MWC 2012: Per Zte Lte è il nuovo paradigma

A colloquio con Fabio Di Marco, che in Zte Italy segue le infrastrutture e il business development: Lte è un passaggio graduale, che impone logiche nuove per tutti gli attori della filiera.

Che Lte sia uno dei temi caldi di questa edizione del Mobile World Congress di Barcellona è punto ormai assodato.
Ma cosa davvero comporta Lte e quanto Lte si collochi a cavallo tra concretezza e desiderio è in effetti ancora tutto da verificare.

Per questo motivo abbiamo chiesto a Fabio Di Marco, Direttore Marketing e Business Development di Zte Italy, una delle aziende che da anni ha fatto di Lte uno dei punti di forza della sua proposition agli operatori, di aiutarci a fare un punto più preciso della situazione.
Per Di Marco è necessaria una premessa: “Quando si parla di Lte si fa riferimento a standard definiti ormai tre anni fa da 3GPP. Ė uno degli standard proposti per il 4G, ovvero per le reti di quarta generazione, la cui definizione è comunque in capo a ITU-R. E ciò che più si avvicina ai requisiti stabiliti da ITU-R è Lte Advanced, che si presenta in questi giorni a Barcellona e che in effetti davvero soddisfa tutti i canoni di trasmissione dati. In ogni caso, il cambiamento più evidente è che le comunicazioni passano da una commutazione di circuito, nella quale semplicemente A parla con B, a una trasmissione a pacchetto, nella quale, come accade in Internet, si trasferiscono pacchetti di dati”.
Un cambiamento radicale, che si rende necessario tanto più il traffico sulla rete mobile passa dalla voce ai dati.
Se solo tre anni fa ancora il 90 per cento del traffico sulle reti mobili era voce, ora, secondo alcuni operatori il rapporto si è ribaltato e ai dati va il 60 per cento del traffico.
“Da qui nasce l’esigenza di disporre di reti che in ubiquità consentano la trasmissione dati”

A Zte Di Marco assegna un ruolo chiave: come dal punto di vista dei terminali la società ha contribuito alla ricerca per arrivare a dispositivi più ergonomici, più efficienti, meno inquinanti, verso gli operatori si sta muovendo con un approccio non dissimile.
“Gli operatori hanno investito molto sia nel 2G sia nel 3G, ovvero nelle tecnologie che hanno consentito le trasmissioni a commutazione di circuito. Con il 3.5G o con il 4G si parla di un cambio completo delle apparecchiature, che dunque presuppone un investimento enorme per operatori nazionali che sul territorio contano tra le 19.000 e le 20.000 stazioni radio”.
Per cercare di ridurre il più possibile l’impatto economico, da un paio di anni i produttori di apparati, Zte inclusa, hanno puntato su Single Ran (Radio Acess Network), vale a dire stazioni radio singole per qualunque protocollo di collegamento: Gsm, Umts, Cdma, Wimax e Lte.
“Parliamo di tecnologie software driven, che vengono proposte con un approccio di migrazione graduale e che consentono risparmi anche in termini di manutenzione e deployment”.

Abbattimento costi di manodopera, velocità di implementazione, sostituzione di apparati meno recenti con processori più avanzati, possibilità di effettuare semplici swap delle schede sono elementi che contribuiscono all’abbattimento dell’Opex dell’operatore.
Ciò non toglie, tuttavia, che gli investimenti richiesti siano tuttora molto elevati.
“In effetti per tutti gli operatori europei l’implementazione di Lte su stazioni Single Ran sta passando da un lato dalla messa in opera di nuovi siti, dall’altro dalla sostituzione di vecchie stazioni radio operative da più di dieci anni. Nessuno è in grado di sostenere un passaggio radicale”

In questo percorso, l’Italia sconta qualche ritardo, anche nell’attesa di una standardizzazione di Lte.
Zte, dal canto suo, cerca di proporsi come interlocutore verso tutti i principali player, anche se un ingresso non è semplice là dove vi sono contratti in essere con altri fornitori.
“Gli operatori hanno cominciato a implementare stazioni Single Ran con i loro tradizionali fornitori nel quadro di contratti di manutenzione e aggiornamento. Noi cerchiamo di entrare laddove vi siano siti nuovi da realizzare”.
Secondo Di Marco è importante capire dove davvero conviene portare Lte.
Così, Lte serve ovunque ci voglia un servizio mobile di alta qualità, e in questa direzione si spiegano i trial in atto a Milano e Torino, ai quali l’azienda partecipa in veste di partner sia di Tim sia di Vodafone, oppure nelle zone rurali, dove non si giustifica la fibra, e in questo caso stiamo parlando del superamento del digital divide.

L’opportunità però c’è ed è pure significativa, anche perché le nuove tecnologie prevedono un numero di stazioni maggiori rispetto alle precedenti.
“Parliamo di un fattore cinque: per una stazione Gsm ci stanno cinque stazioni Lte più piccole”.
Questa proliferazione, oltre a rappresentare un’opportunità che l’azienda non intende perdere, implica però una serie di attività aggiuntive: Di Marco parla di pianificazione, di radio planning, di ridistribuzione del segnale sul territorio, di identificazione dei nuovi siti ove collocare le stazioni e di conseguenza di richiesta e autorizzazione, previo pagamento, per l’installazione delle antenne.

“In ogni caso stiamo parlando di una rivoluzione. Parliamo di reti intelligenti, di Smart networks, in grado di gestire il flusso del traffico, di effettuare load balancing, configurazioni e connessioni in automatico. In grado di i dirozzare i grossi volumi di carico, ad esempio quelli necessari agli aggiornamenti software, nelle ore di minor carico. Le nuove reti sono diverse, sino più piccole e dinamiche, hanno più punti di accesso, e possono dar vita a nuove formule di business”.
Di Marco pensa ai servizi di prossimità, di geolocalizzazione, di geomarketing: “Se il rapporto tra stazioni radio tradizionali e Lte è di uno a cinque, è evidente che le triangolazioni per i servizi di localizzazione diventano sempre più precise”.

Naturalmente, lo sviluppo di nuovi servizi richiederà un’attenzione particolare ai temi della sicurezza, sia che si tratti di trasmissione di dati business critical, sia che si tratti di transazioni finanziarie.
“La Security on SIM è sicuramente una risposta e Zte l’ha già implementata per Poste Italiane, con SIM Toolkit per il collegamento da cellulare al conto Bancoposta. Molto, poi, spetterà direttamente agli operatori”
Quegli operatori ai quali Di Marco rimprovera di non essere ancora riusciti a lavorare su una vera integrazione fisso-mobile, anche in termini di relazione con l’utente finale.
Integrazione sempre più necessaria, man mano che i nuovi modelli vanno affermandosi.



Un’ultima considerazione il manager la riserva all’asta Lte di fine 2011.
“Gli operatori si sono impegnati con investimenti importanti su una tecnologia della quale ancora non è chiaro quale sarà il ritorno e soprattutto in quanto tempo. Probabilmente ci vorranno tre o quattro anni prima che di ritorni si possa parlare. Nel frattempo, noi stiamo lavorando in tutta Europa proponendo soluzioni nuove, che alla gestione totale del sistema incorporino anche i costi di licenza. Questo significa che ai ai managed services tradizionali noi integriamo anche il costo della licenza, diluito negli anni. Potrebbe essere un contributo importante all’accelerazione in questo segmento”.

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