Operatività totale e senza interruzioni

La business continuity in Federazione Lombarda Bcc è una questione di processi

Nata nel 1964 per volontà di 113 casse rurali e artigiane lombarde (oggi banche di credito cooperativo), con l’obiettivo di agevolare il movimento cooperativistico delle casse rurali, la Federazione Lombarda delle Banche di Credito Cooperativo rappresenta 48 istituti (per un totale di 638 sportelli) e più di 5.200 dipendenti. L’entità svolge una funzione di rappresentanza delle singole Bcc sul territorio, si occupa della promozione, del coordinamento, dell’assistenza tecnica, della revisione e dell’attività di controllo degli associati. Per attuare le disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia, si è reso necessario sviluppare un progetto che garantisse gli standard di continuità operativa per le Bcc. La Federazione disponeva di un modello di sviluppo della business continuity realizzato da Federcasse (rappresentante nazionale), in collaborazione con le 14 federazioni locali. Era, tuttavia, necessario che il progetto fosse declinato sulle esigenze di banche di dimensioni diverse.
«La realizzazione del piano di continuità operativa – esordisce Filippo Spina, direttore generale di Federazione Lombarda delle Banche di Credito Cooperativo – ha impiegato tutto il 2006. I primi mesi hanno visto la pianificazione, a livello di sistema, delle linee guida, attività che ha investito Federcasse insieme alle federazioni regionali e che ha coinvolto gli outsourcer informatici e alcuni istituti». Tra giugno e dicembre, invece, si è proceduto alla declinazione del modello nazionale nel contesto lombardo. In questa seconda fase, sono stati coinvolti i partner T-Systems e Adfor. Il lavoro svolto ha impiegato in tutto 12 persone. Un responsabile della Federazione ha curato l’attività di condivisione degli elementi, reperimento dei sistemi e identificazione dei processi produttivi delle Bcc da sottoporre a continuità operativa, coadiuvato da 4 unità interne e da altrettante figure di T-Systems e Adfor. Tre operatori dei partner coinvolti sono stati, invece, dedicati alle attività di back office, finalizzate alla personalizzazione, per ogni singola banca, dei processi relativi alla business continuity.


L’unione fa la forza


«Il tutto – puntualizza il manager – è avvenuto nel rispetto della scadenza prevista dalla normativa di vigilanza, fissata al 31 dicembre 2006. Nonostante la definizione dei rischi connessi sia talmente vasta ed eterogenea da renderne difficile una valutazione economica, il progetto costituisce un buon sistema di gestione e prevenzione dei rischi che potrebbero minare la sicurezza dei nostri istituti». La soluzione sviluppata fa leva su una struttura base, composta da un insieme di modelli collegati tra loro, che supportano sia le attività di implementazione che quelle di personalizzazione per la singola banca. I modelli, contenenti algoritmi di ponderazione e valutazione dei rischi, sono preimpostati nei valori e nelle informazioni a valenza generale, in modo da garantire processi più efficienti. Sono stati, inoltre, censiti tutti gli eventi possibili di disastro e le conseguenze che avrebbero sulle strutture organizzative delle banche, in modo da definire dei criteri di valutazione dell’esposizione al rischio.
«L’approccio consortile – conclude Spina – si è rivelato una scelta particolarmente efficace e ci ha permesso di ottenere economie di scala non trascurabili. Con la mappatura dei fattori di rischio e del loro impatto sulle strutture organizzative, secondo il paradigma “attività-rischio-impatto-business”, le Bcc sono in grado di assicurare il miglior livello di servizio anche in situazioni di emergenza, grazie a un’efficace pianificazione degli interventi. Il progetto comporta una costante attività formativa del personale degli istituti, per diffondere a tutti i livelli la conoscenza del piano di continuità operativa e la consapevolezza sulle mansioni correlate alle procedure in esso contenute.

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