MWC: quel gap incolmabile tra Europa e Usa

Un mercato sovraffollato e in difficoltà quello degli operatori europei, concentrazione e disponibilità a investire per Stati Uniti e Asia. Sulla partita degli investimenti possibili si gioca la competitività di una regione.

Non ci sono solo dispositivi a Barcellona.
Il Mobile World Congress è anche l’occasione per fare il punto sullo stato di salute del mercato delle comunicazioni mobili nel suo insieme.
E il quadro che ne esce offer più di uno spunto di riflessione.

Un’analisi pubblicata nella giornata di ieri da Reuters accende il riflettore su un punto specifico: il gap sempre più ampio tra gli operatori statunitensi e le loro controparti europee.
In Europa la capacità di investimento delle Telco è oggi frenata dal sovraffollamento del mercato, da vincoli regolatori ancora troppo stretti e non ultima dalla recessione economica.
Minore capacità di investimento, dunque, significa impossibilità a spendere come si dovrebbe per la realizzazione di nuove reti ad alta velocità, con tutte le conseguenze immaginabili in termini di competitività non solo rispetto agli Stati Uniti, ma anche rispetto ai mercati asiatici.

I numeri, del resto, parlano chiaro: laddove il panorama europeo è affollato di 100 operatori differenti, gli Stati Uniti si sono fermata a sei. Non è difficile capire come mai sia più difficile per gli operatori del Vecchio Continente sia più difficile raccogliere fondi sufficienti a garantire lo sviluppo e l’aggiornamento delle reti, attività con un payback di anni, eppure vitali per la crescita economica.

In questo scenario, con un gap di valutazione rispetto alle controparti d’OltreOceano diventa urgente per gli operatori europei recuperare la loro capacità di finanziamento anche sui mercati borsistici: il rischio è che la capacità di investimento risulti inferiore persino alle previsioni più pessimistiche.

Ma quanto servirebbe, in definitiva?
Per riuscire a reggere il nuovo carico di traffico richiesto dagli utenti di smartphone e tablet, potenziando in particolare reti di quarta generazione, bisognerebbe investire entro il 2016 almeno 800 miliardi di dollari: una disponibilità di spesa che gli europei, al contrario degli americani, dei giapponesi e dei sudcoreani, non sembrano avere, per lo meno a giudicare dalla lentezza dello sviluppo di queste reti in tutta la Regione.
È chiaro che in questo scenario si stiano facendo sempre più pressanti le azioni di pressione sull’Unione Europea perché allenti i nodi regolatori che frenano le operazioni di merge & acquisition.

In effetti Neelie Kroes sembra a parole favorevole a uno scenario di consolidamento, così da creare un gruppo di operatori cosiddetti cross-border che facilitino lo sviluppo delle reti su tutto il continente.
Non dello stesso parere sembrano invece i preposti all’antitrust, e in particolare il commissario Joaquin Almunia, molto freddo nei confronti di operazioni che potrebbero tradursi in un innalzamento dei prezzi a carico degli utenti finali.
Parimenti, le stesse cautele di Almunia potrebbero frenare anche ipotesi espansionistiche di qualche gigante asiatico o statunitense, interessato a mettere piede in Europa attraverso qualche acquisizione.

In questo momento la situazione sembra in stallo.
Gli operatori americani vedono crescere profitti e vendite, mentre il più grande operatore mobile europeo, Vodafone, ha chiuso il primo semestre con un segno negativo: -0,4%.
E se l’Arpu negli Stati Uniti cresce in media del 25%, in Europa scende del 15%.

Neelie Kroes parla oggi a Barcellona: e avrà parecchio da dire.

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