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Oracle, nel destino dell’IT c’è una nuova automazione

Per Fabio Spoletini, country leader di Oracle abbiamo davanti cinque anni di trasformazione del cloud nel segno dell’automazione. Perchè la business process innovation si fa anche con l’intelligenza artificiale, ossia con l’utilizzo di dati in tempo reale.

E Oracle stessa, rivela Spoletini, si è strutturata per essere un’azienda che intende sfruttare l’ automazione al meglio, usando i propri dati in real time. Emblematico è il fatto che la stessa corporation possa chiudere il proprio bilancio in un giorno, non in un mese. E che possa farlo tutti i giorni dell’anno. Ma per arrivare a questo traguardo è servito mettere ordine nei dati.

Fabio Spoletini country leader di Oracle

Ma oggi, per tutti, poter avere in real time l’immagine aziendale è un problema, perché i dati sono ancora immagazzinati a silos.

Il tema del dato real time è dunque quello chiave, ed è per questo che oggi si sente parlare di data driven company.

Superare i silos

Il punto è che nel cloud per le applicazioni non ha senso seguire  la vecchia logica del best of breed. Per superare le limitazioni data dai silos di dati servono tecnologie acconce, ma va anche rivisto il rapporto fra cliente e fornitore. Che, appunto, per Spoletini non può essere più il best of breed.

Dal punto di vista dell’offerente (ossiada quello di Oracle) nell’era del cloud si deve potenziare il post vendita con una struttura di servizi in grado di erogare soluzioni end to end. Ergo il rapporto cliente fornitore rivisto in logica di partnership.

L’azione deve tendere all’introduzione di soluzioni cloud standard, almeno al 70%, se non all’80% per far sì che si realizzino concretamente i benefici prodotto dall’automazione, altrimenti si deve parlare di soluzioni custom.

Ecco perchè secondo Spoletini i progetti di automazione cloud si devono affrontare con, allo stesso tavolo, i responsabili IT e business, per beneficiare di standardizzazione e di aderenza al business.

Progetti di automazione compresi da CEO e CFO

Nel cloud conta la specializzazione: il partner deve conoscere bene tanto i clienti quanto il prodotto che va a implementare. Non si devono fare progetti in cloud come se fossero on premise, sottolinea Spoletini: «devono essere quick win e con continui roll out. Progetti a due anni noi non ne facciamo più. Un andamento, questo, che viene capito benissimo da CFO e CEO. Il concetto dell’autonomous datawarehouse, per esempio, lo capiscono benissimo. Sta all’IT come la robotica sta al manufacturing. Tutto gira attorno al tema dell’automazione».

Da quanto detto da Spoletini appare chiaro che la fase critica del cloud è il change management che produce. Oracle la segue avvalendosi delle competenze di un centro di eccellenza internazionale.

Automazione e manufacturing, affinità elettive

Le medie aziende italiane in campo manufacturing, che hanno mercato all’estero riescono a seguire bene la trasformazione che il cloud promette e produce, spiega Spoletini.
I clienti – dice Spoletini – stanno capendo che il fattore differenziante oggi sul cloud è il PaaS, il Platform as a Service.
Fare IaaS significa utilizzare meglio le risorse, quando si parla di automazione si va invece a toccare altre voci di costo e lo si può fare solamente con la leva delle piattaforme.

«Il valore di Oracle è nelle grandi trasformazioni che si possono fare a livello end to end – chiosa Spoletini -. Il best of breed lo si fa on premise, nel datacenter interno». Tutto il resto è automazione.

Il focus di Oracle, allora? «Diventare leading player sulle enterprise application. La customer experience è marketing, servizio, field service, un mondo più ampio. Per noi l’anno prossimo sarà quello dei progetti disruptive, che stanno iniziando adesso. Avremo il wow effect nel 2019».

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