Decreto Legge n. 112/08 (c.d. “Manovra d’estate”), sono entrate in vigore le modifiche disposte da tale provvedimento normativo in tema di orario di lavoro (D.Lgs. n. 66/03).


Le principali modifiche apportate dall’art. 41 del decreto in esame, integralmente recepite dalla legge di conversione del 6 agosto 2008 n. 133, concernono:


– la definizione di lavoratore notturno;


– la disciplina dei riposi giornalieri e settimanali;


– le sanzioni amministrative e pecuniarie in caso di violazione della disciplina sui riposi giornalieri;


– l’abrogazione della fattispecie di sospensione dell’attività imprenditoriale in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di orario di lavoro;


– l’abrogazione dell’obbligo di comunicazione alla Direzione Provinciale del Lavoro:


– del superamento della 48a ora di lavoro, attraverso prestazioni di lavoro straordinario;


– della esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo.


Lavoratore notturno
È considerato lavoratore notturno:


– chiunque durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale (art. 1, comma 2, lett. e), punto 1, D.Lgs. n. 66/03) in alternativa


– chiunque svolga per almeno tre ore durante il periodo notturno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro (art. 1, comma 2, lett. e), punto 2, D.Lgs. n. 66/03, come modificato dall’art. 41, D.L. n. 112/08).


Relativamente a tale punto, occorre rilevare che – a differenza del testo previgente che definiva lavoratore notturno chiunque svolgesse di notte almeno una parte del suo orario di lavoro – il legislatore, subordinando nel testo vigente la definizione di lavoratore notturno allo svolgimento per almeno tre ore durante il periodo notturno (1) di una parte dell’orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro, ha inteso vincolare tutti i CCNL al rispetto di tale limite.


Ciò al fine di tutelare il lavoratore da possibili deroghe in pejus del predetto limite da parte della contrattazione collettiva.


– in difetto di disciplina collettiva, chiunque svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno (2), riproporzionati in caso di lavoro a tempo parziale (art. 1, comma 2, lett. e), punto 2, D.L.gs n. 66/03, come modificato dall’art. 41, D.L. n. 112/08).


Riposo giornaliero
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. b), D.Lgs. n. 66/2003 si intende per “periodo di riposo” qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro (pause, riposi giornalieri, riposi settimanali, ferie).


Per quanto concerne i riposi giornalieri, ai sensi dell’art. 7, D.Lgs. n. 66/2003, il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore, ad eccezione:


– delle attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata (es: attività di pulizie, di ristorazione collettiva);


– delle attività che si svolgono in regime di reperibilità (3). Ovviamente, in caso di chiamata, il lavoratore al termine dell’intervento in reperibilità avrà diritto a fruire di un equivalente riposo compensativo.


Sotto il profilo sanzionatorio, in caso di violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di far fruire al lavoratore del riposo giornaliero, la nuova sanzione introdotta dal decreto legge in esame varia da un minimo di € 25,00 ad un massimo di € 100,00 in relazione ad ogni singolo lavoratore e ad ogni singolo periodo di 24 ore (in precedenza prefissata entro limiti edittali più elevati, ossia da un minimo di € 105,00 ad un massimo di € 630,00).


Riposo settimanale
Per quanto concerne i riposi settimanali ai sensi dell’art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 66/2003, il lavoratore ha diritto a fruire di un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive ogni sette giorni, di regola in coincidenza con la domenica da cumulare con le 11 ore di riposo giornaliero.


Il decreto legge, ai fini del computo della consecutività del riposo, precisa che lo stessa dovrà calcolarsi come media in un periodo non superiore a 14 giorni.


Tale modifica permette di organizzare turni di lavoro anche per più di 6 giorni, purché nell’ambito di 14 giorni di calendario vi siano almeno 48 ore di riposo (2 periodi di riposo di 24 ore consecutive ovvero di 48 ore consecutive).


È possibile derogare la normativa sui riposi settimanali in caso di:


– attività di lavoro a turni ogni volta il lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di un turno o di una squadra e l’inizio del successivo, di periodi di riposo giornaliero o settimanale;


– attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;


– attività svolta dal Personale del settore trasporti ferroviari (es: servizio prestato a bordo dei treni);


– specifiche deroghe dalla contrattazione collettiva a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.


Sospensione dell’attività imprenditoriale
Il decreto legge in esame, solo limitatamente alla fattispecie di reiterate (4) violazioni in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale di cui agli art. 4,7 e 9 D.Lgs. n. 66/2003, ha abrogato la previsione normativa contenuta nell’art. 14, D.Lgs. n. 81/08 che consentiva agli Organi di Vigilanza del Ministero del Lavoro di sospendere l’attività imprenditoriale.


