Nomen omen

Dell’identità negata nel segno del Web.

Ma vale la pena di litigare, legalmente, su una faccenda di nomi? Insomma,
se uno si chiama in un modo anziché in un altro, semmai, se la deve prendere con
i propri genitori: non si può pretendere che risolva la faccenda mettendo di
mezzo gli avvocati.

Senza offesa per nessuno, se a qualcuno viene
affibiato il nome Prosdocimo o Zuzzurro, se lo tiene e se lo porta in giro.


E fa lo stesso con il cognome.

E se uno si chiama Dell di
cognome e Paul di nome, deve forse vergognarsi e smettere di lavorare?


Sembrerebbe essere questa la pretesa del tribunale di Parigi, che ha
istruito una causa contro il tale Paul Dell, che di lavoro fa il designer e che,
giustamente ritenendo questa l’era di Internet, ha messo online la produzione
della propria società (sede legale a Menorca, in Spagna), con un sito che,
rispettosamente si chiama dellwebsites, ovvero “i siti Web creati da me
medesimo, che mi chiamo Paul Dell”.

La cosa non è andata giù al
produttore texano di computer Dell, per un motivo che è talmente semplice da
capire che non lo spieghiamo nemmeno.

Ricordiamo solo quello che
accadde, in ben altra epoca al signor Armani, omonimo dello stilista.


Facciamo solo rilevare che la causa è intentata per un valore
complessivo di circa 200mila euro.

Ma la cosa che più colpisce, stando
alle notizie che circolano su siti e blog che si stanno occupando della materia,
è la motivazione.

Secondo i ricorrenti in sede civile, infatti, il
signore sopraccitato avrebbe commesso atti di concorrenza sleale e di
parassitismo. Passi la prima (ma tutta da dimostrare: questo signore non fa
computer, ma siti Web) ma perché proprio “parassitismo”?

Al di là del
principio, oramai conclamato, che su Internet ha fissato la logica del “chi
prima arriva meglio alloggia”, qui si vorrebbe arrivare alla negazione
dell’identità, a pena di sanzioni e insulti.

Il che, in un momento
storico come questo, in cui si fa un gran parlare di tutela dal furto delle
identità fa, diciamo, sorridere.

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