Nella seconda giornata del Cisco Expo dieci manager si sono confrontati sul tema caldo del momento.
Un “parterre de roi” ha partecipato alla sessione introduttiva del secondo giorno del Cisco Expo 2007, tenutosi a Milano, per dibattere sul ruolo dell’innovazione all’interno del Sistema Italia, sempre più penalizzato dalla globalizzazione dei mercati.
È, innanzitutto, intervenuta Letizia Moratti, sindaco di Milano, che ha sottolineato come la parola innovazione abbia tanti significati e componenti, come il capitale umano, sul quale bisogna investire affinché sia sempre più preparato perché il valore delle persone è l’asse portante dei paesi. Nel ricordare che Milano fa dell’innovazione il proprio punto di forza e che conta nel proprio territorio il 15% di tutte le aziende innovative presenti in Italia (che contribuiscono al 43% dell’export nazionale), Moratti ha auspicato una maggior collaborazione tra università e aziende e a tal proposito ha ricordato che sono stati creati gli “Industrial office” affinché le imprese abbiano dei punti di riferimento in merito. E per sottolineare quanto il Comune ritenga importante che le aziende possano disporre di persone qualificate per poter innovare, è stato creato un nuovo assessorato relativo a “Capitale umano, formazione e ricerca”.
Dopo l’intervento di Stefano Venturi che ha fatto una sintesi di quanto già affrontato nella sessione plenaria del giorno precedente, Alfredo Ambrosetti, presidente di Ambrosetti (The European House) ha fatto una accurata disamina del ruolo dell’intelligenza diffusa sul successo delle organizzazioni. Alla fine la sua conclusione è stata che la gestione dell’intelligenza è fondamentale a tutti i livelli: per l’individuo, per l’area, per l’intero sistema, per il sistema esteso e per il distretto.
Non serve aggiungere tecnologia nuova a una vecchia organizzazione, perché si ottiene un’organizzazione più costosa. Bisogna cambiare il processo. L’innovazione è funzione della cultura, per cui non è più l’epoca del Cio, del Cfo, del responsabile Hr, ma è l’ora del Chief intelligence officer, una figura che deve avere una forte leadership e che deve generare motivazioni su più livelli, affinché le persone portino contributi a tutto il sistema.
È seguita una affollata tavola rotonda, moderata da Gianni Riotta, direttore del Tg1, che ha visto partecipare Arturo Artom, presidente di Netsystem, Guido Barilla, presidente dell’omonima società, Ferdinando Beccalli Falco, presidente e ceo di General
Electrics International, Pierluigi Bernasconi, ad e direttore generale di Mediamarket, Massimo Castelli, direttore generale divisione Domestic Fixed Services di Telecom Italia, Alessandro Mondini ad di Nokia Italia, Andrea Pontremoli, presidente e ad di Ibm Italia, Mauro Righetti ad di Italtel, Marina Salomon, amministratore unico di Altana e Corrado Sciolla, ad di Bt Italia.
Riotta ha iniziato i lavori con una prima provocazione: «Perché è difficile competere sui mercati esteri e innovare per le aziende italiane».Vari sono stati i fronti su cui i manager si sono soffermati a riflettere.
Astom, ha osservato che in Italia dobbiamo valorizzare maggiormente quei settori per cui il nostro paese è stimato all’estero, cercando di usare questi canali anche per attrarre ventur capitalist che da noi latitano.
Barilla ha sottolineato che il fenomeno della globalizzazione ha portato profonde trasformazioni nella sua azienda, per cui è stato necessario approcciare modelli diversi, puntando sulle persone che hanno offerto nuove opportunità di riprogettare l’azienda.
Anche per Beccali Falco, oltre alla tecnologia sono importanti le persone con le loro capacità manageriali e talenti, che secondo lui in Cina e India non hanno, mentre
Bernasconi ha dichiarato che nel retail ci sono molte opportunità per l’innovazione, se si ha l’intelligenza di saper cogliere le esigenze dei consumatori.
Per Castelli innovazione non è solo capacità di reagire a un fenomeno ma ai cambiamenti che avvengono non con salti quantici ma continuamente. Ci vogliono manager illuminati ma anche manager che siano gestori dell’innovazione che per lui potrebbe essere il Chief financial officer, in quanto innovare può essere un’occasione per diminuire il rischio d’impresa e i costi.
I motori dell’innovazione sono i giovani, ha sottolineato a sua volta Mondini, in particolare le donne, che sono serie e preparate. Ma in molte aziende manca anche la cultura dell’errore, perché è dall’analisi di questi ultimi che si possono trarre molti insegnamenti.
In Ibm, ha dichiarato Pontremoli. si continua a innovare e quando i prodotti diventano una commodity, si passa ad altri mercati. Per questo la società è uscita dal settore delle printer e da quello dei pc. Il fatturato, però, deve continuare a crescere, per cui se Ibm sta realmente diventando un’azienda globale deve essere sempre sull’innovazione per poter portare valore al mercato, senza farsi schiacciare dalla consumerizzazione.
Creare business nuovi e portarli sul mercato sono i suggerimenti di Righetti, mentre per Salomon (unica donna manager) bisogna avere grande capacità di ascolto e includere quel senso etico dal quale nessuno può scappare.
Infine, Sciolla ha osservato che la grande discontinutà sul mercato è data dall’introduzione della tecnologia Ip e dal costo della banda che raddoppia le performance e dimezza i costi. Per questo la sua società ha il ruolo di innovare sviluppando nuovi servizi. Ma ha anche avviato un programma di change management per avvicinarsi di più alle persone, che si chiedono come possono contribuire alle strategie dell’azienda, dimostrando un forte senso di appartenenza.
Sui punti di forza e vulnerabilità del nostro paese, dalle testimonianze del panel, innanzitutto è emersa la necessità di accrescere le competenze interne, di attrarre talenti e di far circolare anche all’estero quelli nazionali. E qui è stato chiamato in causa il nostro sistema educativo, in quanto sono sempre di meno giovani che si iscrivono a facoltà scientifiche e le università non sono adeguate per formare i nuovi talenti. La sfida dei giovani ingegneri italiani è quella di dover competere con gli ingegneri cinesi e indiani, ha osservato Mondrini. Va anche stimolata la creatività dei singoli e la cultura al cambiamento.
La forza dell’Italia è l’adattabilità, ha sottolineato Pointremoli, ma non abbiamo la capacità di fare sistema.
Le imprese italiane tendono ad andare sul sicuro e rischiano poco, per cui preferiscono acquisire le competenze all’estero, mentre invece dovremmo avere la capacità di attrarre i talenti e il know how.
In conclusione, l’Italia è fatta da grandi persone, che
sono capaci di reagire, che hanno voglia di risolvere i problemi ma hanno un
Sistema Paese inadeguato.





