Non è la sostenibilità a guidare la scelta del fornitore

I temi ambientali e sociali iniziano a entrare nella testa delle nostre imprese, ma all’atto pratico esistono ancora molti freni. I risultati dell’indagine Gfk Eurisko sulla filiera

Sulle tematiche che convergono nel concetto di sostenibilità c’è da fare ancora parecchia opera di “evangelizzazione” ma, soprattutto, c’è da agire concretamente, con la crisi che oltretutto non ha certo prodotto ulteriori stimoli all’impegno da parte delle aziende, per il timore di spendere di più.
Si potrebbero riassumere con questa frase i ricchi contenuti dell’indagine “Per una filiera sostenibile: il punto di vista di imprese consumatori”, sviluppata da Laboratorio Pmi – Filiera Sostenibile (emanazione di Fondazione Sodalitas) e condotta da Gfk Eurisko sul doppio fronte imprese/utenti, forse il primo studio che fa organicamente il punto su un aspetto specifico (ma importantissimo) ai fini della sostenibilità: quello della filiera.

Sul lato imprese, Gfk Eurisko ha coinvolto 183 uffici acquisti appartenenti a realtà con almeno 50 dipendenti, prevalentemente al nord e prevalentemente in ambito industriale. In quest’universo, rappresentativo di una azienda italica forse già un po’ più evoluta della media reale, la sostenibilità (ambiente, sociale, economica) è un valore importante nel 58% del casi – non è poco ma nemmeno tanto – mentre per il 38% è “abbastanza” importante: non è detto che tra qualche tempo le due percentuali non si ribaltino. Solamente in un quarto del campione di aziende, però, esiste una funzione dedicata alla sostenibilità, mentre negli altri casi o non è presente oppure è delegata ad altre direzioni (risorse umane, direzione generale, ecc). E solo un’azienda su cinque redige un rapporto di sostenibilità.

Passando al merito specifico dell’indagine, cioè la filiera, si scopre prima di tutto che è necessaria formazione per attuare il cambio di mentalità necessario: solo una minoranza (29%) delle imprese del campione dichiara di avere molta familiarità con il concetto di “sostenibilità della filiera”. Inoltre, solo nel 36% dei casi la sostenibilità della filiera è considerata importante. Per chi la pensa così, il motivo principale è la qualità finale del prodotto/servizio, mentre la motivazione “reputazionale” sta scemando, segno comunque di una maturazione nell’approccio.

Ma in fin dei conti, quale peso ha la sostenibilità nei criteri di scelta dei fornitori? Ancora poco, dato che viene preceduta da tutti i fattori che fin qui hanno giocato: la qualità del prodotto/servizio acquistato (che si colloca decisamente al primo posto), i tempi di consegna e le condizioni commerciali. Alle spalle di questi – allineato al servizio post-vendita – si colloca il rispetto dei criteri etici, sociali e ambientali, considerato particolarmente importante dalle aziende più grandi e da quelle che hanno una presenza anche all’estero. Il criterio della sostenibitilià, tra l’altro, nella metà dei casi viene applicato solo nella selezione dei fornitori più importanti, quelli legati al core business aziendale, e solo il 15% applica criteri di sostenibilità alla scelta di tutti i fornitori.

La verità è che la sostenibilità ha ancora un suo prezzo: «Idealmente non dovrebbe essere così – ha spiegato Paolo Anselmi, Vice presidente Gfk Eurisko -, ma la maggior parte delle imprese (il 54%, che diventa 59% nel settore manifatturiero, ndr) ha pagato di più per fornitori che davano maggiori garanzie di sostenibilità. Sempre una metà del campione, però, è pronta in futuro a riconoscere un premium price ai fornitori sostenibili». Molte imprese sono disponibili a pagare di più, dunque, anche se la maggior parte (73%) è invece convinta che una fornitura sostenibile potrebbe costare addirittura meno di una che non dà garanzie in tal senso. Anche qui, come sul versante dei consumatori finali, bisogna riuscire ad eliminare quei trade-off che costringono a scegliere tra costo e sostenibilità.

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