Mobile business, molte promesse ma poche realtà

Secondo i dati raccolti da Sirmi, c’è ancora molta confusione attorno all’m-business. E ciò sarebbe principalmente dovuto ai carrier che non sembrerebbero intenzionati a muoversi in modo deciso in tale direzione

Promesse, prommesse e ancora promesse. Ma quali sono le realizzazioni
concrete? Come si potrà realmente sviluppare il mobile business? A dare una
risposta a queste domande ha provato Sirmi, ma il risultato, secondo quanto
ammesso dal suo amministratore delegato Maurizio Cuzari, “è stato un po’
deludente, perché le cose che si potrebbero fare sono molte ma quelle oggi
disponibili sono poche”. E il panorama non dovrebbe cambiare a breve, nemmeno
con l’arrivo del Gprs, perché, e sono ancora le parole di Cuzari, “nonostante
quanto si dice, i carrier basano sempre il loro business sugli scatti fatti con
il traffico voce”.


Va però preso atto che questa è l’era delle reti, della connectivity.  E
il mobile wireless non è più un concetto astratto: le tecnologie attuali
permetterebbero già una serie di iniziative importanti. E qualcuna già pronta
c’è, soprattutto in tema di automazione della forza lavoro. Ma si potrebbe fare
molto di più se da parte delle società di telecomunicazioni ci fosse la volontà
di sviluppare una serie di servizi adatti. Qualcuno potrebbe citare l’attenuante
che il Gsm consente una velocità limitata (ed effettivamente i 9,6 Kbps teorici
nell’era dei gigabit sono un anacronismo), ma con il Gprs questa scusa non regge
più. Tuttavia, non sembra che le aziende di telecomunicazioni abbiano poi una
gran fretta di introdurre il nuovo sistema che consentirebbe di raggiungere
anche con i telefonini una velocità paragonabile a quella degli attuali
modem.


Per non parlare dell’Umts, la nuova frontiera della comunicazione wireless,
che Cuzari ha definito “non solo un supercellulare, ma un vero e proprio
processo di comunicazioni mobili di terza generazione”. Ma se con i suoi 2 Mbps
(per altro difficili da raggiungere in movimento) fino a poco tempo fa sembrava
essere la panacea di tutti i mali ora, secondo un recentissimo rapporto
McKinsey, è divenuto un possibile business mangia quattrini, che potrebbe
portare un ritorno per i carrier solo nel lontano 2017. Si capisce perché allora
perché i classici scatti-voce costituiscano ancora il fattore essenziale
all’interno del fatturato. D’altra parte non si sa ancora quali saranno i
contenuti che l’Umts consentirà di veicolare e, soprattutto, non si sa se i
consumatori saranno disposti a pagare per averli.


Insomma, sembra che, come si dice, le idee siano poche e ben confuse, fatto
questo confermato anche dall’indagine “Mobile revolution survey 2001” condotta
dalla stessa Sirmi. Però siccome al momento le applicazioni latitano, più che
indagare su ciò è che ancora non stato è fatto, l’analisi ha verificato le
percezioni degli utenti aziendali.
Come campione è stato scelto un gruppo di
quattrocento aziende con oltre venti dipendenti. Il primo dato è che tra gli
intervistati i dipendenti mobili sono solo quelli che si muovono molto e che il
personale che non passa tutto il giorno in ufficio ha a disposizione una
dotazione tecnologica sovrabbondante.


Se i tecnici mobili sono il 21%, il 70,3 di quelli presenti in azienda
possiede il cellulare e il 46,7% il pc portatile o il palmare. Va peggio con i
manager dei quali solo il 16,8% è considerato mobile. A fronte a questa esigua
schiera, l’83,7% ha il telefonino e il 59,5% un notebook o un palmare.
Nonostante ciò, la valutazione degli intervistati è che il livello di
integrazione fisso-mobile rimanga comunque basso.


La presenza di questa dotazione tecnologica non è infatti finalizzata al
mobile business manager, ma ad agenti o tecnici che come servizio su rete mobile
sognano soprattutto di avere la possibilità di inviare e ricevere fax, e-mail o
Sms. Solo in un secondo momento sono considerati l’accesso ai database e alle
applicazioni aziendali e la gestione degli ordini. Quasi ignorato il ticketing e
cioè “l’organizzazione della mobilità per i dipendenti”.


L’85% degli intervistati afferma che le reti mobili garantiranno traffico
dati, il 60,3% che basterà il cellulare per utilizzare la rete mobile con
finalità diverse dalla voce, ma solo il 15,3% sostiene che il cellulare permette
elaborazioni complesse.


La confusione è totale quando si passa a Gprs e Umts. Il 71,3% condivide
l’affermazione che la voce sarà il business principale dei carrier anche nei
prossimi anni, contemporaneamente il 77,8% è d’accordo sul fatto che l’Umts farà
crescere la trasmissione dei dati rispetto alla voce e un 25% boccia la terza
generazione dicendo che la velocità di trasmissione sarà assolutamente
insufficiente per il mondo business.


Una fetta interessante, il 29,3%, è convinta che l’Umts non servirà alla
propria azienda, il 41,3% che i servizi saranno inferiori a quanto annunciato e
il 36,3% boccia anche le reti Gprs che, ha detto Enrico Acquati, direttore delle
ricerche di Sirmi, “non serviranno mai all’azienda”. Acquati ha terminato la sua
esposizione con una laconica affermazione: “Oggi mobile business equivale a
mobile communication”.


Un ulteriore approfondimento sul mobile business si potrà avere in questi
giorni a Roma, presso le manifestazioni Omat e VoiceCom che si tengono al
Palazzo dei Congressi all’Eur.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome