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Multicloud, perché l’Italia è già avanti

Secondo i dati di una ricerca di Nutanix le implementazioni multicloud aumentano, con le aziende che puntano al modello ibrido per l’ottimizzazione dei carichi di lavoro. Ne abbiamo parlato con il country manager di Nutanix Italia, Alberto Filisetti.

Nutanix ha presentato la quarta edizione dello studio globale Enterprise Cloud Index (ECI), realizzato per valutare i progressi delle imprese nell’adozione del cloud.

Il 51% degli intervistati italiani ha dichiarato che l’ambiente operativo IT maggiormente utilizzato è il multicloud, con una penetrazione superiore alla media mondiale del 15%.

L’adozione del multicloud in Italia è seconda solo al Brasile (54%) e al Regno Unito (53%). Inoltre, il 69% degli intervistati in Italia (64% a livello globale) ha in previsione un maggior utilizzo del cloud nel corso dei prossimi tre anni. Le implementazioni del solo cloud privato sono al secondo posto con il 19% (25% a livello globale).

Come è stato fatto il report

Il report Enterprise Cloud Index di Nutanix è stato realizzato da Vanson Bourne che ha intervistato 1.700 responsabili delle decisioni IT in tutto il mondo tra agosto e 2021. Gli intervistati fanno parte di aziende di diverse dimensioni che operano in diversi settori nelle seguenti regioni: America; Europa, Medio Oriente e Africa (EMEA); e Asia Pacifico (APJ)

La complessità legata alla gestione resta una sfida importante per le aziende, con l’87% degli intervistati a livello globale che concorda sul fatto che un’implementazione di successo del multicloud richieda una gestione più semplice per le diverse infrastrutture.

Per affrontare le principali sfide legate all’interoperabilità, alla sicurezza, ai costi e all’integrazione dei dati, l’84% degli intervistati italiani (83% a livello globale) ritiene che un modello multicloud ibrido sia l’ideale.

Agli intervistati è stato chiesto, oltre a dove risiedono oggi le applicazioni e dove, in futuro, intendono farle risiedere, qual è stato l’impatto della pandemia sulle loro decisioni attuali e future in relazione alle infrastrutture IT e come le strategie e le priorità IT stiano cambiando a causa di essa.

multicloud

I dati che dicono che il multicloud sta vincendo

Ad alimentare il trend del multicloud è la crescente accettazione del cloud pubblico come estensione dell’infrastruttura privata e come piattaforma per sostenere il passaggio al telelavoro.

Oltre un terzo degli intervistati in Italia, ad esempio, ha dichiarato di utilizzare già due o tre provider di cloud pubblico. Solamente il 13% ha riferito di utilizzare tre o più provider, dato in aumento rispetto al 2% dello scorso anno, mentre un terzo (33%) prevede di utilizzarne tre o più entro tre anni.

Le principali sfide legate al multicloud includono la gestione della sicurezza (54% il dato italiano, 49% quello globale), l’integrazione dei dati (53% il dato italiano, 49% quello globale) e i costi di gestione del cloud (51% il dato italiano, 43% quello globale).

Sebbene il multicloud sia il modello operativo più comunemente adottato, e l’unico per cui si prevede una crescita, la maggior parte delle aziende sta cercando di affrontare la realtà di operare su più cloud, privati e pubblici.

Un numero sempre maggiore di leader IT si sta rendendo conto che non esiste un approccio unico al cloud, il che rende il multicloud ibrido – un modello operativo IT con più cloud sia privati che pubblici con interoperabilità tra loro – l’ideale secondo la maggioranza degli intervistati (51% in Italia).

La pandemia ha cambiato il modo di operare di gran parte delle aziende, e il multicloud supporta questo nuovo modo di lavorare.

Oltre la metà degli intervistati (61%) afferma di essere concentrata sull’offerta di modalità di lavoro più flessibili a causa della pandemia. La maggior parte riferisce che il telelavoro permarrà anche nel prossimo futuro e in tal senso il multicloud offre l’ambiente IT più agile per supportare tale flessibilità.

Il 97% delle aziende italiane ha spostato una o più applicazioni in un nuovo ambiente IT negli ultimi 12 mesi. Tuttavia, il 74% degli intervistati concorda sul fatto che spostare un carico di lavoro in un nuovo ambiente cloud può essere costoso e richiedere molto tempo.

Per il 44% delle aziende italiane intervistate la sicurezza è la ragione più frequente per lo spostamento, seguita dalle prestazioni (42%) e da un miglior controllo delle applicazioni (44%).

Alberto Filisetti, coutry manager Nutanix Italia

Multicloud, un successo annunciato?

A commento dei dati italiani del report di Nutanix, che ci presentano un multicloud “pigliatutto” il country manager di Nutanix Italia, Alberto Filisetti osserva che di fatto “a essere molto praticato in Italia è il multicloud in ambito applicativo, SaaS. Sul versante infrastrutturale, quello IaaS, le aziende che optano per utilizzare il cloud pubblico in genere si affidano solamente a un provider, a un solo hyperscaler“.

Del resto, osserva Filisetti, i cloud pubblici non sono tutti uguali, le competenze per gestire Aws non sono le stesse per amministrare Azure. Considerazione che va calata in un contesto, spiega Filisetti, in cui ci stiamo spostando verso la scelta di servizi applicativi gestiti da terzi nell’ottica di una ricerca dell’eccellenza di erogazione.

Ecco allora che dal report di Nutanix emergono vari aspetti di cui tenere conto nella creazione di uno scenario in cui il multicloud può prosperare: le già citate competenze, ma anche la sicurezza, l’interoperabilità e il fattore di controllo dei costi.

L’infrastruttura che fornisce un hyperscaler IaaS, osserva Filisetti, funziona diversamente da quella on premise, e quindi per migrare ci sono due strade. La cosiddetta lift and shift, se ne spegne una e se ne accende un’altra, con tutte le conseguenze del caso, oppure bisogna fare un replatform, ossia riconcepire l’infrastruttura nella nuova casa in cloud. In entrambi i casi, tornare indietro è pressoché impossibile.

La risposta che dà Nutanix, ci spiega Filisetti, è l’hybrid multicloud. Ci sono dati che per compliance, performance e costi è meglio tenere in casa. Quando il workload è predicibile va bene seguire la strada del public cloud. Ma non sempre è in discesa.

Nutanix, osserva Filisetti, ha pensato all’hybrid cloud dieci anni orsono, convincendo le aziende a occuparsi delle applicazioni e non del ferro o dell’infrastruttura. “Per farlo bisogna estendere quello che c’è in azienda sul public cloud, e farlo a parità di utilizzo, sicurezza e trasparenza. Il framework di Nutanix si appoggia su un hardware privato o pubblico indifferentemente, con lo stesso control plane e la stessa sicurezza. E con lo stesso strumento di analisi dei costi“, Nutanix Acropolis operating system.

Sull’infrastruttura hyperscaler viene messo il framework Nutanix, così come avverrebbe nel private cloud. E non viene preso tutto lo stack, ma solamente la parte bare metal.

In sostanza, la spiegazione che se ne trae è: con più si riesce a dare un metodo unico di controllo e gestione alle risorse IT, ovunque esse siano (in un cloud, in più cloud, on premise), con più il modello ibrido si radica e non comsente retromarce.

Con quali competenze si gestisce? “Chi ha lavorato sulla virtualizzazione – chiosa FIlisetti – sa capire cosa è Nutanix. Noi siamo nati con il concetto di one click, e così abbiamo proseguito. Sul public cloud devi avere competenze diverse, per cui basta avere risorse preparate su Nutanix e quella che noi chiamiamo nuvola infrastrutturale funziona. Oggi l’hardware è una commodity: quello che conta, e che si paga, è il servizio“.

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