Nuovi modelli di business o vecchie logiche con nuovi indirizzi?

Il mondo della distribuzione si è riunito attorno alla settima Trade Conference organizzata dalle testate trade di Agepe in collaborazione con Sirmi e Smau per discutere di Borsa, e-commerce e valore aggiunto

Rincuoriamoci: non è il 2001 un anno di eccezionali perdite. Piuttosto è stato il benessere generato nel 2000 che ha indotto a sperare troppo bene e a far cadere questa annata nel girone dell’inferno. “Non siamo di fronte a un rallentamento, ma a un nuovo indirizzamento della domanda” afferma Maurizio Cuzari di Sirmi, che aggiunge: “È impossibile predire l’andamento delle vendite di pc nei prossimi tre anni, ma una cosa è certa: nelle famiglie italiane manca ancora Ict e ciò significa che c’è ancora spazio non soltanto per i pc, ma per tutte le periferiche e gli accessori che vi ruotano intorno”. Abituiamoci comunque a crescite fisiologiche e non più a impennate del mercato, e abituiamoci anche al concetto di saturazione del mercato, non è un mondo a crescita infinita, ma c’è pur sempre il rinnovo del parco tecnologico.


E con la mente più serena, ma in cerca di spiegazioni si è aperta la settima edizione della Trade Conference, quest’anno organizzato da Agepe in collaborazione con Sirmi e Smau presso lo Smau. La sala Parrini ha accolto i più importanti rappresentanti della distribuzione Ict italiana. Operatori che quel giorno rappresentavano una bella fetta di business (più o meno 5mila miliardi di lire di fatturato), riuniti per fare cultura e formazione.

Il tema della conferenza riguardava il valore aggiunto del mercato distributivo, ora a stretto confronto con le tematiche di e-business e della new economy. Anche qui si assiste a nuovi indirizzi e logiche. Giuseppe Carrella, docente di tecnologie informatiche presso l’Università Cattolica di Milano, in un interminabile intervento ammonisce tutti: “La new economy non è finita. Non si è mai visto che dopo aver conquistato nuove frontiere si ritorni indietro”.


Ma anche la Borsa ha indotto gli organizzatori dell’incontro e i partecipanti a esternare le proprie riflessioni legate senz’altro al momento, ma anche al futuro.

Ciò che è emerso con forza è la trasformazione in atto presso le aziende che hanno il ruolo di distribuire prodotti di Ict, ora sempre più vicine a modelli di gestione di “public company”. E l’ingresso in Borsa è l’atto decisivo di questa trasformazione. Se da una parte l’operazione significava recuperare fondi da investire, dall’altra significava anche avere maggiore visibilità presso i vendor e stabilire un rapporto più “pulito”. Ed è quello che, malgrado i momenti altalenanti delle azioni, tutti dicono di aver ottenuto. Anche i rappresentanti dei vendor lo ammettono: “Dai distributori quotati in Borsa riusciamo ad avere un rapporto più serio, con uno stile più “americano” fatto di rapporti per quarter e per anni fiscali”, afferma Rossano Ziveri, direttore Smb di Microsoft.


E così è anche per chi ha deciso di sospendere (almeno per il momento) la quotazione. Giambattista Brevi ammette: “Abbiamo passato quasi tutti i passaggi amministrativi, ma visto il momento non favorevole abbiamo deciso di sospendere l’entrata al Nuovo Mercato. Ciò non toglie che manterremo gli aspetti di procedura a cui ci siamo ormai abituati”.

Insomma, la Borsa non sarà al momento fonte di grandi guadagni, ma è sempre un mezzo di grande visibilità. E comunque, il passo necessita della disponibilità a “diventare manager e a non essere più padroni” ammonisce Andrea Farina di It Way. “Il padrone, infatti, diventa il mercato, e gli azionisti pretendono un’attenzione diversa”.
Forti e unanimi le critiche verso la gestione del Nuovo Mercato, che spesso ha operato più come venture capitalist che come vera e propria Borsa. “C’è, poi, un aspetto psicologico che vorrei fare osservare – riprende Alessandro Cattani di Esprinet -: in alcuni giorni, quando le azioni salgono mi sento molto bravo, altri giorni no. E la cosa peggiore è che il titolo è salito o sceso senza che l’azienda abbia fatto alcunché”. Così c’è anche chi sta alla larga dalla Borsa. Riccardo Maiarelli di Icos vuole continuare a mantenere la flessibilità necessaria per adattarsi ai cambiamenti del mercato.
E dalla platea c’è stato chi sosteneva che il grande errore è stato quello di quotare aziende che non “valevano una cicca”. Subito corre la voce : si riferisce a Freedomland. E per il momento la distribuzione è salva.

Abbandonata la Borsa si passa a parlare di e-business nel senso più comune del termine, ovvero di e-commerce. C’è chi ribadisce che ci crede: Cisco in primis, Hp certo non vuol essere seconda, ma c’è chi storce il naso come Enrico Martini di Datamatic: “L’e-commerce potrebbe avere un futuro solo per la trasmissione di software on line. Siamo molto scettici per quanto riguarda lo spostamento di beni fisici”. Il mondo è bello perché è vario.

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