Tale misura sospensiva continua a trovare applicazione in caso di:


– impiego di Personale non risultante da scritture o documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro;


– reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.


In tal caso, l’adozione del provvedimento di sospensione è comunicata per gli aspetti di rispettiva competenza:


– alla Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavoro servizi e forniture (di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 163/2006);


– al Ministero delle infrastrutture.


Quanto sopra al fine dell’emanazione da parte di tali organi di un provvedimento interdittivo (alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni e alla partecipazione a gare pubbliche) di durata pari alla sospensione medesima, nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni.


Il provvedimento di sospensione può essere revocato da parte dell’Organo di Vigilanza che lo ha adottato, in presenza delle seguenti condizioni:


a) regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;


b) accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nell’ipotesi di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (5);


c) pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a € 2.500,00 fatta salva comunque l’applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti.


Comunicazioni alla DPL in tema di orario di lavoro
A tale riguardo, il decreto legge in esame ha abrogato le seguenti disposizioni normative:


– art. 4, comma 5, D.Lgs. n. 66/2003, relativo all’obbligo di comunicazione alla Direzione Provinciale del Lavoro del superamento della 48a ora di lavoro, attraverso prestazioni di lavoro straordinario. Pertanto in caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale attraverso prestazioni di lavoro straordinario le unità produttive che occupano più di dieci dipendenti non sono più obbligate a comunicare, entro trenta giorni dalla scadenza del periodo di riferimento, tale superamento alla Direzione Provinciale del Lavoro.


– art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 66/2003, relativo all’obbligo di comunicazione annuale alla DPL della esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo.


(1) Il periodo notturno consiste nell’arco di tempo di almeno 7 ore consecutive, ricomprese nell’intervallo tra le 24 e le 5 del mattino (D.Lgs. 26 novembre 1999, n. 532, art. 2, comma 1, lett. a).


(2) Non è considerato lavoratore notturno colui il quale svolga prestazioni durante il periodo notturno superando il limite degli 80 giorni a causa di sopravvenuti eventi eccezionali e straordinari.


(3) La reperibilità non costituisce una prestazione di lavoro, bensì una limitazione della libertà personale del lavoratore, che resta a disposizione del datore di lavoro al di fuori del normale orario di lavoro, per periodi determinati. Per quanto concerne gli aspetti retributivi, non trattandosi di prestazioni di lavoro, la limitazione della libertà personale derivante dall’obbligo di reperibilità viene normalmente indennizzata nella forma di una “indennità fissa”, mentre soltanto l’eventuale chiamata aziendale origina una vera e propria prestazione di lavoro, che può essere effettuata in via “remota”, attraverso un collegamento telematico (o anche telefonico, nei casi più semplici), tra l’utente e il Personale in reperibilità oppure mediante intervento in sede, che assumerà i caratteri della trasferta se realizzata presso il Cliente o comunque presso una sede aziendale diversa da quella del dipendente in reperibilità. Giova peraltro sottolineare che, in linea generale, mentre l’indennità di reperibilità può essere generalmente corrisposta a tutto il Personale, l’intervento dalla reperibilità costituisce prestazione di lavoro straordinario per il Personale non direttivo, mentre non genera diritto a compenso per il Personale direttivo che, come tale, sia remunerato anche per prestazioni di lavoro che dovessero eccedere il normale orario di lavoro.


(4) Il termine “reiterate violazioni” va inteso come “recidiva aggravata” di una o più delle diverse condotte illecite contemplate nella norma in esame, riferita ad almeno un lavoratore, in un determinato arco temporale (l’art. 8 bis della L. n. 689/1981, ad esempio, prende in considerazione gli ultimi 5 anni), tale da non poter considerare la condotta stessa meramente occasionale (Circ. Min Lav. n. 29 del 28 settembre 2006).


(5) A tale riguardo il Min Lav. con lettera circolare n. 10797/2007 ha precisato che “ove il provvedimento di sospensione sia intervenuto per violazione della normativa prevenzionistica, la revoca dello stesso può aversi con la verifica della regolarizzazione delle violazioni accertate, senza necessariamente attendere anche il pagamento dell’importo della somma dovuta a seguito di prescrizione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 758/94 in quanto ciò che rileva è la mera reintegrazione dell’ordine giuridico violato”.


(per maggiori approfondimenti vedi Novecentolavoro, Novecento media)

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