Myspace: «In tempo di crisi occorre investire sul Web 2.0»

I brand che investono sui social network, sottolinea il country manager Francesco Barbarani, hanno più possibilità di fidelizzare il cliente

Il rapporto tra imprese e il mondo dei social network è molto variegato. Alcune aziende risolvono la questione in maniera netta, magari vietando l’utilizzo di Facebook ai propri dipendenti. Certi manager sembrano invece credere persino un po’ troppo alle virtù salvifiche del Web 2.0 e avviano importanti investimenti in questa direzione, ma il rischio è poi quello di creare delle vere e proprie cattedrali nel deserto (l’insuccesso delle aziende in Second Life insegna). Un social network che sta puntando con decisione al rapporto con le aziende, con l’obiettivo di riuscire finalmente a “monetizzare” i numeri altisonanti del Web 2.0, è Myspace. B2B24.it ne ha parlato con Francesco Barbarani, country manager della filiale italiana del gruppo di proprietà della News Corporation.

Perché nell’attuale situazione di crisi economica un’azienda dovrebbe investire in un social network come il vostro?
 Le piattaforme di social network consentono di accorciare le distanze tra brand e consumatore, e permettono alle aziende di aprirsi a commenti, discussioni, forum scritti dei propri clienti. Questo aspetto ha una grande importanza perché, in un momento di crisi come quello attuale, qualsiasi tipo di investimento del pubblico è molto più oculato rispetto a prima. Anche il semplice acquisto di una bottiglietta d’acqua è meditato. Nel momento in cui le aziende riecono, grazie al Web, ad avvicinarsi e a stabilire un rapporto di fiducia con l’utente, sono convinto che potranno contare su di lui per tantissimo tempo. Ecco perché, a maggior ragione in questa fase difficile, le aziende dovrebbero iniziare a prendere in considerazione gli strumenti di social network. Il fatto di poter comunicare in maniera diretta, fare delle domande e avere delle risposte, secondo me è fondamentale per creare fidelizzazione.
 
Come mai ha utilizzato il verbo “iniziare”? Siamo ancora nella fase embrionale di questo processo?

In questi anni ho avuto modo di vedere molti cambiamenti e, soprattutto nell’ultimo biennio, ho notato un’accelerazione da parte delle aziende. È chiaro però che il mezzo Internet è in continua evoluzione: sino a qualche anno fa si parlava solo di banner, poi di overlayer, in seguito è arrivata la rivoluzione della search, ora i social network, e le imprese dunque faticano a stare al passo. D’altronde il bello e il faticoso del nostro mezzo è proprio questa rivoluzione continua: ogni anno e mezzo c’è una declinazione del Web che apre scenari diversi.

Una delle vostre soluzioni per le imprese sono le custom community. Come funzionano?
Le custom community sono solo una delle nostre tre attività di comunicazione per le imprese. Abbiamo ovviamente una parte legata ai banner, al graphical advertising classico, che può sfruttare la profilazione degli utenti. Come seconda offerta abbiamo le custom community, che sono degli spazi che le aziende decidono di aprire per dialogare con gli utenti e i potenziali consumatori (questi ultimi in particolare sono quelli più interessanti). All’interno di queste community, si può inserire qualsiasi tipo di contenuti (video, podcast, widget,ecc.), i cosiddetti Brand generated content. L’obiettivo è quello di conquistare l’utente, fare in modo che diventi una sorta portavoce del brand all’interno della community. Solitamente, infatti, non sono le aziende che strillano di più ad ottenere maggiore successo sul web, ma quelle che usano il linguaggio più adatto verso il proprio pubblico. La terza proposta è quella dell’organizzazione di eventi offline: poche settimane fa, ad esempio, abbiamo organizzato su Myspace un concerto per il lancio della nuova Ford Ka con il cantante Pete Doherthy. Nelle settimane di preparazione all’evento c’è stato un coinvolgimento notevole degli utenti, con tantissimi commenti e suggerimenti.

In Italia quali aziende investono su Myspace?
C’è un bilanciamento tra aziende italiane e quelle straniere. Forse queste ultime sono un po’ più aperte, perché se le filiali di altri paesi hanno già utilizzato Myspace, è più facile che possano decidere di provarci anche in Italia. Per quanto riguarda la dimensione, abbiamo nel nostro portafoglio dalle multinazionali alle imprese medie. Penso ad esempio a Visit Britain, un’azienda legata al turismo non certo gigantesca, che a ridosso del periodo estivo ha utilizzato Myspace Italia per promuovere eventi e festival che si tenevano in quel periodo a Liverpool.

Avete studiato soluzioni specifiche anche per le Pmi?
Non abbiamo soluzioni specifiche per le Pmi, anche se siamo in grado di fare pianificazioni banner targetizzate. Ad esempio, se ci fosse una Pmi interessata ad aprire un negozio a Milano con target uomini con più di 35 anni, noi potremmo creare un messaggio pubblicitario che va a colpire solo il maschio milanese con più di 35 anni. In ogni caso, anche se siamo pronti a rapportarci con tutti, le aziende che stanno rispondendo meglio in questo momento sono naturalmente quelle medio-grandi.

Cosa si aspettano le aziende che scelgono il vostro social network ? Che tipo di ritorno si aspettano?
In questa fase ci sono alcune aziende che si lasciano ancora molto guidare dal nostro team. Ci sono però anche sanno già che sanno già quello che vogliono (video, widget..ecc). Per quanto riguarda il ritorno, noi ci atteniamo a quello che ci dicono i nostri clienti, che sono in genere soddisfatti. C’è da dire che il funzionamento di Myspace è un po’ differente dalle metriche classiche di misurazione del Web, come il click to rate. Anche noi teniamo conto di quanti commenti sono scritti, quanti video sono visualizzati o scaricati. Ma il vero valore aggiunto della nostra piattaforma è appunto la possibilità di instaurare una comunicazione speciale con i clienti.

A livello internazionale i dati di mercato di Myspace.com nel 2008 non sono stati molto positivi (38 milioni di euro di perdita). Come sono stati invece i dati della divisione italiana?
Il nostro anno fiscale si chiude a giugno, e sino ad oggi posso dire che stiamo andando molto bene da un punto di vista del fatturato, e anche come utenti siamo su dei valori molto interessanti (2,1 milioni di utenti unici a gennaio 2009). È chiaro che tutto il contesto economico sfavorisce Myspace come tutte le aziende che lavorano nell’ambito pubblicitario. Per il futuro, io sono un ottimista per natura, anche se non ho mai visto una crisi come questa. Anche se, forse, la nostra piattaforma e il contesto in cui si muove Myspace è il meno intaccato dalla recessione.

In questo ultimo anno si è parlato molto di più di Facebook che di Myspace. Siete sorpresi del successo del vostro concorrente? Ritiene che i modelli di business siano differenti?
Non amo parlare dei nostri competitor. Però sicuramente il nostro posizionamento è differente rispetto a quello di Facebook: noi siamo un sito di social network all’interno del quale è fortemente presente la dimensione della creatività. Abbiamo migliaia di band musicali, designer, poeti, fotografi. Anche il loro modo di aggiornare e costruire le proprie pagine su Myspace è completamente diverso rispetto agli utenti di Facebook. Difficilmente su Myspace due persone hanno un profilo identico. In ogni caso credo che limitare tutto a un discorso di numero di utenti sia limitativo per entrambi i prodotti.

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